Giornate della Luce

‘Spiritum’, cronaca di una lotta tra dipendenza e redenzione

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Proiezioni, masterclass, mostre e dibattiti saranno anche quest’anno al centro dell’undicesima edizione de ‘Le Giornate della Luce’, festival in programma a Spilimbergo (PN) dal 7 al 15 giugno 2025 incentrato sul mondo della fotografia cinematografica.

Spiritum: i centri di recupero visti dall’interno

Ed è proprio la fotografia uno degli elementi narrativamente più significativi di Spiritum (2024), cortometraggio di produzione messicana della durata di 23 minuti, in concorso alla manifestazione friulana nella sezione ‘Short Lights’.

Una fotografia spenta e dai toni freddi, emblema del dolore e dell’angoscia del protagonista Ramiro (Andrés Delgado), un giovane appena entrato in un centro di recupero dalle tossicodipendenze che, dopo l’iniziale spaesamento, ha modo di conoscere gli altri appartenenti alla comunità. Tra questi, l’autorevole educatore “Padrino” (Noé Hernández) e Pollo (Juan Luis Medina), tormentato ragazzo in bilico tra volontà di redenzione e incapacità di resilienza. Saranno loro due, in un modo o nell’altro, a determinare la presa di coscienza dello stesso Ramiro.

Le tracce autobiografiche alla base di Spiritum

Uso pressoché esclusivo della camera a mano, primi piani insistenti, sprazzi onirici: sono questi – oltre alla già citata fotografia curata da Maurice Pereda – gli ingredienti che concorrono all’ottima fattura di un racconto diretto dal messicano Adolfo Margulis, il quale, dopo un lungo percorso nell’ambito della moda e della pubblicità, decide di esordire nel cinema di narrazione attingendo da una propria vicenda personale – da lui vissuta a 19 anni – e imbastendo un racconto dal taglio documentaristico a cui non mancano sfumature introspettive.

Un cortometraggio sospeso tra cronaca e introspezione

Ne scaturisce un’opera di grande suggestività che, scevra da considerazioni moralistiche e toni giudicanti, si prefigge efficacemente di mostrare dall’interno il mondo dei centri di recupero, mettendo in scena, attraverso il silenzioso punto di vista del protagonista, non soltanto l’oggettività della quotidianità e delle relazioni interpersonali, ma anche la lotta interiore di chi, come Pollo e lo stesso Ramiro, è chiamato a un riscatto, a una riconciliazione con sé che può valere una vita intera.

Dunque, la vita così com’è e le emozioni che la attraversano. Il tangibile e l’intangibile. Il “fuori” e il “dentro”: dimensioni complementari per nulla semplici da comporre cinematograficamente, ma che in Spiritum trovano un punto d’equilibrio di assoluta efficacia. Ricorrendo, quanto alla prima, a immagini nervose e alla scelta come location di una vera comunità di recupero; portando nel racconto, quanto alla seconda, sia le musiche originali di Eugenio Casillas e Joshua Alos, che le parole di Pollo/Medina e “Padrino”/Hernàndez: parole scarne, dirette, ma cesellate con chirurgica esattezza, segno palpabile dell’esperienza diretta dell’oggi trentenne Margulis (qui anche autore assieme a Penelope Alfeiran della sceneggiatura) e naturale punto di confluenza, nonché trait d’union, di realtà e finzione.

Coronano il tutto le convincenti prove attoriali del trio Hernàndez, Medina, Delgado, quest’ultimo molto abile nel conferire la giusta intensità espressiva al suo dolente Ramiro.

Presentato in vari festival nazionali e internazionali, tra cui il Festival di Guadalajara 2024, il Poitiers Film Festival 2024 – dove è stato insignito del Jury’s Special Prize – e il Cinélatino 2025 di Tolosa, Spiritum è stato recentemente proiettato alla 64esima edizione della ‘Semaine de la Critique’ del Festival di Cannes 2025.

 

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