‘Sex’ (film 2024) il terzo intenso capitolo sulle relazioni di Dag Johan Haugerud
Dopo 'Love' e 'Dreams' arriva in sala il terzo capitolo sulle relazioni del regista norvegese, pronto a spiegare a parole dinamiche quotidiane, spesso relegate al silenzio
Terzo e ultimo capitolo della trilogia delle relazioni del regista norvegese Dag Johan Haugerud, Sex (film 2024), dal 15 maggio in sala con Wanted, è l’ennesimo inno all’indefinitezza dell’essere umano.
Pochi personaggi, pochi spazi e tanti dialoghi risultano il modo migliore per riflettere e scavare nella propria psiche alla ricerca del proprio autentico io. Una storia dove le parole diventano protagoniste al pari della narrazione, addirittura sovrastandola e lasciando in disparte il progredire di una storia per concentrarsi su dinamiche fin troppo concrete.
La trama di Sex (film 2024)
Due spazzacamini, entrambi impegnati in matrimoni monogami ed eterosessuali, amici e colleghi di lavoro, vivono e si raccontano esperienze inaspettate che li portano a riconsiderare il loro modo di intendere la sessualità, il genere e l’identità. Uno ha un incontro sessuale casuale con un altro uomo, senza considerarlo un’espressione di omosessualità o infedeltà, e ne discute con sua moglie, innescando una crisi di coppia. L’altro si ritrova turbato da ricorrenti sogni notturni in cui viene percepito come una donna che ha una relazione con David Bowie, ciò lo porta a interrogarsi su quanto la sua personalità sia influenzata dallo sguardo degli altri. (Fonte: Wanted)
Foto gentilmente concessa da Motlys
La recensione
Osservandolo anche alle prese con le altre due opere che, insieme a questa, compongono una trilogia, abbiamo imparato a conoscere le dinamiche sulle quali vuole far riflettere l’autore norvegese e soprattutto il modo in cui le mostra al pubblico e le elabora. Elemento indispensabile e imprescindibile è il dialogo, al quale Dag Johan Haugerud conferisce un potere quasi unico, permettendo a ogni personaggio in scena di raccontare e raccontarsi attraverso le parole piuttosto che attraverso le azioni.
L’apparente dinamicità che si può evincere dalla trama del film è solo raccontata. Il regista sceglie volontariamente di non mostrare niente (in questo senso il più esplicito dei tre è forse Love), ma di far arrivare le questioni allo spettatore tramite i racconti, con dovizia di dettagli e particolari che permettono di vivere quasi in prima persona la situazione in questione. E il piano sequenza a camera fissa iniziale, subito dopo la panoramica sulla città, è forse l’esempio migliore e più utile per comprendere appieno questo atteggiamento. Il dialogo tra i due protagonisti che si confidano tra loro rappresenta, però, soltanto il punto di partenza di una riflessione ben più grande: quella sulla sessualità e sul rapporto che essa ha nella società attuale.
Foto gentilmente concessa da Motlys
Sex: un film (2024) sulla sessualità?
Definire Sex come un film sulla sessualità o come una riflessione sul genere è limitativo, in quanto il film di Dag Johan Haugerud prende, in realtà, spunto da questo aspetto per ampliare la questione e aiutarci a riflettere su quanto questa tematica possa influenzare la vita di ognuno di noi. E se da una parte lo fa portando sulla scena due esempi particolari, dall’altra c’è anche un’ulteriore riflessione e un ulteriore livello di conoscenza. Perché i racconti e le confidenze dei due amici vanno considerati non solo in relazione alle rispettive famiglie e situazioni quotidiane, ma vanno anche contestualizzate in uno spazio, quello cittadino, che influenza continuamente il nostro essere e il nostro agire. Ed ecco che con il suo SexDag Johan Haugerud dimostra ancora una volta quanto l’essere umano è indefinito e vincolato a dei confini, anche involontari, dai quali, però, non può prescindere in alcun modo.
Foto gentilmente concessa da Motlys
Confini che spariscono, sia fisicamente che metaforicamente, all’inizio, nel momento in cui i due amici si sentono al sicuro, da soli, nonostante siano al centro della scena e alla mercé di chiunque, visti i vetri che li circondano, ma con la tranquillità di potersi confidare e fidare l’uno dell’altro. Cosa che, invece, non avviene quando sono costretti a parlare con le rispettive mogli. In quei momenti sono entrambi alle strette, sia perché non si sentono liberi di poter raccontare dettagliatamente il tutto, sia perché fisicamente ingabbiati, o in un angolo o al muro. In questo diventa protagonista la mano del regista che, come un anziano saggio, decide di intervenire e mostrare il racconto in maniera diversa, aiutando in questo modo sia i personaggi che lo spettatore.
Non solo sessualità
Non dobbiamo, però, dimenticare che accanto al macrotema proposto da Dag Johan Haugerud, che ne analizza ogni sfumatura in una trilogia densa di significati, ci sono anche altri argomenti senza i quali la sessualità rimarrebbe relegata ai margini. Dalla religione all’amicizia, passando per famiglia e lavoro. Quest’ultimo, per esempio, sfruttato per raccontare una Norvegia diversa, vista dall’alto. Curiosa la scelta di optare per due spazzacamini, ma sicuramente un modo per raccontare una realtà che, Mary Poppins a parte, non ha forse mai avuto il giusto apprezzamento e che, in questo contesto, serve al regista per dare un’ulteriore chiave di lettura, quasi super partes.
Foto gentilmente concessa da Motlys
Quale sarà la decisione finale e come reagirà la città (e, in maniera più ampia, l’umanità) ai racconti e alle conseguenze dei due protagonisti?