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‘Il volto e l’anima’ dell’uomo e del suo specchio

Il documentario che indaga su come la pittura, la fotografia e l'IA abbiano rappresentato e rappresentino il volto umano

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“Il ritratto è lo specchio di una società ed è lo specchio di un tempo, è quello che nella ritrattistica antica chiamiamo con un termine tedesco, zeitgeist, lo “spirito dei tempi“: ogni epoca ha un suo volto prototipale. Il ritratto è l’immagine che trasmettiamo a chi verrà dopo di noi, e dunque a questo ritratto affidiamo tutti i nostri valori e principi”.

Il documentario Il volto e l’anima presente su RaiPlay e andato in onda il 10 gennaio 2025 su Rai 5, pone l’attenzione sul volto e su come cambiamenti nell’arte del modo di rappresentare l’uomo sia portatore di un cambiamento della visione che l’uomo ha di se stesso. “Siamo stati creati per guardarci l’un l’altro“, scriveva Edgar Degas. Infatti riconoscere i volti delle persone che ci circondano ci permette di rafforzare il nostro senso di appartenenza a una data comunità.

Quando l’arte ritrae il volto umano

Ritratto di volto umano risalente a 15000 anni fa

Il volto umano compare nella ritrattistica solo 15.000 anni fa: di colpo ritroviamo un volto disegnato di fronte e di profilo. Forse per distinguersi dalle altre civiltà, forse perché stava iniziando a cambiare l’immagine dell’uomo in relazione al mondo che lo circonda. Non si sa bene perché di punto in bianco l’uomo sia passato dal dipingere uomini stilizzati, impronte di mani e Mammut a dipingere proprio il volto.

I Greci e i Romani ritraggono la Gnome

Eppure, bisogna aspettare i Greci nel terzo secolo a.C. per vedere un dipinto realistico del volto umano, e mettere dunque in evidenza la “gnome“, ovvero il carattere del personaggio. Spuntano, infatti, le zone d’ombra che contornano gli occhi, la fronte aggrottata, le sopracciglia alzate. In questa fase, tuttavia, il volto viene considerato ancora una parte inevitabilmente collegata al corpo – i Greci concepivano sempre l’unità formale del corpo -, mentre con i Romani si assiste a una rivoluzione in ambito artistico: il busto pone l’accento sulla parte più rappresentativa dell’animo umano.

Busto romano

Busto romano

Dopo una regressione della figura dell’uomo nel Medioevo, che si concentra maggiormente sul divino, è l’Umanesimo prima e il Rinascimento poi a ridare luce all’uomo ed è in questo periodo che Antonello da Messina, Leonardo da Vinci e Lorenzo Lotto ci regalano i capolavori della ritrattistica di tutti i tempi: Ritratto d’uomo (conservato al museo di Mandralisca, un tempo palazzo abitato da Enrico Pirajno, Barone di Mandralisca), La Gioconda (conservata al museo del Louvre a Parigi) e Ritratto dei coniugi (nel museo dell’Ermitage di San Pietroburgo).

Questi tre dipinti hanno una forte carica psicologica che viene racchiusa interamente nello sguardo e nel volto. Basti pensare allo sguardo dell’uomo a noi ignoto ritratto da Antonello da Messina, contenuto in un volto sfregiato da dei tagli (non si sa se siano stati voluti dallo stesso artista o se atti vandalici realizzati posteriormente); al sorriso enigmatico della Monna Lisa, volto entrato nell’iconografia mondiale; agli occhi dei due coniugi che, attraverso anche la loro distanza fisica, trasmettono distanza emotiva (l’artista Lorenzo Lotto era conosciuto per la sua forte tendenza al realismo, che portava spesso i protagonisti dei ritratti a non rivedervisi).

L’arte e l’emozione

L’arte è strettamente collegata all’emozione: emozione di chi viene ritratto ed emozione di chi guarda ciò che è ritratto. Se non c’è immedesimazione, un ritratto si riduce a insulso scarabocchio, seppur esteticamente straordinario, poiché svuotato di senso; ne Il trattato della pittura di Leonardo Da Vinci, si legge: “Farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell’animo; altrimenti la tua arte non sarà laudabile”. Questo è il segreto di un po’ tutte le arti, sia rappresentative (come la pittura, la scultura, la fotografia, il cinema) che sonore (come la musica). Attraverso l’arte, l’uomo che osserva (o ascolta) quell’opera d’arte trova la risposta ai suoi perché, o comunque una consolazione ai mali del mondo.

I neuroni specchio permettono l’immedesimazione

L’arte è sempre stata l’ancora di salvezza dell’uomo e, in un certo senso, un passo in avanti rispetto alla scienza. L’arte aveva difatti compreso secoli prima che il volto e gli stati d’animo fossero strettamente correlati. Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato del Dipartimento Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, asserisce che i neuroni specchio si attivino non solo durante il compimento di un’azione, ma anche dopo la visione di una determinata azione che viene copiata dal ricevente di quella immagine, e ciò vale anche per le emozioni: sono stati fatti degli esperimenti che hanno confermato il coinvolgimento della stessa area cerebrale nel momento in cui si prova disgusto (per esempio, stimolando l’olfatto con odori sgradevoli) e nel momento in cui si vede una persona provare disgusto, dunque quando non si è direttamente coinvolti nell’esperienza. “Bisogna dire che […] le emozioni vengono trasmesse anche dal corpo, però l’uomo è il volto, lo specchio dell’anima“.

Il volto nella fotografia e nell’AI

Il volto umano assume una forma diversa il 19 agosto 1839, quando il fisico François Arago presenta il “dagherrotipo”. È il primo strumento fotografico, che prende il nome dal suo creatore. L’invenzione di Daguerre dà la possibilità di fermare la luce su un supporto metallico, con tempi di esposizione però molto lunghi. Nel 1840 il tempo di esecuzione del dagherrotipo si riduce fino ad arrivare sotto il minuto.

Il culto dell’immagine

La rivoluzione della fotografia rende il ritratto, appannaggio di pochi per secoli, alla portata di tutti. È da qui che inizia il culto dell’immagine, oggi presente più che mai, nel bene e nel male. Basti pensare ai social e al modo in cui l’immagine del volto umano sul web sia influenzata dagli stereotipi e da un ideale tossico e irraggiungibile di perfezione (photoshoppata). Da qualche anno è imperversato il fenomeno del “no filter”: un volto imperfetto è più piacevole di un volto-maschera.

Anche l’IA (Intelligenza Artificiale) sta compiendo passi da gigante su quest’ultimo fronte. Sempre più similari le immagini create da un computer. I ritratti di volti più vicini alla realtà sono quelli di soggetti bianchi poiché la “razza” bianca è stata quella maggiormente processata dall’IA durante l’apprendimento di tutte le informazioni riguardanti il volto umano e le sue espressioni.

Jim Carrey in The Truman Show

Dalla pittura su una placchetta di calcare ricoperta di ocra si è passati all’immagine di un volto umano creata da un essere non umano. L’arte e la scienza si rincontrano, seppur in maniera diversa, sfumando i confini del reale e dell’irreale. C’è il rischio di arrivare a non distinguere le due dimensioni? O, forse, la domanda è un’altra: abbiamo mai davvero distinto la realtà dalla finzione? Forse abbiamo superato la linea della realtà già da un po’, già da 15000 anni fa, quando l’uomo imprimeva se stesso su un’altra superficie. Adesso, però, ne siamo più consapevoli. Siamo i nuovi Cristof: in The Truman Show, naviga per raggiungere l’orizzonte. Alla fine, incontra il Creatore, grazie al quale scopre che “non c’era niente di vero” tranne se stesso.

IL VOLTO E L'ANIMA

  • Anno: 2023
  • Durata: 55 min
  • Distribuzione: RaiPlay
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Linda Tugnoli
  • Data di uscita: 12-June-2024

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