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Avere vent’anni

“Il linguaggio cinematografico di Fernando Di Leo è saldamente ancorato a principi ben definiti. Violenza, politicizzazione e critica sociale fanno da eco alla produzione del regista pugliese che li ha da sempre utilizzati come imprescindibile mezzo di comunicazione”.

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Il linguaggio cinematografico di Fernando Di Leo è saldamente ancorato a principi ben definiti. Violenza, politicizzazione e critica sociale fanno da eco alla produzione del regista pugliese che li ha da sempre utilizzati come imprescindibile mezzo di comunicazione.

La rappresentazione di un paese, quello italiano, in continuo mutamento ed in perpetua lotta tra spirito d’avanguardia e morale conservatrice, disegna un fedele ritratto dell’Italia degli anni Settanta che Di Leo arricchisce con la sua innata forza espressiva. Da questi preamboli stilistici si articola quello che può essere considerato il progetto più coraggioso ed ambizioso di uno dei registi più controversi del panorama italiano. Avere vent’anni, scritto e sceneggiato dallo stesso Di Leo, dipinge le gesta di due ragazze il cui unico interesse è vivere la vita ostentando (in modo sfacciato) la propria libertà e l’assoluta intolleranza per le regole.

La spensieratezza e la leggerezza con cui Gloria Guida e Lilli Carati riempiono lo schermo, sopperendo a volte gli oggettivi limiti interpretativi con le doti di cui madre nature le ha dotate, viene contrapposta dalla cruda visione che Fernando Di Leo ha del nostro Paese. La violenza, che come un mostro si annida tra le pieghe di una società confusa, viene lentamente stimolata, risvegliata per infine diventare protagonista di un ingordo banchetto durante il quale le due belle ragazze, nell’apocalittico finale, vengono punite e private dell’esistenza solo per aver osato essere libere. Avere vent’anni è senza dubbio un film interessante, che attraversa nel suo iter i più disparati generi cinematografici non lesinando audaci momenti di erotismo, nel tentativo di ergersi a manifesto di un movimento, di una società, di una rivoluzione, come lo era stato Easy rider a suo tempo. Intento che, però, sfuma causa la mancanza di un’identità ben definita e dell’acerba vena critica del pubblico italiano del periodo. Il film, infatti, ritirato dalle sale subito dopo l’uscita e passato nel tritacarne della censura, rivede la luce sotto una nuova veste fatta di tagli, rimontaggi e nuovi dialoghi che oltre a renderlo più rassicurante ne stravolgono totalmente lo spirito.

La ricca edizione in doppio Dvd della Raro Video contiene sia la versione originale voluta dal regista, che quella mutilata e ripensata per la distribuzione. Interessanti extra, tra cui il documentario Vent’anni per un massacro, completano un prodotto che rende il giusto omaggio al lavoro di uno dei più autorevoli rappresentanti del nostro cinema di genere.

Simone Giongrandi

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