A cinque anni dall’inizio della pandemia, il Covid sembra continuare a tormentarci, alimentando paure, riflessioni e ricordi. In questo scenario, un genere cinematografico come quello degli zombie movie, che da sempre ha esplorato innumerevoli varianti della fine del mondo, trova oggi nuova linfa per riflettere sulle nostre paure contemporanee. Tuttavia, c’è un cambiamento profondo: non sono più tanto gli zombie a spaventarci, quanto piuttosto i meccanismi di disumanizzazione che una pandemia può innescare.
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Apocalisse Z – Un racconto di solitudine e sopravvivenza
Un esempio emblematico di questa evoluzione è Apocalisse Z – L’inizio della fine (Apocalipsis Z: El principio del fin), diretto da Carles Torrens e tratto dall’omonimo romanzo di Manel Loureiro, pubblicato nel 2008. Distribuito su Amazon Prime Video dal 31 ottobre e subito in cima alle classifiche di streaming, il film racconta la storia di Manel (Francisco Ortiz), un uomo di Vigo, in Galizia, che, dopo la tragica morte della moglie in un incidente stradale, si rifugia in un’esistenza solitaria, consumato dal dolore e dal senso di colpa.
Tuttavia, il mondo fuori continua a girare, e una nuova pandemia globale minaccia di annientare l’umanità. Manel riceve un messaggio dalla sorella Belén (Marta Poveda), che lo invita a rifugiarsi con lei alle Isole Canarie, un luogo considerato sicuro. Ma per lui sarà troppo tardi. Rimasto solo e senza cibo l’uomo si troverà costretto a intraprendere un viaggio pericoloso attraverso una Spagna ormai devastata.
Il ritorno del genere zombie: riflessioni post-pandemiche
A differenza di molti film appartenenti al filone, Apocalisse Z – L’inizio della fine si distingue per l’approccio psicologico della narrazione. Più che focalizzarsi sulla lotta per la sopravvivenza fisica, il film esplora la dimensione emotiva e interiore del protagonista, soffermandosi sui conflitti interiori e sulla complessità delle sue emozioni di fronte alla pandemia. Questo aspetto non può che riflettere l’esperienza personale del regista che, come tutti noi, ha vissuto in prima persona il trauma del lockdown e la solitudine del periodo pandemico. In questo senso, il film si inserisce in una riflessione collettiva sulle cicatrici lasciate dall’isolamento forzato e dalla solitudine che ha caratterizzato quegli anni, ben prima della paura stessa del contagio.
Non sembrano essere più gli zombie a terrorizzare i personaggi, ma la condizione di immobilità e attesa passiva che ha segnato la vita di milioni di persone durante il Covid. La paura più grande non è tanto quella di essere contaminati, quanto quella di dover rivivere l’esperienza dell’inattività, della frustrazione di un tempo sospeso che sembrava non finire mai. Il film si fa specchio di questi timori, giocando sull’effetto di immedesimazione con lo spettatore, che porta con sé il ricordo di quei giorni di incertezza.
In disequilibrio con la realtà
Sul piano narrativo, il film riesce a restituire con forza la tensione psicologica di un’epoca segnata dal panico collettivo. Le reazioni dei personaggi non si limitano alla mera lotta per la sopravvivenza, ma riflettono un conflitto ben più profondo: quello contro il dolore, il rimorso e l’incapacità di affrontare una realtà che sta crollando intorno a loro. Manel, in particolare, è costretto a confrontarsi non solo con il mondo che sta lentamente scomparendo ma anche con i rimorsi del suo passato.
Pur rimanendo un film appartenente al genere zombie, Apocalisse Z – L’inizio della fine si distingue per la sua attenzione alle dinamiche umane e alle emozioni. Il tema della resilienza emerge come chiave di lettura, non tanto in termini di resistenza fisica, ma come una resilienza emotiva, un percorso interiore di riconciliazione con il passato e di tentativo di riscatto. In questo senso, il film non si limita a interrogarsi sul destino dell’umanità di fronte a una catastrofe, ma esplora anche la capacità dell’individuo di ricominciare a vivere nonostante tutto, affrontando le proprie cicatrici e traumi.
Il film di Torrens rinnova il genere zombie mescolando il fanta-horror con un dramma psicologico. Non punta sulla pura azione, ma sulle emozioni e sulla psicologia dei suoi personaggi. È una riflessione sulla solitudine, sull’isolamento e sul difficile processo di recupero di sé in un mondo che sembra svanire.