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I migliori film di Alain Delon: Alla riscoperta di un Mito
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7 mesi agoon
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Corinne VosaCi ha lasciati a 88 anni Alain Delon (8 novembre 1935- 18 agosto 2024), il bello e dannato del cinema francese. Con il suo fascino al contempo tenebroso e solare, la dicotomia di un viso angelico tormentato e la sua malinconia penetrante è diventato un’icona della cinematografia internazionale. Ha forgiato il proprio mito sulle basi solide di un carisma e magnetismo ammaliante, lavorando con alcuni dei migliori registi e dimostrando di essere oltre che bello un eccellente attore. Tra nichilismo e ricerca di un senso, la sua straordinaria quasi irreale bellezza si accompagnava alla capacità di interpretare un disarmante malessere di vivere. Una recitazione mai eccessiva, di sottrazione e sguardi, composta e calibrata sul personaggio, spontanea e istintiva. Il suo era un modo di essere e sentire più che un metodo specifico. Esamineremo alcuni dei suoi migliori film, delle perle artistiche immortali.
Rocco e i suoi fratelli: un melodramma verghiano
La lucana Rosaria Parondi raggiunge il figlio Vincenzo a Milano portando con sé gli altri quattro figli. La donna si adopera per spronarli a trovare lavoro e uscire dalla condizione di povertà nella quale si trovano. Il suo sogno di vederli sempre uniti e felici viene però ostacolato amaramente dall’infatuazione di due di loro, Simone e Rocco (Alain Delon), per la prostituta Nadia.
Luchino Visconti firma questo dramma familiare ispirato alla questione meridionale e liberamente tratto dalla raccolta letteraria Il ponte della Ghisolfa di Giovanni Testori e da Giuseppe e i suoi fratelli di Thomas Mann. Una tragedia che si divincola tra l’impossibilità verghiana di riscattarsi e uscire dal destino imposto dal proprio ceto sociale e tutto il melodramma viscerale e inesorabile di passioni irresistibili e totalizzanti, quelle dell’amore e di una gelosia irrefrenabile che distrugge tutto. Suddiviso in capitoli intitolati con i nomi dei cinque figli e riferiti ad ognuno di essi, Rocco e i suoi fratelli ha la potenza di una tragedia greca e lo sguardo elegante e formale di un Visconti neorealista che non sacrifica però i propri ideali estetici. Toccante e di una delicatezza estrema l’interpretazione di Alain Delon.
Disponibile su Rai Play.
L’eclisse: alienazione e incomunicabilità
Vittoria (Monica Vitti) lascia il fidanzato Riccardo e poco dopo si invaghisce dell’agente di cambio Piero.
Uno dei temi ricorrenti nella filmografia di Alain Delon è stato proprio il male di vivere e l’angoscia dello stare al mondo. Pertanto viene da sé in questa selezione prendere in esame il film L’Eclisse, girato con Michelangelo Antonioni, capitolo conclusivo della trilogia dell’incomunicabilità, che segue a L’avventura e La notte. Frivolezza e attitudine alla riflessione, leggerezza e pesantezza sono specchio di un terreno comune di inquietudine esistenziale e incapacità di gestire le emozioni. Da principio la sospensione, il silenzio, la gravosità; poi la frenesia, la praticità, la celerità. Poi il desiderio si accende, consuma, ravviva. L’incapacità di comprendersi non viene però mai meno e i silenzi sono macigni pronti a precipitare e distruggere l’armonia della coppia. Il conoscersi un pericolo, l’amore qualcosa da cui guardarsi attentamente. La sequenza finale è puro cinema in tutta la sua eloquenza visiva e musicale e l’uso degli spazi di Antonioni in tutto il film evoca quel inguaribile disagio esistenziale che provano i personaggi verso una realtà incomprensibile che li sovrasta ed esiste indipendentemente da loro, tanto da continuare indisturbata anche dopo la loro eclisse. Un addio simbolico alla vita.
Alain Delon e Monica Vitti nel film L’eclisse di Michelangelo Antonioni, 1962
Il gattopardo: cambiamento e nostalgia
Con fervente preoccupazione la famiglia nobiliare dei Corbera apprende la notizia dello sbarco delle truppe garibaldine in Sicilia per rovesciare il regno borbonico e unificare l’Italia. Don Fabrizio (Burt Lancaster) medita malinconicamente sulla fine dell’aristocrazia che conosce, ma viene rassicurato dal nipote Tancredi (Alain Delon) che parteggia per il processo di unificazione e va a combattere per esso. Per far sì che tutto cambi senza che niente cambi Don Fabrizio accetterà di buon grado il matrimonio del prediletto Tancredi con Angelica (Claudia Cardinale), ricca borghese.
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
Queste le parole emblematiche pronunciate da Tancredi nella fase iniziale del film. Il Gattopardo, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, è un trionfo visivo e poetico di nostalgia e decadenza. Luchino Visconti intesse una tela curata fin nei più minimi dettagli, con minuziosa attenzione e totale appagamento estetico.
Disponibile su Rai Play.
Alain Delon nel film.Il gattopardo di Luchino Visconti, 1963
La piscina: desideri turbolenti a Saint-Tropez
L’iniziale armonia idilliaca tra gli amanti Marianne (Romy Schneider) e Jean-Paul (Alain Delon) viene bruscamente interrotta dalla visita di un loro amico comune e della ragazza che presenta come sua figlia (Jean Birkin). La bellissima piscina della villa di Saint- Tropez dove trascorrono queste vacanze ospita un morboso gioco di relazioni e gelosie che si disputa tra i quattro contendenti.
Uno sfavillio di bellezza e apparenze cela un dolore esistenziale lacerante e corrosivo. Diretto nel 1969 da Jacques Deray, con un recente remake di Luca Guasagnino, La piscina (trailer) indaga emozioni ambivalenti e desideri torbidi. Un’inquietudine esistenziale che sfocia in una rete di violenza e bramosia. Eros e alienazione. Potere sessuale e senso di fallimento. il film lavora sulle psicologie dei personaggi e sui conflitti che li animano, sulle loro motivazioni, a volte più immediate, altre più contorte. Percepibilissima l’influenza di Antonioni, tanto che il regista in un primo momento aveva scelto Monica Vitti per il ruolo di protagonista femminile, dovendo poi cambiare idea su insistenza di Alain Delon che voleva fosse presa per la parte Romy Schneider.
Disponibile sempre su Rai Play.
Romy Schneider e Alain Delon nel film La piscina
I senza nome: un cult del noir
Appena uscito di prigione il pregiudicato Corey (Alain Delon) si mette nuovamente nei guai rubando denaro a un suo ex complice e organizzando una rapina per la quale si allea con il fuggitivo Vogel (Gian Maria Volonté) e l’ex tiratore scelto della polizia Jansen (Yves Montand). A braccarli l’insistente ispettore Mattei (Bourvil).
In questo penultimo film noir di Jean-Pierre Melville domina l’attenzione per la caratterizzazione dei personaggi, tratteggiati con cura e sensibilità. Particolare risalto è dato alla gestualità, mezzo di espressione di dissidi e tormenti psicologici molto più dei dialoghi, efficaci ma concisi. Il ritmo narrativo è lento, tale da favorire l’esaltazione di dettagli e gesti, l’azione è ridotta all’essenziale e rilegata in particolare a inizio e fine film. La suspence, tagliente e ben riuscita, è costruita di paripasso con la caratterizzazione dei personaggi e con la creazione di un’atmosfera cupa funzionale a esprimere la loro complessità oltre le parole. Il duo Alain Delon – Gian Maria Volonté è memorabile e magnetico.
Disponibile su Amazon Prime Video, canale CineAutore.
Yves Montand, Gian Maria Volonté e Alain Delon ne I senza nome di Jean-Pierre Melville, 1970
La prima notte di quiete:
A Rimini fa la sua comparsa Daniele Dominici (Alain Delon), nuovo supplente che, imprigionato in una relazione spenta e tossica con la sua compagna, ben presto si scopre attratto da Vanina, una sua studentessa malinconica e introversa. Cerca di conoscerla e svelarne i segreti malgrado sia fidanzata con un compagno geloso e possessivo.
La morte è la prima notte di quiete, perché si dorme senza sogni.
(Alain Delon ne La prima notte di quiete)
La prima notte di quiete è un lento navigare in mari incogniti e disorientanti. Gli occhi qui dolci e tristi di Alain Delon errano infatti in terre desolate e aride per poi trovare il fuoco di una nuova passione, restare ammaliati dal fascino di un tormento che forse può salvarlo dalla solitudine di un semplice sopravvivere. Un film affascinante, ipnotico. Luce e buio, visibile e invisibile, detto e non detto. Uno dei film più significativi e intensi della filmografia di Delon, ma oserei dire anche del cinema in generale. Valerio Zurlini nel 1972 diresse questo capolavoro di raffinata sensibilità e potente forza emotiva dove l’attore francese offre la migliore interpretazione di tutta la sua carriera interpretando un antieroe dal fascino e la sensibilità disarmanti. Una Rimini deserta e cupa, che riflette lo stato d’animo dei personaggi. Un nichilismo intrinseco che si apre alla possibilità di un senso trascendente ed esistenziale.
Disponibile su Prime Video.
Sonia Petrovna e Alain Delon ne La prima notte di quiete