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Beatrice Fiorentino: intervista con la delegata generale SIC

Uno sguardo, insieme alla delegata generale, al programma della 39esima edizione della Settimana Internazionale della Critica

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Rilasciato il programma ufficiale della 39esima edizione della Settimana Internazionale della Critica, con a capo la delegata generale Beatrice Fiorentino. Insieme a Beatrice Fiorentino anche Enrico Azzano, Chiara Borroni, Ilaria Feole, Federico Pedroni nel comitato di selezione per scegliere i titoli, tra lunghi e corti, che andranno a comporre la sezione. Per capire meglio alcune scelte e alcuni indirizzi del programma abbiamo fatto alcune domande a Beatrice Fiorentino.

– Foto di copertina di Alice Durigatto –

La storia della SIC secondo Beatrice Fiorentino

Da sempre la SIC è un universo parallelo, ma importante allo stesso modo per la mostra del cinema di Venezia e per il cinema in generale. Ora si sta avvicinando all’importante e prestigioso traguardo dei 40 anni, una cifra tonda. Quanto pesa questo fatto? E quanto pesa il passato?

Sinceramente non ci abbiamo pensato in termini di processo di selezione perché comunque è stato super intenso. Quest’anno abbiamo avuto un numero di iscrizioni sconvolgente ed eravamo presi dall’idea di fare il programma al meglio delle nostre possibilità. In nessun modo, quindi, la questione 40 è entrata dentro al pensiero della 39esima edizione.

Anche se io, in realtà, ci sto pensando e adesso, una volta confezionata la 39esima e consegnata ai legittimi destinatari, sta camminando con le sue gambe. Dopo la presentazione ufficiale, lavoriamo al catalogo, ma entro la fine del mese ci sarà già da preparare la domanda di finanziamento per il Ministero, quindi è chiaro che si entra già in ottica di progettazione del futuro.

E quanto pesa, invece, il passato e tutto quello che c’è stato prima?

Premetto che io tendo a non essere una passatista per nessuna cosa. Cerco di guardare, soprattutto in termini di cinema, al presente e al futuro. Quindi il passato lo vivo con senso di responsabilità e con orgoglio per quello che oggi, da quattro anni, mi trovo a rappresentare perché la SIC è un’istituzione che trovo importante. Credo che il mio impegno debba essere quello di raccogliere un testimone, farmi portavoce, raccogliere quella che è la tradizione e comprendere quello che è il nostro dna di critici. Il tutto, però, sempre stando in questi anni, al passo coi tempi, senza adagiarmi e senza avere il timore di quello che è successo in passato. Anche perché noi ci troviamo a ragionare con il cinema di oggi e dobbiamo trasportarlo al futuro, a maggior ragione perché lavoriamo con opere prime. Quello che dobbiamo fare è intercettare dei segnali di novità, di talento, di prospettiva.

In più, da quando i miei predecessori hanno avviato e portato avanti l’idea e il programma della SIC, tutto il sistema cinema si è trasformato radicalmente nel tempo. Non possiamo, quindi, pensare di adottare né gli stessi criteri estetici, ma neanche gli stessi metodi di lavoro. È vero che noi siamo espressione del sindacato critici e che siamo una sezione parallela, ma è anche vero che siamo una delle sezioni parallele del secondo festival più importante al mondo. E questo comporta un modo di lavorare che non è quello della “semplice” selezione. Significa andare a cercare i film, entrare in delle conversazioni anche premature, con grande anticipo, ma l’importante è stare sempre in una conversazione che si sviluppa 365 giorni l’anno ovunque.

Il futuro della SIC e il presente indeterminato

E guardando al futuro della SIC?

Questo quarantesimo lo vedo e ci sto pensando, ma da poco perché, fino a ora, eravamo presi dal 39esimo. Guardo al 40esimo mettendomi a disposizione del sindacato come ho sempre fatto e nella speranza di poter continuare anche perché questo è l’ultimo anno del mio primo mandato. Sono quindi, come detto, a disposizione del Sindacato per proseguire il mio lavoro.

In ogni caso sto lavorando a un progetto che spero possa concretizzarsi in occasione della 40esima edizione. Ma è un progetto che spero non si fermi lì e che sia una piccola cosa che guarda al futuro del cinema e ai giovani talenti. Per adesso è solo una bozza in attesa di due elementi: chiudere la 39esima e trovare delle risorse.

Queste risposte mi hanno fatto pensare alla locandina ufficiale della SIC. Secondo me racchiude questo concetto che hai espresso e questo legame tra passato, presente e soprattutto futuro. Addirittura tu parli di presente indeterminato. Quindi i film che sono stati selezionati sono stati scelti in quest’ottica? Questa può essere una chiave di lettura per i film?

In realtà è il contrario. Noi di solito definiamo la rotta in base a quello che ci dicono i film. I film li scegliamo perché sono belli, potenti, promettenti e ci sembrano delle rotte interessanti da indicare per i prossimi anni. A me, però, piace che i film dialoghino tra loro anche nelle loro profondissime diversità. Non è più, infatti, un’idea di selezione quanto più un’idea di programmazione.

Questo è il quarto anno che io lavoro insieme a Mauro Uzzeo, a Emiliano Mammuccari, a Fabrizio Verrocchi nel processo di genesi dell’immagine ufficiale della SIC. Per loro è una grande sfida perché io voglio che sia legata all’idea che viene fuori dalla selezione che è anche un’idea di mondo.

Il processo avviene così: dopo Cannes comincio a chiamare Mauro e gli riferisco le prime suggestioni che stanno avvenendo fuori. Il tutto quando abbiamo cominciato a vedere un numero consistente di film. Poi loro cominciano a ragionare e cominciamo a sentirci anche le settimane successive. Via via che viene delineato il programma c’è un continuo scambio di messaggi per arrivare all’artwork al cardiopalma. Loro tre sono i miei eroi anche perché alla fine ce la fanno sempre e riescono, in tempi strettissimi (perché sono grandi artisti), a sintetizzare un’idea in un’immagine artistica. Fanno arte visiva, generano un’immagine.

Poi a me piace considerare l’immagine ufficiale della SIC come parte del programma. Anche perché noi lavoriamo con le immagini e il nostro lavoro è costruire relazioni, significati e pensieri attraverso le immagini, quindi io devo scegliere un’immagine che ci rappresenti. Ed è tutto generato a partire dai film.

beatrice fiorentino

Foto gentilmente concessa da ufficio stampa

Quest’anno in particolare ci siamo sentiti, nella prima telefonata, per parlare di questo senso di inquietudine del presente e dell’indeterminatezza che ci sta inglobando. Insieme a questo alcuni riferimenti, anche metaforici, dei film in concorso (dalla tempesta all’orizzonte nel film americano, al disturbo analogico). In particolare, nella locandina, questo glitch contribuisce a scontornare la figura umana che si confonde col cielo, che è anche l’elemento di transizione nel video di presentazione della SIC e fa parte dell’estetica del corto di apertura. Poi c’è l’idea del tornado, quindi è come se cercassimo di costruire un’idea organica e di comunicarla attraverso le immagini.

Non c’è un’idea precostituita. Cerchiamo di dare varietà al programma che però è sempre specchio del presente.

Beatrice Fiorentino: grande varietà nella programmazione

Infatti la cosa che colpisce della selezione, o meglio della programmazione, della SIC, non solo di quest’anno, ma anche degli anni passati, è la varietà. Si tratta di qualcosa che cerca di inglobare tutto e tutti, sia dal punto di vista geografico che dal punto di vista delle tematiche e anche dei generi. Scorrendo un po’ i titoli di questa edizione, infatti, ci sono romcom, drammi, storie che parlano di magia, di futuro. Insomma davvero un insieme variegato.

Sì, è un lavoro che avviene per tappe e per tappe in cui noi lo costruiamo passo per passo, un film alla volta, ragionando su quello che stiamo dicendo e mettendo insieme. Un conto è prendere 7 film perché ti piacciono e un conto è ragionare su quello che stai producendo mettendoli insieme. In questo senso penso a un’idea di programma più che di selezione. La selezione è un processo che ti porta a costruire il programma. Ma la selezione non è il punto di arrivo.

Poi c’è un’attenzione a chiunque. C’è anche il cinema nuovo che vogliamo rappresentare (Vietnam, Egitto…) con proposte diverse dal canone, ma che sono comunque convincenti. Deve esserci una rappresentazione di tutto lo spettro possibile. Una rappresentazione globale, ma non globalizzata.

E in questo mi viene da pensare che se, da una parte, può essere semplice perché ci sono solo pochi film in concorso, dall’altra, dev’essere un lavoro più complesso dover programmare un numero ridotto di titoli.

Però forse è anche più evidente, nel nostro caso, quello che cerchiamo di fare. Quando hai una sezione di 20 titoli hai più possibilità di dare ulteriori sfumature e varietà, però con 7+2 (perché noi consideriamo parte integrante della programmazione anche i film d’apertura e di chiusura che, per certi versi, sono più vicini al pubblico) è più facile. Noi trattiamo tutti e 9 i film con lo stesso peso e alla stessa maniera.

Il programma

Entrando nel merito del programma c’è qualcosa che puoi dire, senza anticipare troppo? Magari qualcosa in merito al film italiano in concorso.

Ti posso dire parole di sincero e caloroso entusiasmo sul film che abbiamo scelto Anywhere anytime di Milad Tangshir. Lui è nato a Teheran, ma vive a Torino da moltissimi anni. Si è formato qui, ha studiato cinema all’Università di Torino, lavora qui ed è integrato a tutti gli effetti. Infatti noi diciamo che questo è il nostro film italiano, ma con un valore aggiunto. Perché credo che il suo sguardo abbia qualcosa in più rispetto al nostro dal momento che riesce a essere più neutrale (in termini positivi) nell’osservazione.

Utilizzo i riferimenti a Ladri di biciclette perché sono espliciti, ma non è l’aspetto narrativo che sta alla base della ripresa del canone neorealista. Bensì l’aver compreso la lezione zavattiniana ed essere riusciti a comprenderla e tradurla in una lingua del presente che sta tra la lezione neorealista di De Sica e il cinema più recente di Garrone, quindi tra Ladri di biciclette e Io capitano. Da una parte è una specie di remake di Ladri di biciclette, ma è anche un sequel di Io capitano perché ci mostra quello che i ragazzi senegalesi che arrivano dall’Africa, affrontando un viaggio drammatico pieno di speranze e di sogni per il futuro, devono affrontare il giorno dopo. Questa cosa è possibile per la sincerità e la verità del film e per l’aver saputo comprendere che quella disperazione, che era appartenuta ai nostri nonni nell’Italia del dopoguerra, e che porta a snaturarti e a porti di fronte al dilemma morale con la necessità di andare contro anche la tua stessa natura per sopravvivere, oggi la puoi trovare solo tra chi vive in condizioni molto più disperate della nostra nell’Italia globalizzata, del benessere. Parliamo di un cinema che ha saputo mettere insieme la profondità e la verità della lezione neorealista e tradurla nel linguaggio del presente.

Poi ci tengo a sottolineare che il film uscirà nelle sale l’11 settembre distribuito da Fandango.

La storia è ambientata a Torino, ma potrebbe essere ambientata ovunque. C’è poi anche questa capacità di fotografare la città staccandosi dagli occhi dell’ammiratore della città d’arte, della bellezza, ma con la concretezza della strada, la quotidianità più vera delle persone meno privilegiate che sono parallele a noi. E poi anche il titolo è sintomatico di quello che siamo noi oggi.

I corti raccontati da Beatrice Fiorentino

Rimanendo sui film italiani non posso non chiederti qualcosa sui corti.

Questo è il nono anno della SIC@SIC che portiamo avanti con Cinecittà. Quindi anche qui stiamo per tagliare un bel traguardo: 10 anni. Si tratta di una sezione che è sempre più elettrizzante e non abbiamo nemmeno dovuto aspettare di compiere 10 anni per vederla affermata come osservatorio dei talenti del cinema italiano del futuro. Moltissimi dei filmmaker che sono passati da noi con i loro primi lavori nei corti hanno già debuttato nel lungo. Giovani che arrivano come ragazzi pieni di sogni che poi decollano.

Non abbiamo dei ritorni quest’anno, abbiamo pensato che fosse l’occasione di non ribadire delle cose, ma andare alla scoperta di novità.

Devo dire, però, che anche quest’anno la selezione non è del tutto avulsa dal sentire, dal mood, dalla sensazione che trasmette anche il programma dei lunghi e, quindi, anche questi dialogano con i film, attraverso i film.

Solo per restare su apertura e chiusura, ma in realtà anche guardando il quadro generale, ci sono tante periferie geografiche, ma anche mentali, ci sono tanti giovani e giovanissimi che stanno cercando il loro posto nel mondo e sono alle prese con delle solitudini interiori perché circondati da una folla di persone.

Abbiamo, per esempio, Donato Sansone, un maestro dell’animazione, con attività artistica e creativa che lo ha portato a girare tutto il mondo. Il suo Dark Globe dura solo 3 minuti, ma sono potentissimi e ha un messaggio ecologista e pacifista molto chiaro e diretto, ma anche suggestivo, potente ironico. Ci porta nel cuore della questione che è il tema portante della giornata zero, la giornata d’apertura insieme a Planet B di Aude Léa Rapin con Adèle Exarchopoulos.

Insieme a Donato Sansone e a Planet B, c’è un altro corto The Eggregores’s Theory di Andrea Gatopoulos che ci accompagna in un futuro distopico governato da algoritmi e censure. Un film nato da immagini generate da AI che, per chi lavora con le immagini, apre a una nuova frontiera problematica. Speriamo si generi un dibattito sulla questione. Noi lo abbiamo preso perché è artisticamente convincente, problematizza la questione ed è veramente un’opera che ha la sua dignità artistica. Non possiamo avere paura di ciò che sarà il nostro immediato futuro, anzi prima impariamo a conoscere quello che ci aspetta e a considerare tutte le conseguenze e prima comprendiamo che sono tutte cose che non sono più procrastinabili.

In chiusura abbiamo Matteo Tortone, già presente alla SIC nel 2021, che torna con Domenica sera, un corto ambientato Torino in periferia, dove c’è solitudine e una Torino sotterranea, quella delle cantine dove si ritrovano i ragazzi per sfidarsi nelle battle rap. Tanti ragazzi sono giovanissimi, ma vivono questi tempi con tutte le difficoltà che comporta avere 20 anni oggi e non sapere dove andare.

Una differenza quest’anno, rispetto al concorso di Venezia, è che abbiamo anche noi una diva in apertura. Però la SIC è elettrizzante anche perché senza avere il nome affermato c’è un’urgenza e una forza di pensiero, di moto di esprimersi, di proposta che veramente si porta dietro una forza incredibile. Sono sempre rigenerata dai film che passano alla Sic.

Le aspettative di Beatrice Fiorentino

Per concludere, quali sono le aspettative di Beatrice Fiorentino?

Ci sono alcune cose che mi sono piaciute in questi anni: vedere di anno in anno cambiare il pubblico della sala Perla, il fatto che sempre più giovani seguono con attenzione la programmazione della SIC, vedere come anche i festival internazionali seguano con attenzione la programmazione della SIC per poi aprire un percorso festivaliero ai film che passano da noi.

Mi aspetto che questa cosa ormai entri a sistema e che, un po’anche per il tam tam che si genera di anno in anno, questa voglia di scoprire un cinema sempre più giovane porti ad avere sempre più curiosità, apertura, più pubblico giovane che ci segue con affetto e che ci si possa riconoscere.

Tutti siamo stati giovani cinefili e siamo stati a Venezia e abbiamo avuto le nostre folgorazioni, le nostre epifanie e ci siamo innamorati di qualcosa o qualcuno che all’epoca non era nessuno. Mi piacerebbe che succedesse questo, che qualcuno passando alla SIC e vedendo questi film dicesse “voglio fare anche io film così”. Sarebbe bello se si creassero nuove energie e nuova vitalità. Dobbiamo scrollarci da questo presente indeterminato e rispondere con delle proposte.

Spero che i giovani siano più liberi e irrequieti e che la freschezza dei loro 20 anni li porti a essere più pazzi. E spero che i film viaggino molto e incontrino pubblico anche perché sono film molto accessibili. Sono profondi e belli, ma sono film che si rivolgono a tutti, quindi mi aspetto che chiunque li possa ricevere e amare come li amiamo noi.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli