‘I ragazzi stanno bene’: una storia che sviscera il significato di famiglia
Un notevole racconto famigliare con cinque personaggi accattivanti le cui lotte e debolezze sono sia genuine che toccanti. Nel cast anche Julianne Moore e Annette Bening
I ragazzi stanno bene (The Kids Are All Right) è una commedia drammatica di grande spessore. Al centro ci sono due figli adolescenti, cresciuti con una coppia di donne alla ricerca del padre biologico.
La pellicola del 2010, disponibile su Amazon Prime Video, vede cinque protagonisti di ottimo livello. Le due star principali costituiscono la coppia formata da Annette Bening e Julianne Moore. Brillano anche Mark Ruffalo, con una performance insolita, e i due giovani fratelli Mia Wasikowska e Josh Hutcherson.
Con il suo quarto lungometraggio, Lisa Cholodenko cerca di portare sullo schermo una storia con spunti autobiografici. Riuscendo a proporre un’interpetazione in chiave moderna del concetto di famiglia, il film ha avuto un’ampia risonanza. Presentato al Sundance Film Festival del 2010, la storia ha vinto il Teddy Award alla 60° Berlinale. In seguito ha conquistato due Golden Globes 2011 per miglior commedia e per migliore attrice (Annette Bening). È stata anche candidata a quattro premi Oscar 2011 (film, sceneggiatura originale, attrice protagonista per Bening, attore non protagonista per Ruffalo).
I ragazzi stanno bene: la trama
In un sobborgo di Los Angeles, Nic (Annette Bening) e Jules (Julianne Moore) Allgood, dopo essersi incontrate al college, vivono insieme da vent’anni. La prima ha studiato medicina e ora lavora in ospedale. È una donna pragmatica e responsabile, ma ha problemi di alcolismo. La seconda è garbata ma instabile e sta per diventare progettista di giardini. Entrambe amano profondamente i loro figli, avuti con l’inseminazione artificiale. La diciottenne di Nic, Joni (Mia Wasikowska), e il quattordicenne di Jules, Laser (Josh Hutcherson). Questi ultimi sono felici della loro famiglia ma, come chiunque durante l’adolescenza, hanno moti di ribellione. La ragazza sta per lasciare il nido domestico per andare all’università. Il giovane si mette alla ricerca del padre biologico. Questo si rivela essere Paul (Mark Ruffalo), un dongiovanni, proprietario di un ristorante. Quando le due madri si vedranno “costrette” ad introdurlo nella loro vita le cose cominceranno a complicarsi per tutti.
I ragazzi stanno bene: un’introduzione
Negli anni ’30 Samuel Goldwyn adatta, con modifiche obbligate, il successo di Broadway di Lillian Hellman, The Children’s Hour. L’autrice ha aggirato il codice Hays, trasformando la centrale relazione lesbica in un triangolo eterosessuale. Tale censura non esiste più dal 1966 e le relazioni omosessuali non sono più rappresentate con circospezione. Nel mondo occidentale i festival cinematografici LGBTQ+ sono eventi regolari. E nella realtà indipendente è sorto il New Queer Cinema. I ragazzi stanno bene si inserisce in questa ondata. Cholodenko porta sullo schermo un film fresco e toccante realizzato con quattro milioni di dollari. Al centro c’è una relazione tra due donne che hanno avuto entrambi i figli con l’inseminazione artificiale. La storia è autobiografica. La cineasta è omosessuale e ha avuto un bambino con la stessa metodologia, e il co-sceneggiatore, Stuart Blumberg, è stato un donatore di sperma. Ciò li ha condotti a scrivere una storia solida.
Un solido impianto di regia e scrittura
Il lungometraggio è un saggio sensato e commovente sull’affetto reciproco; ma anche su responsabilità, crescita, invecchiamento e accettazione del tempo che passa. La filmmaker americana si era già fatta notare positivamente per High Art (1998) e Laurel Canyon (2002) e ha fatto lo stesso con I ragazzi stanno bene, forte di un cast e di una sceneggiatura di alto profilo. Grazie ad un umorismo semplice e riflessivo sulle stranezze e le debolezze dei personaggi, il film genera risate spontanee. La vicenda sembra ambientata all’interno delle dinamiche di una famiglia tradizionale. Questo avviene perché la pellicola non evita la circostanza o i dettagli del matrimonio dello stesso sesso. Non è infatti il perno a cui tutto ruota attorno, ma uno degli ingranaggi della storia. Tra fiducia e sensi di colpa, a capeggiare sono le complicanze dei rapporti: tra i genitori, tra questi e i figli e tra le imprevedibilità della vita.
La forza della storia è nelle prove attoriali
Il potere emotivo di I ragazzi stanno bene viene dalla recitazione, dalle cinque prestazioni eccezionali.Bening è la più seria tra le partner: responsabile, orientata alla carriera, perfezionista. Moore è un’anima più gentile, una donna che non si è mai stabilita in una precisa professione. Insieme fanno una buona coppia, nonostante le tensioni coniugali. I ruoli dei ragazzi sono altrettanto ben sceneggiati e interpretati. Wasikowska veste i panni di una tenera ragazzina in procinto di andare al college e con le incertezze dei suoi anni. Hutcherson mostra un enorme affiatamento nel rapporto con la sorella. Ruffalo è un Peter Pan affascinante e dall’apparenza inaffidabile, ma sorprendentemente in grado di prendersi le responsabilità richieste. La sua presenza improvvisa colpisce individualmente ogni protagonista, provocando una varietà di risposte, non tutte sane. Paul è un uomo complesso, ma è anche affabile e premuroso. Senza intenzione, diventa il cuneo umano e vulnerabile tra le due donne.
Che cos’è la famiglia?
La pellicola riunisce due ingredienti cardine nella trama famigliare. Il primo è la relazione omosessuale, indistinguibile da un matrimonio ordinario. Il secondo è la scoperta del vero padre di Joni e Laser. E il cinema odierno si è già occupato di quest’ultimo argomento. La ricerca della reale figura paterna sullo schermo è avvincente e rielabora in chiave attuale un tema noto dai tempi di Edipo. Made in America di Richard Benjamin (1993) con Woopy Goldberg o Delivery Man di Ken Scott (2013) con Vince Vaughn ne sono due esempi calzanti.
Da Pasolini ad Almodovar, tanti nella settima arte hanno sviscerato ogni possibilità su cosa sia realmente una famiglia. E Cholodenko innesta il suo film proprio su questo enigma. L’espediente è servito dal fatto che il personaggio di Wasikowska, approcciandosi al mondo esterno, si chiede se altrove le persone vivano com’è abituata lei. L’altro escamotage è la comparsa del papà biologico. Questi elementi capovolgono le certezze di casa Allgood. Non è un caso che il personaggio di Bening, che ha passato anni a distillare disciplina e cautela nei figli, si senta minacciato da Paul. Il rimescolamento dei ruoli famigliari è una scelta fatta di proposito dalla regista. Difatti la sua speranza è che la società odierna possa accettare legami di ogni tipo. E la naturalezza dei rapporti dei suoi personaggi ne sono la chiara risposta, anche politica.
Un film sulla ricerca della libertà
Le interazioni di Paul con i ragazzini sono entrambe inizialmente curiose, ma presto prendono vie differenti. Laser vede l’uomo come una sorta di minaccia, poiché agisce fuori dagli schemi. Invece Joni lo percepisce come una figura paterna, dato che è ciò di cui ha necessità in quel momento. Sta per aprire le ali e andare all’università ed è desiderosa di emanciparsi dai limiti e dalle regole imposte dalle mamme. L’uomo guida una moto pericolosa, possiede un’attività ed è un esempio di vita divertente, slegata da regole e più adulta. Anche per Jules il personaggio di Ruffalo rappresenta un affrancamento che le manca dopo anni vissuti da madre e casalinga. Il rapporto che si crea con quest’ultimo riguarda la fuga da una relazione stantia e la corsa verso qualcosa di proibito.
Lo stesso Paul nelle sue intenzioni non è parassita o nocivo, si rende conto di volere un nido ed è lieto di essere invitato a farne parte. Non è consapevole del danno che ha fatto la sua incursione. Il suo essere libero è avere finalmente un senso di appartenenza. Il film, difatti, rappresenta tutte le facce possibili di questo concetto: la libertà come indipendenza, come respiro da una vita noiosa e come forma di inclusione.
Conclusioni finali
Il lungometraggio va vissuto, visto anche il racconto semiautobiografico di Cholodenko, come una piacevole tempesta di domande che chiunque arriva a porsi. La narrazione mostra come l’imprevedibilità di eventi caustici costringa un gruppo parietale a rimuovere le sue maschere stratificate di tradizione e rituali. Quindi il cambiamento che coinvolge i protagonisti scardina ogni facciata di normalità, creata fino a quel momento.
A I ragazzi stanno bene va dato il plauso di essere stato uno dei primi film mainstream a mostrare una coppia dello stesso sesso in una relazione lunga. Con anche la peculiarità di figli già grandi cresciuti dentro la famiglia. La storia omosessuale è una base assolutamente normale, i ragazzini sono amati e non hanno alcun problema. Non è la causa di nessuna delle oscillazioni emotive dei personaggi. Le due donne sperimentano i tipici flussi e riflussi di una storia sentimentale. I ragazzi stanno bene, davvero. Il focus è quindi, piuttosto, sulla natura mutevole dei nuclei domestici. È un viaggio profondo presentato con umorismo, con il sole californiano e una colonna sonora acustica come sfondo. È un’esplorazione di quanto i legami i e le emozioni siano complicati. E di come questi sentimenti siano universali, indipendentemente dal background parentale di ognuno di noi.