E’ ambientato a Portoscuso, Horkos, per la regia di Marta Anatra. In quella piccola località della Sardegna sud-occidentale, gli abitanti avevano sempre vissuto, anche se in povertà, di pesca e dei prodotti della loro terra.
Horkos — Bellaria Film Festival
Tra gli anni Sessanta e Settanta nacque il polo industriale di Portovesme, che diede lavoro agli abitanti del posto e agli agricoltori ai quali lo Stato aveva confiscato le terre.
Portoscuso si popolò, il livello economico pro-capite dei cittadini del luogo crebbe. Non importa poi, se i fanghi rossi della fabbrica avevano inquinato tutto il territorio. C’era chi, con stoica rassegnazione, ricorda:
“Quando ci regalavano il vino, lo buttavamo. Era pieno di piombo.”
Dopo aver distrutto pesca a agricoltura, ecco la beffa. Nel 2009 la fabbrica, che produceva alluminio, è dismessa e gli operai messi a cassa integrazione.
Da allora un presidio permanente di lavoratori si batte, nel silenzio assordante delle istituzioni, per capire quale possa essere il loro futuro.
Horkos, un doc che narra come un polo industriale abbia distrutto pesca e agricoltura
Intanto, con il passare degli anni, gli operai più anziani sono andati in pensione e quelli rimasti, attendono, invano, di sapere se e quando la fabbrica sarà riconvertita.
La regista lascia che Fabrizio (Fabrizio Frisan), ritorni sui luoghi della sua infanzia e funga da file rouge per legare le storie di chi ricorda quando la fabbrica era ancora in funzione.
Horkos, arricchito con filmati di repertorio, non cede alla nostalgia e mostra, invece, la fierezza e la dignità di chi ancora oggi, a distanza di anni, attende una risposta dallo Stato.
Il titolo del doc rimanda alla parola greca “ὅρκος”, (giuramento), e nella mitologia ellenica indica il Dio o il demone che personifica la maledizione inflitta a colui che giura il falso.
Simbolo della resistenza degli operai della fabbrica di Portoscuso, l’orchidea che, nonostante la terra sia stata violentata e contaminata, continua a fiorire in mezzo ai veleni.
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