Creature – Yaratilan, scritta e diretta da Çagan Irmak, nuova serie turca composta da otto episodi è nella Top Ten di Netflix.
Creature è una serie a tratti esoterica. La vita e la morte vengono avvolte dal mistero e il miraggio della resurrezione diventa un pericoloso inganno.
Creature – Yaratilan : la trama
Istanbul, XIX secolo. Ziya, cresciuto con una grande sete di conoscenza, ispirato dal padre medico, desidera ampliare la conoscenza dell’umanità sul corpo e su come salvarlo da lesioni e malattie. Tuttavia, dopo la morte prematura della madre a causa di un’epidemia di colera, Ziya si concentra su come trovare un modo per prevenire la morte. La sua voglia di conoscenza lo mette sulla strada di un professore emarginato di nome Ishan, dotato della conoscenza che Ziya cerca da tempo.
Un viaggio nel mondo degli inferi
“Perché hanno tutti paura dei demoni? Gli uomini non temono la morte perché ne conoscono l’esistenza. A terrorizzarli è la possibilità che un giorno i demoni inizino a parlare, rivelando loro che non c’è assolutamente nulla dopo la vita”.
La possibilità di annullare la morte è il desiderio che accompagna da sempre l’esistenza dell’uomo. D’altronde, la vita non sarebbe tale senza la morte. Nonostante ciò, in ogni tempo e in ogni luogo l’individuo ha sempre cercato il modo di eliminarla.
Una chimera che forse un giorno sarà possibile attraverso la scienza. Ma quale sarà il prezzo da pagare?
È a questa domanda che Creatureprova a dare una risposta. La serie, interpretata da Taner Ölmez (Kadin), Erkan Kolçak Köstendil (Sibel) e Sifanur Gul (Il sarto), è un viaggio nel mondo negli inferi, per poi tornare indietro e fare luce nelle tenebre.
Dalla morte nasce la vita
In natura, quasi sempre, dalla morte rinasce la vita. Ciò, purtroppo, non vale per l’essere umano, che una volta giunto alla sua fine mai farà ritorno. Un processo irreversibile: dalla morte non si può tornare indietro.
Ziya, il giovane medico protagonista della serie, vuole tramutare questa legge universale. La sua è un’ossessione che lo porterà a varcare i confini tra la vita e la morte.
Dopo un incipit ambientato durante un’epidemia di colera, che inevitabilmente ci riporta alla mente momenti drammatici da poco trascorsi in tutto il mondo, Creature si tuffa nella sua vicenda con un lungo e avvincente flashback.
L’ossessione di far risorgere ciò che non c’è più viene posto immediatamente in primo piano. È sempre il giovane protagonista che, osservando un verme intento a mangiare una mela marcia, arriva alla conclusione che dalla morte nasce la vita. Ma perché ciò non vale per l’uomo?
Tutto va alla ricerca di una risposta a questa domanda. Ziya bambino si diverte con una lanterna magica e sembra ridare luce a ciò che non luce non ha più. Ma il giovane protagonista diviene adulto e il gioco si fa serio e pericoloso.
L’Islam in Creature
Il mutare la morte in vita diventa un seducente pretesto per un’indagine nel mondo dell’islam. Argomento questo che riveste un ruolo principale in Creature. Un tema di stringente attualità che nelle mani di Çagan Irmak (Mio padre e mio figlio) si ritrova a indossare una veste insolita.
Si è ormai abituati a una rappresentazione dell’Islam come una specie di monolito: una religione spesso chiusa ad ogni tipo d’innovazione e ancorata al passato. In Creature questa connotazione in negativo c’è, ma è controbilanciata e a volte contrastata da un’interpretazione del Corano più liberale e senza dubbio al passo con le scoperte scientifiche.
La vicenda è ambientata in una Turchia del passato. I fatti raccontati risalgono al XIX secolo, un periodo di grande scoperte tecnico scientifiche e i mussulmani più anziani appaiono scandalizzati da questa modernità che avanza.
Non è così per Ziya, il cui nome significa luce. Il giovane aspirante medico vuole appunto far luce intorno alla scienza e sulla vita in generale. Motivo questo che lo renderà poco gradito ai professori della sua scuola, ancorati a vecchi metodi.
La colpa dell’innovazione
“Dio ha creato una cura per ogni malattia. Questa cura va ricercata in ogni modo”.
In Creature, tuttavia, c’è anche chi ormai è disilluso e non cerca più un punto d’incontro tra religione, etica, morale e scienza. È il caso di Ihsan, il professore di medicina buttato fuori dalla scuola di Istanbul, perché avendo studiato a Parigi utilizzava dei metodi troppo innovativi.
Ihsan, interpretato da Erkan Kolcak Kostendil (Familya) è ormai escluso da tutto e passa le giornate rinchiuso in casa a bere vino, unica possibilità che gli rimane per non ascoltare le voci interiori che lo tormentano. Nella solitudine, però, il medico rinnegato ha costruito una macchina infernale che ridà la vita a chi l’ha perduta.
Un’invenzione straordinaria e diabolica allo stesso tempo, che attirerà l’interesse del giovane Ziya creando tra i due dinamiche già narrate in Frankestein, il romanzo gotico scritto da Mary Shelley.
Zombi e demoni
Ihsan sarà vittima della sua stessa invenzione, diventando una creatura ibrida. Un essere a metà strada tra uno zombie e un demone. La sua emarginazione arriverà all’estremo, prima di essere accolto tra altri emarginati come lui in un teatro ambulante.
Creature ha un’atmosfera lugubre, confermata da una fotografia spesso livida. La luce del sole riflette su un deserto di neve, dove regna la morte. Per i protagonisti della vicenda, però, c’è la salvezza e questa è rappresenta dall’amore. L’amore per una vita scoperta troppo tardi e l’amore per le donne amate, dimenticate e poi ritrovate.
La serie offre alcuni spunti davvero interessanti, soprattutto perché proviene da una realtà non tipicamente occidentale. Il suo sguardo sul mondo rappresenta una visione nuova, ma purtroppo la narrazione risulta un tantino macchinosa.
Il lungo flashback che fa da cornice sembra incagliarsi e i passaggi da un punto di vista all’altro se danno una visione d’insieme completa, risultano, però, anche incoerenti.
Si ha inoltre una certa difficoltà nell’individuare il genere dominante del racconto. Creature sembra dirigersi verso la narrazione horror dal sapore gotico, ma in realtà è una serie che conserva ancora delle dinamiche melodrammatiche.
È un esempio di serialità che cerca di guardare al futuro, ma allo stesso tempo si rifà al passato. Ciò crea un senso di strabismo che in parte depotenzia il fascino di una buona serie.