MUBI mette a disposizione il curioso film La donna di Benjamin, prodotto nel 1991, con la regia di quel Carlos Carrera che assumerà la sua più grande popolarità nel 2004 con il film Il crimine di Padre Amaro, candidato all’Oscar come miglior film straniero e con protagonista uno dei nomi messicani più affermati nello star system hollywoodiano: Gael Garcia Bernal.
La donna di Benjamin si rivela una commedia che riflette, con stile semi-serio, sulla condizione della donna in un Messico ancorato a mentalità retrograde, di un passato che considerava la donna come puro oggetto di desiderio, o ancor peggio, strumento votato all’obbedienza e dedito a procurare piaceri e sollievo al capo famiglia.
Il mite Benjamin e la prorompente e ribelle Natividad
In un paesino sperduto, chiuso nella mentalità sorpassata dei suoi abitanti, il pingue e indolente cinquantenne Benjamin vive la quotidianità nell’ozio, che baratta con un atteggiamento servile nei confronti della dinamica sorella zitella. Anche lei intorno ai cinquant’anni, manda avanti da sola l’unico negozio di alimentari del borgo.
Il giorno in cui l’uomo incontra per caso la bella adolescente Natividad, se ne innamora a prima vista e per questo tenta con vari stratagemmi di fare colpo sulla fanciulla. Purtroppo per lui inutilmente.
Tanto più che lei, consapevole di essere bella, ha intenzione di liberarsi dal giogo di una madre che la opprime e vorrebbe darla in sposa a qualche benestante locale, e non disdegna le avances nemmeno troppo velate dell’aitante giovane camionista che viene a rifornire periodicamente la bottega della sorella di Benjamin.
Su consiglio degli amici compaesani, maliziosi e burloni, l’indolente protagonista si convince che l’unico modo per far parte della vita della giovane, consiste nel rapirla e rinchiuderla in casa.
La circostanza alla fine si verifica, e pure la sorella di Benjamin si ritrova d’accordo con quella stravagante soluzione, pur di scrollarsi di dosso definitivamente il fardello nullafacente, e potersi dedicare finalmente all’amore, tutt’altro che platonico, per il sofisticato prete del villaggio.
La donna di Benjamin – la recensione
La donna di Benjamin è strutturato come una sorta di barzelletta scanzonata, che tuttavia funziona come veicolo lucido e preciso per mettere in evidenza diverse caratteristiche di un Messico confinato in un periodo senza tempo.
Innanzi tutto, la frustrazione di una ragazza vincolata a ideologie e convenzioni fuori dal tempo, ma anche quella di un uomo completamente alla deriva, e succube degli eventi.
Da una parte la bellissima e ancora acerba Natividad, tenuta sotto chiave da una madre vedova che trova nella bella figlia l’unica possibilità per assicurare a entrambe un futuro con un matrimonio di convenienza.
Dall’altra il bolso Benjamin, nell’indolenza come risposta all’azione di costante tiranneggiamento della infervorata e tenace sorella.
In un Messico succube di un condizionamento totale alle tradizioni, al punto da perdere ogni riferimento con la modernità che contestualizza i tempi in cui si svolge la vicenda, le donne sono un vero e proprio oggetto del desiderio, considerate come pacchi dono per garantirsi un futuro in sicurezza.
Ma alcune tra loro si rivelano anche il motore portante di una economia debole e primitiva.
Una organizzazione che si basa sulla intraprendenza che manca ai maschi, e che per questo viene raccolta dalle femmine che, superata anagraficamente la problematica dell’accasamento, possono dedicarsi a tenere in piedi quel che resta della loro famiglia.
Il film di Carrera racconta tutto ciò in modo esemplare, e stupisce anche tecnicamente con riprese ad effetto e primi piani congegnati molto bene.
Specialmente quelli che si avvalgono della bellezza folgorante della giovane attrice chiamata ad interpretare la bella ed inquieta Natividad, ovvero Arcelia Ramirez, attrice assai nota in patria.