
Anno: 2011
Durata: 55’
Genere: Documentario
Produzione: Chiara Cavallo
Regia: Patrizia Santangeli
Chi frequenta il litorale di Sabaudia e dintorni avrà senz’altro visto, in qualsiasi stagione, file di indiani con turbanti dai vivaci colori che si spostano in bicicletta lungo le strade principali: appartengono alla comunità Sikh che, nel corso degli ultimi trent’anni, si è andata stabilendo ed espandendo nella zona dell’agro pontino – una parte del Lazio dove è ancora possibile lavorare come braccianti nelle serre o in altri lavori agricoli – fino a raggiungere all’incirca le 10mila persone.
Proprio dall’osservazione di questa realtà è nata l’idea del bel documentario Visit India, della regista sarda Patrizia Santangeli (regista, documentarista e direttore creativo, fra le sue opere Allegro moderato), presentato alla quinta edizione del Visioni Fuori Raccordo Film Festival, presso il Nuovo Cinema Aquila, una manifestazione che esplora i tanti temi legati alle periferie nel nostro Paese, in senso concreto e metaforico. Con sguardo discreto ma con grande intensità, la regista, da sempre interessata ai temi dell’alterità, del sociale e dell’integrazione, si avvicina a questo mondo lontano ma vicino, denso di bellezza e speranza ma irto di difficoltà, esplorando la quotidianità del lavoro e della vita familiare dei tanti indiani Sikh che hanno portato con sé, proprio nel cuore della provincia di Latina, tradizioni, culti religiosi ed un’antica cultura, dal lontano Punjab (India del Nord), insieme con i loro sogni e speranze di una vita migliore.
“Quando arrivi in un posto lontano – racconta la regista – anche stare a guardare diventa una scoperta e non c’è bisogno che succeda per forza qualcosa per rendere straordinario quel posto e quelle persone. Basta osservare.” Fra le comunità Sikh in Italia, quella di Sabaudia è la seconda per numero di abitanti, mentre la più grande si trova nel Nord Italia e manda avanti con il suo lavoro le principali produzioni di Grana Padano. La regista, accolta dai Sikh con grande disponibilità e gentilezza, nelle case e nel tempio, o alla tradizionale e coloratissima festa annuale, ha evidenziato anche nelle immagini la grande ospitalità di questo popolo che, come raccontano le donne intervistate, prima di qualsiasi altra cosa, dà da mangiare allo straniero e solo dopo che l’ospite è stato accolto gli chiede i motivi della visita.
“Sono partita per un posto che conosco bene – aggiunge – e per saperne di più dei suoi nuovi cittadini, quegli indiani Sikh incontrati in bicicletta lungo la strada per il mare. È stato bello sentirsi straniera a pochi chilometri da casa, accolta in quell’India dietro l’angolo, sorprendente per ospitalità”. Le storie raccontate attraverso la videocamera mettono in risalto, oltre alle luci, anche le ombre della situazione vissuta dai membri della comunità, legate soprattutto all’aspetto dello sfruttamento del lavoro e dei salari bassissimi (12 ore di lavoro al giorno per 2-4 euro l’ora), oltre che ai tanti momenti di solitudine, razzismo e rifiuto vissuti in una terra ripopolata da migranti veneti in epoca fascista, come testimonia un’anziana abitante del luogo sopraggiunta tanti anni fa quando ancora la zona era paludosa, piena di pulci e zanzare.
Per contro, mentre a poco a poco la comunità si va integrando (alcuni abitanti di ‘Bella Farnia’, una delle zone più popolate dai Sikh, sono contenti di questi tranquilli vicini di casa), tanti sono ancora i legami di queste persone, a metà fra i due mondi, con tradizioni come quella di sposare un/una connazionale attraverso matrimoni combinati dai parenti, per poi vivere in Italia una vita migliore, cercando così di mantenere forte ed unito il senso di appartenenza ed identità pur in un luogo tanto lontano. Su questo genere di tradizioni, però, i giovani Sikh nati in Italia, avranno, a poco a poco, maggiore libertà di scelta. Insieme a Marco Omizzolo, sociologo e presidente del circolo Larus Legambiente di Sabaudia e del fotografo Gabriele Rossi (agenzia Contrasto), , l’umanità oltre gli stereotipi, con curiosità, amore e passione, per il suo lavoro e per le culture altrui. E riesce pienamente nell’intento.
Elisabetta Colla