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In Sala

Oltre il mare

Francamente ci si aspettava molto di più dal regista del pluri-premiato cortometraggio “L’Oro Rosso” che, per la sua opera prima, ha deciso di puntare sul prolifico e non sempre all’altezza filone del teen-movie

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Anno: 2011

Distribuzione: Microcinema

Durata: 90′

Genere: Teen-movie

Nazionalità: Italia

Regia: Cesare Fragnelli

In un oceano di profonda incertezza come quello della distribuzione italiana – nel quale molto cinema di casa nostra è finito alla deriva dopo aver navigato in lungo e in largo alla disperata ricerca di un approdo, a giudicare da quello che si è visto sullo schermo – per Oltre il mare è già una grande conquista aver trovato la via della sala. Il film diretto da Cesare Fragnelli, prodotto con il contributo dell’Apulia Film Commission, sbarca nella programmazione dell’ultimo weekend di Settembre con una trentina di copie grazie a Microcinema. Un miracolo, se si pensa ai limiti espressi dalla pellicola tanto dal punto di vista tecnico-stilistico, recitativo e soprattutto di scrittura.

Francamente ci si aspettava molto di più dal regista del pluri-premiato cortometraggio L’Oro Rosso, intensa e toccante storia incentrata sulla piaga del lavoro nero e dello sfruttamento, che, per la sua opera prima, ha deciso di puntare sul prolifico e non sempre all’altezza filone del teen-movie. Niente in contrario, ma sperare in qualcosa di più consistente, impegnato e di spessore, rimanendo comunque se necessario ancorato al genere sopraccitato, era un desiderio legittimo. Il regista pugliese, classe 1977, ci trascina al seguito di una comitiva di ragazzi in quel del Salento per raccontare la cronaca di un’estate trascorsa lontana da casa e che, nemmeno a dirlo, finirà con il segnare con un evento tragico le loro vite, ma non il ricordo dello spettatore. Lo script, tallone di Achille sul quale riversare la stragrande maggioranza delle colpe per un evidente fallimento su quasi tutti i fronti, è quanto di più fragile, discontinuo, frammentato, schematico e prevedibile, si possa partorire in fase di scrittura. Questo comporta un’inevitabile reazione a catena che si abbatte sui restanti elementi strutturali, narrativi, interpretativi e registici.

Sul versante drammaturgico e narrativo, la sceneggiatura si aggrappa con le unghie e i denti agli elementi imprescindibili del genere, che una volta acquisiti vengono spalmati con superficialità e faciloneria nella storia e nel disegno dei personaggi, a loro volta figli del cliché, prodotti in serie per trovare la collocazione nello schema classico (il rubacuori, lo scapestrato, lo sfigato con la chitarra, l’ammalato d’amore e via dicendo). Purtroppo, leggerezza e semplicità qui non sono sinonimi di dolcezza e delicatezza nel tratto della scrittura e nel modo di raccontare, ma pesantezza nel dipingere gli eventi e fatica nel descriverli. Il gioco del cambio dei registri e dei toni, che fa lievitare gli elementi chiave in possesso (amicizia, amore, tradimenti, sorrisi e lacrime, pruriti sessuali e gesti estremi, ecc..) e sul quale si regge questa tipologia di storia fatta con lo stampino, replicata sin dai tempi di Sapore di mare, anche in questo caso non cerca mai la strada dell’originalità, preferendo ad essa quella già ampiamente battuta dalle diverse cinematografie a tutte le latitudine. Per questo tutto sembra già visto e sentito, tanto da spingere chi lo vede a chiedersi il perché si continui a produrre film che preferiscono adeguarsi invece di cercare altre soluzioni rispetto a quelle pre-esistenti.

A pagarne le conseguenze è in primis il numeroso cast a disposizione, vittima scarificale di dialoghi da soap opera, che pescando nella mischia vede solo pochi componenti uscirne indenni con qualche livido in più, come nel caso di Nicola Nocella, Paolo Sassanelli e Marit Nissen. La regia non può fare altro che adeguarsi alla situazione, in parte per demeriti di Fragnelli che firma una messa in quadro piatta e televisiva che non va oltre il tradizionale campo controcampo e qualche carrello qua e là, in parte per la sceneggiatura che non lo mette nelle condizioni di produrre virtuosismi. Il montaggio è la cartina torna sole, il riflesso condizionato di un’operazione che fa acqua da tutte le parte; un montaggio che fa del tagli e cuci e dei raccordi simili a voli pindarici, le uniche cartucce a disposizione di un’arma che spara ampiamente fuori dal bersaglio.

Francesco Del Grosso

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