La scelta di Anne, ora al cinema, è tratto dal libro autobiografico L’evento (2000) di Annie Ernaux edito in Italia da L’orma nel 2019, che racconta il tremendo percorso della protagonista alla ricerca di supporto nell’interruzione di una gravidanza indesiderata e del successivo aborto clandestino a cui si affida.
La pellicola si mostra senza tabù, contro i quali si scaglia, in particolare contro quelli della modernissima Francia degli anni Sessanta, ancora tremendamente primitiva quando si trattava di condizione sociale e rispetto dell’identità femminile.
Anne (Anamaria Vartolomei) sta terminando i suoi studi in lettere. Tutti confidano nelle sue doti e nel suo talento, ma lei è una giovane indipendente, con una solida volontà. Si sta affermando anche come donna, sessualmente capace di fare le proprie scelte.
La notizia di una gravidanza inaspettata le arriva addosso, drammatica e pesante, e svela una certa ignoranza , fardello generazionale e di classe sociale. Le risulta ancora più faticoso prendere atto di come, nella Francia del 1963, l’aborto fosse del tutto illegale.
Per Anne inizia una battaglia contro il tempo, alla ricerca di un sistema per interrompere questa vita che le cresce dentro. Nel farlo, evitando sempre accuratamente di coinvolgere la famiglia, si confronta con la completa mancanza di comprensione e di sostegno da parte di tutti i suoi amici e del personale medico.
Fai quello che vuoi Anne, non ci riguarda. (L’amica Brigitte)
Le prova tutte, arrivando a ferirsi con i ferri da maglia, nel tentativo di liberarsi di un figlio che non potrebbe mai amare, privata della possibilità di disporre del proprio corpo in autonomia, di decidere della sua vita.
Quasi allo scadere del tempo, finalmente rintraccia una mammana (Sandrine Bonnaire). Da qui, la fine di una sofferenza, e l’inizio di una tortura fisica che, per fortuna, non la uccide.
Alcune donne usano la candeggina. Candeggina nell’utero. Poi si chiedono perché muoiono. Sei fortunata ad avermi trovato.
Coraggio registico, qual’ è il coraggio della protagonista
La scelta di Anne di Audrey Diwan si contraddistingue per una radicale scelta registica e visiva. La macchina da presa si muove con una schiacciante prossimità al personaggio, arrivando difficilmente al Piano Medio.
Visivamente, quindi, il film è pensato con un coraggio incredibile. Costruire una regia visiva instabile, claustrofobica, sempre continuamente addosso alla protagonista, è molto più di un artifizio sperimentale. La giovane Anamaria Vartolomei si adopera in una recitazione sostenuta e molto fiera, pur con l’obiettivo assillante che scava molto da vicino. Anne trattiene tutto dentro, racchiuso nel cuore e nell’utero, nido di vita e di morte. Ma, allo stesso tempo, ogni lieve cambiamento della sua corazza trasmette un’ondata di emozioni.
In questo dialogo affannato, due selezionatissimi primi piani frontali sigillano sul finale l’aborto e la perdita del feto. A cui seguirà la possibilità, per questa donna che ha scelto per sé, di riscrivere il futuro: prendete le vostre penne, gli augura il docente in chiusura.
La verità nella sua nudezza e nel suo dolore
Schietto, spietato, La scelta di Anne di Audrey Diwan non è un film dalla visione rilassante. Tutt’altro, dal momento che restituisce giustizia e onore a quelle migliaia e migliaia di donne che hanno vissuto sofferenze celate sotto gli strumenti degli aborti clandestini.
È evidente quanto la regista si sia prodigata a rendere l’esperienza sul corpo il volano di questa riflessione più profonda, che riguarda ovviamente la condizione delle donne nel 1963 e lo stigma sociale.
Suoni, sguardi, odori, ormoni: si parla di corpi e di identità, di libertà chiusa nello schermo e nelle spalle sicure di Anne. Amazzone moderna, malata di quella malattia che prende solo le donne e le trasforma in casalinghe. E le ammazza dentro.
L’aborto in Francia verrà legalizzato solo nel 1975. Di quante altre Anne non avremo memoria?