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#RIFF: Surge di Aneil Karia

Aniel Karia riesce a trasmettere lo stato d’animo del protagonista e trascina lo spettatore nelle strade di Londra

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Surge Aniel Karia

Surge, il primo lungometraggio del regista inglese Aniel Karia, è in concorso alla 19° edizione del RIFF – Rome Independent Film Festival. L’opera, prodotta dalla britannica Rooks Nest per BBC FILMS e BFI, è stata presentata al Sundance Film Festival 2020 e al festival del cinema di Berlino.

Il regista britannico realizza uno spaccato della vita contemporanea. Noia, solitudine, frustrazione e poi la follia che infrange ogni regola. Surge tradotto in italiano è impeto e il film di Aniel Kaira ha una forza impetuosa che investe del tutto il suo protagonista. Ma non solo, anche lo spettatore viene travolto e si trova ad identificarsi con la vicenda, senza rendersi conto.

La tramaSurge

Joseph (Ben Wishaw) è un addetto alla sicurezza di aeroporto. La sua vita è monotona, si svolge tra il suo appartamento e il lavoro che svolge senza passione. Va a trovare i suoi genitori, sua madre Joyce (Ellie Haddintog) e suo padre Alan (Ian Gelder) e qualcosa scatta. Joseph si ribella e inizia un viaggio folle tra le strade di Londra.

Il personaggio simbolo

Surge è girato interamente nella capitale inglese, ma ha il merito di rappresentare un malessere comune all’intero mondo occidentale. Joseph è un personaggio simbolo, schiacciato dallo stress di una società alienante.

Il film poteva essere ambiento in qualsiasi altra metropoli, Parigi, New York o Milano, ma l’esito non sarebbe stato diverso. La sceneggiatura è esile e i personaggi di contorno, come Lily (Jasmine Jobson), appaiono solo abbozzati.

Ma forse era un intendo del regista. Il suo vero interesse è quello di concentrare l’attenzione dello spettatore su Joseph, appunto un personaggio simbolo, latore di una nevrosi universale. Il resto non conta, o meglio aveva importanza come antefatto, il regista, però, vuole raccontare un segmento di vita, non l’intera esistenza.

Il malessere di Joseph

Del resto, Aniel Karia non ha bisogno di altri personaggi e neanche di lunghi dialoghi, che sono ridotti all’osso. La solitudine del protagonista viene risaltata con delle veloci immagini, come quella che lo mostra cenare da solo davanti al televisore, nel giorno del suo compleanno.

E l’origine del malessere di Joseph diventa palese nella sequenza della visita ai genitori. Una mamma apprensiva e un papà brusco hanno determinato la sua condizione. Aniel Karia rappresenta lo spazio famigliare in maniera claustrofobica. È un luogo asfissiate e Joseph non riesce più a reprimere la sua sofferenza.

L’impeto

Dopo aver visto i genitori, infatti, il protagonista di Surge è colpito da un impeto e in inizia il suo folle viaggio. Un semplice contrattempo sprigiona in lui una forza vitale senza pari. Non importa come Joseph usi questa forza, per la prima volta lui è vivo.

L’amplesso sessuale con la sua collega è la prima gratificazione di questa sua nuova vita. È un puro atto liberatorio, senza nessuna conseguenza. Da ora in poi, Joseph da sfogo ai suoi sensi. Ma non è un girare a vuoto.

Il protagonista di Surge sembra alla ricerca di un luogo, una figura che lo protegga. Tutto farebbe pensare all’immaginario materno, come l’abbraccio con una donna anziana. Evocativa, poi, è la sequenza ambientata nella camera d’albergo, quando Joseph distrugge tutto e s’infila all’interno di un materasso, come se cercasse di tornare ad una forma embrionale.

Ben Whishaw e Aniel Karia

Un punto di forza di Surge è senz’altro l’interpretazione di Ben Whishaw. L’attore non è estraneo a ruoli nevrotici, basti pensare alla sua partecipazione in Profumo – Storia di un assassinio (2006) di Tom Tykwer.

Aniel Karia esalta il talento dell’attore e lascia poco spazio ad altri interpreti. La sua regia è, in ogni modo apprezzabile e riesce a trasmettere lo stato d’animo del protagonista, con l’uso della macchina a mano, trascina lo spettatore nelle strade di Londra, insieme a Joseph.

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#RIFF: Surge di Aneil Karia