CG Entertainment (www.cgentertainment.it) recupera dal dimenticatoio Il mio amico Jekyll, diretto nel 1960 da Marino Girolami. Sì, proprio lui, il Marino Girolami che si sarebbe poi dedicato, tra l’altro, a Roma violenta e Zombi holocaust. Il Marino Girolami qui impegnato a sbeffeggiare il perbenismo borghese nell’Italia del miracolo economico. E lo fa prendendo di mira nientemeno che il mito del dottor Jekyll e Mr. Hyde, nati nel 1886 dalla penna dello scozzese Robert Louis Stevenson. Fornendo quindi una parodia successiva a Gianni e Pinotto contro il dottor Jekyll, di sette anni prima, ma precedente a Le folli notti del dottor Jerryll, datata 1963.
Una parodia in bianco e nero mirata a ridere delle distinzioni di ceto e di classe sociale.
Come? Semplice: calando nei ruoli di protagonisti due volti allora noti soprattutto sul piccolo schermo come Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi.
Il primo nei panni, appunto, di Jekyll, pronto ad escogitare qualcosa di diabolico grazie ad una macchina di sua invenzione.
Infatti trasforma nel sadico professor Fabius il secondo, ovvero l’austero insegnante di un collegio femminile Giacinto Floria. Insegnante il cui interesse, di conseguenza, si sposta sempre più dalle lezioni alle giovani allieve. Fornendo al futuro Lello Mascetti di Amici miei l’occasione di lasciar già intravedere le ossessioni erotiche poi fatte esplodere nei suoi personaggi cinematografici anni Settanta. Nel corso di oltre un’ora e mezza di visione chiaramente giocata sul doppio e sullo scambio di personalità opposte tra loro. Un espediente comico da cui non pochi hanno successivamente attinto, a cominciare da Lillo e Greg.
Man mano che, al di là del genere leggero di appartenenza, vengono comunque mantenute le atmosfere lugubri del filone horror, tra ombre e contrasti.
Senza contare un immancabile grottesco servitore incarnato ne Il mio amico Jekyll dall’imponente Mimmo Poli. Nome che arricchisce un cast comprendente, tra gli altri, Anna Campori e la sexy Abbe Lane. Oltre a un Carlo Croccolo in vena di esilaranti travestimenti. Tutti al servizio di una struttura a sketch probabilmente atta a rispecchiare gli stilemi degli spettacoli televisivi da ridere di allora.