Arriva nelle sale italiane il 17 settembre Gaugin, tratto dal racconto illustrato Noa Noa: The Tahiti Journal of Paul Gauginediretto da Edouard Deluc, distribuito da Draka Distribution, in collaborazione con Conform e Prism Consulting.
Vincent Cassel interpreta il celebre esponente della corrente pittorica conosciuta come post-Impressionismo, in un suo preciso momento esistenziale, a cavallo tra la fuga e il rientro nella natia terra francese. Al centro della narrazione c’è ovviamente l’incontro del pittore con la cultura e la natura di Tahiti, suggellato dalle nozze con una giovane indigena di nome Tehura (Tuheï Adams).
La pellicola firmata da Deluc è un vero e proprio excursus alla scoperta di una delle personalità artistiche più affascinanti e apprezzate di sempre. Forte di molte (ed esplicite) suggestioni alla Terrence Malick, Gaugin riesce così a delinearne un ritratto appassionato e sentito.
Gaugin e l’influenza malickiana
Sin dal fermo immagine in apertura, che mette in mostra un’imbarcazione deserta nel mezzo di una distesa d’acqua, sino alla scena finale che torna a chiudere il cerchio, ma da una prospettiva differente, la natura gioca un ruolo di rilievo all’interno della narrazione.
Ed è proprio grazie a tale elemento, e al legame che i protagonisti hanno con esso, che il paragone con il maestro celebre per capolavori quali The Tree of Lifee La sottile linea rossa, arriva immediato. A ciò si aggiunga l’utilizzo della voce fuori campo, in una lingua sconosciuta. Impossibile non rivivere le medesime sensazioni suscitate da The New World – Il nuovo mondo.
Come nel film di Malick, anche in questo caso l’essere umano si trova a dover fronteggiare una natura selvaggia, avvolgente e magnetica, che fa il paio allo spirito indomito di colui che rischierà tutto pur di ritrovare una sua strada.
Gaugin, eroe ed esempio di coraggio e sensibilità
Gaugin appare un uomo ormai privo di stimoli. Costretto dalla penuria di denaro e dalle responsabilità della vita a compiere un gesto estremo, verrà per questo addiritura definito eroe. Il coraggio, lo sfinimento e in qualche modo l’incoscienza, lo portano alla fuga. Ma anche al contatto con un mondo del tutto nuovo, inesplorato, pieno di stimoli ai suoi occhi.
Grazie alle avventure intraprese dal pittore si arrivò ad allargare gli orizzonti, in ogni senso possibile (artistico, geografico, sociale).
Le opere di Gaugin sono ancora oggi un esempio ineguagliabile di gusto e sensibilità: il fascino dell’esotico trova la sua massima espressione nelle tele e nelle sculture, ma anche nel sentimento profondo e tangibile dell’artista nei confronti della popolazione indigena.
Tehura diviene una musa e al tempo stesso un’ancora di salvezza per Paul. Dal canto suo l’uomo sembrerà spesso passare sopra i bisogni della donna per seguire un suo sogno d’artista.
“Per ricominciare bisogna ritornare alla sorgente, all’infanzia dell’umanità”
L’arte è la grande protagonista del racconto, indagata da un particolare punto di vista, quello della riscoperta, della rinascita.
Nell’equazione in cui dipingere significa vita, Gaugin è terrorizzato al pensiero di non poter più lavorare. Motivo per cui imbattersi in una terra vergine e in una così definita “Eva primordiale” rappresenta per lui qualcosa di assolutamente inestimabile e prezioso. Così come lo è l’insegnamento che ne ricaverà e che regalerà ai suoi seguaci.
Affinchè arrivasse forte e chiaro il senso della storia, era necessaria una regia capace di donare ampio respiro alle inquadrature, insistendo sulla potenza della natura, sulla simbologia dei dettagli e sulla resa mai forzata in termini di emozioni, delicatamente suggerite dalla colonna musicale portante. Deluc ne è ben conscio e il risultato è evidente ed ammirevole.