Se ad una prima visione potrebbe apparire come il più facile degli instant movie incentrati sulle vicissitudini del “mondo” della politica nostrana e di alcuni dei suoi indegni protagonisti, da parte sua Qualunquemente prova ad andare oltre la suddetta catalogazione. Eppure le prime pagine delle ultime settimane, condite con spettacolini osé, massaggini vari, performance sopra e sotto le coperte, scandali o presunti tali che hanno messo alla gogna mediatica e sotto i riflettori dell’opinione pubblica il Premier, non possono far altro che ribadire o confermare l’idea che la pellicola diretta da Giulio Manfredonia sia, senza ombra di dubbio, agli occhi del pubblico e degli addetti ai lavori la cronaca più o meno fedele dell’attuale situazione politica ed extra-politica del Paese. La risposta immediata è che si tratta di un film furbo e calcolato, che non fa altro che accodarsi alla scia, ma la realtà e il processo di genesi creativa del progetto scagionano, di fatto, gli autori.
L’idea di portare sul grande schermo il personaggio nato dal talento comico di Antonio Albanese, vale a dire l’aspirante sindaco calabrese Cetto La Qualunque, che da più di otto anni spopola nei teatri e nelle trasmissioni televisive, risale infatti a due anni fa, almeno quanto lo script a lui dedicato, firmato dallo stesso comico e da Piero Guerrera. Di conseguenza viene da pensare che i contenuti, le situazioni e i personaggi che animano il plot del film siano ‘inspiegabilmente’, o al contrario facilmente, pronosticabili. Insomma, in un modo o nell’altro, una vera e propria profezia. Quindi, mai periodo poteva essere più felice di questo per l’attacco al box office dominato dal ciclone Zalone da parte di Qualunquemente, supportato da un cospicuo numero di copie (600 per l’esattezza) marchiate 01 Distribution, dalla selezione alla prossima edizione della Berlinale, nella sezione “Panorama”, e da una promozione a tappeto che sembra più una campagna elettorale che la pubblicità di un film prossimo all’uscita nelle sale. Una campagna elettorale portata avanti dal candidato La Qualunque con tutti i mezzi illegali a propria disposizione, pur di battere la nemesi politica De Santis alle prossime elezioni in quel dell’inesistente paesino calabro di Marina di Sopra.
Appoggiandosi al background pre-esistente del personaggio e ai suoi storici slogan come «I Have No Dream, ma mi piace u pilu!» o «Prima voti poi rifletti», il comasco Albanese porta al cinema un’altra creatura della sua galleria di volti (Alex Drastico de La fame e la sete del 1999), ma stavolta si affida registicamente al collega Manfredonia, reduce dal pregevole Si può fare (2009) e con il quale aveva già avuto modo di collaborare nel 2004 in È già ieri. Il regista si limita a mettere in quadro storia e personaggi senza particolari sforzi o trovate visive. Del resto, Qualunquemente non poteva richiedere più di tanto dal punto di vista stilistico. La pellicola ha il merito di spingersi al di là del ritratto del fondatore del PdP (Partito du Pilu) che periodicamente siamo abituati a veder disquisire alla corte di Fazio, dando origine ad un affresco desolante e ferocemente spietato di un Nazione e dei suoi governanti. Nel farlo mette da parte parodia, caricatura e satira, “armi” comunemente utilizzate per commedie a sfondo politico, a favore di una forma di comicità meno eclatante e più sofisticata. Si ride molto meno di quanto ci si aspetti da un film di questo tipo e dalla natura del personaggio che gli dà vita. La risata arriva come nel caso del comizio o nel duello televisivo, ma intervallata da momenti in cui sorridere finisce con l’imbarazzare colui che guarda. Allora largo all’incredulità nei confronti di uno spettacolo che lascia l’amaro in bocca, la vergogna di chi si vede allo specchio e vorrebbe distogliere lo sguardo. Leggerezza e mano pesante, volgarità spicciola, luoghi comuni, agghiaccianti verità, umorismo nero, allusioni più o meno identificabili, doppi sensi e intelligente capovolgimento dei fatti, sono gli ingredienti presenti nel ricco menù.
La vera sfida per Manfredonia ed Albanese era quella di trasformare La Qualunque in un personaggio a tutto tondo per il cinema, con tanto di famiglia, paesani e location al seguito, che riuscisse ad andare oltre lo sketch di dieci minuti. Un po’ quello che ha sancito il trionfo ai botteghini di Zalone e il fallimento totale di Panariello e Co. (Bagnomaria ad esempio). Un’operazione rischiosissima, quella di provare a bissare il successo di un personaggio nato sul piccolo schermo, ma che il duo riesce tuttavia a concludere in maniera più che soddisfacente, facendo coesistere il realismo della storia con il surrealismo del suo protagonista. L’estremizzazione portata all’eccesso è lo strumento scelto per portare a termine una missione che, a conti fatti, si chiude con successo, anche se non si può escludere la possibile delusione di quella fetta di pubblico che preferisce ridere a crepa pelle dal primo all’ultimo fotogramma con la comicità diretta di Che bella giornata (2010), piuttosto che avventurarsi in una faticosa riflessione. Ma questo potrà dircelo solo il banco di prova della sala. Parafrasando una storica frase del carismatico leader del Pdp, non resta che augurare ai cari spettatori e alle sdraiabilmente care spettatrici una buona visione. PS: «Cazzu cazzu!»
Francesco Del Grosso.