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UNA INTIMA CONVINZIONE di Antoine Raimbault: il peso della Giustizia

Un film che pone domande più che ricercare risposte, riflettendo sulle crepe non solo del sistema giudiziario, ma della società intera

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La giustizia e la ragione da una parte e l’immaginazione, la convinzione personale, l’ipotesi dall’altra. È su questa contraddizione che ragiona Una intima convinzione, di Antoine Raimbault. Un film che pone domande più che ricercare risposte, riflettendo sulle crepe non solo del sistema giudiziario, ma della società intera. Il film è al cinema dal 30 luglio, distribuito da Movies Inspired.

Trama di Una intima convinzione

Jacques Viguier, un professore di diritto, viene accusato dell’omicidio della moglie, Suzanne, sparita un giorno da casa e mai ritrovata. Dopo il processo, durato molti anni, viene assolto ma è costretto a difendersi nuovamente nell’appello. Nora, una donna che ha assistito al primo processo, è sicura dell’innocenza dell’uomo e convince l’avvocato Eric Dupond-Moretti a rappresentare Jacques. Dà inoltre una grande mano all’avvocato, ascoltando le molte intercettazioni.

Recensione

Una intima convinzione (Une intime conviction) è il primo film di Antoine Raimbault, già regista di alcuni corti e passato adesso al lungometraggio. È ispirato al vero caso di Jacques Viguier, professore di Tolosa accusato dell’omicidio della moglie, Suzanne, scomparsa nel 2000. Ben nove anni dopo si è concluso il processo con l’assoluzione dell’uomo e si è svolto in seguito il processo d’appello. Raimbault, affascinato dal caso, ha assistito ad alcune udienze incontrando e conoscendo anche parte della famiglia Viguier. Ha deciso, quindi, di realizzare un film su questa storia, mostrando il funzionamento della Giustizia e la complessità dei vari passaggi. Si è attenenuto fedelmente alla vicenda originale con l’eccezione del personaggio di Nora, che è frutto di fantasia.

Raimbault, autore anche della sceneggiatura, ha deciso di rappresentare la storia in modo inusuale. Non segue il punto di vista di Jacques, che rimane ai margini, inesplorato e tenuto spesso fuori campo, anche nelle dichiarazioni. I personaggi principali sono l’avvocato Dupond-Moretti ma soprattutto Nora, che risulta il vero motore dell’azione. L’aggiunta fantastica ad una storia così minuziosamente reale, che diventa una sorta di emanazione dell’autore all’interno del racconto. Ma allo stesso tempo rappresenta lo spettatore, soprattutto nelle varie udienze alle quali noi partecipiamo attraverso di lei. Nora attira su di sè lo sviluppo narrativo e non è solo spettatrice, dunque, ma il centro attivo sul quale si ripercuotono gli effetti del processo. Effetti che sembrano riguardare più lei che Jacques e la sua famiglia che, come detto, rimane costantemente ai margini visivi e narrativi del film.

Il personaggio di Nora

I motivi dell’enorme interesse che Nora mostra per il caso e che la porta ad impegnarsi in prima persona, aiutando in modo decisivo l’avvocato, non sono del tutto esplicati e il suo comportamento arriva a sembrare assurdo. Non è una familiare, non è un’amica intima, non ha interessi in gioco ma ha assistito al primo processo ed è rimasta sconcertata dalla spinta esercitata dall’opinione pubblica che sin dall’inizio ha ritenuto Jacques colpevole. Una pressione che è penetrata sin dentro le aule della Giustizia, influenzando anche le persone che quella giustizia dovrebbero garantirla e ricercarla. Ipotesi, apparenze che si sono consolidate sino a diventare certezze. Ed è forse proprio quella la molla che spinge Nora ad un tale impegno e che l’assorbe al punto da farle mettere lavoro e famiglia in secondo piano. Uno stereotipo comunque poco approfondito, legato ad un personaggio che mantiene una natura labile.

Una intima convinzione affronta, quindi, le crepe che possono insinuarsi nel sistema giudiziario, ma la considerazione è allargabile alla società intera. Sempre più, a maggior ragione con lo sviluppo dei social, assistiamo a processi mediatici. A condanne virtuali e immediate basate esclusivamente su ipotesi, sensazioni, apparenze. Un fiume di insinuazioni che diventano certezze, rovinando facilmente delle vite. Ed è semplice cadere in questo flusso anche per chi parte con buone intenzioni. Accade proprio a Nora, che finisce con il muovere delle accuse simili a quelle che lei stessa ha tentato di sradicare, ripresa e ammonita dall’avvocato. Un concetto ribadito ed ampliato nell’importante monologo finale di circa dieci minuti di Dupont-Moretti in aula, che diventa simbolo-sommario del film. In cui smaschera l’atteggiamento di ipocrisia e sensazionalismo che rischia di portare alla morte della Giustizia. E lo fa rivolgendosi ai procuratori, a Nora e allo spettatore stesso.

Il delitto perfetto

Nel film risalta anche l’elemento cinematografico. Indirettamente, con il personaggio di Nora, l’unico inventato in una storia di cronaca, che rappresenta la figura dell’autore-spettatore e che svolge proprio il ruolo attivo del protagonista. Influenzando dall’esterno la vicenda reale e sottolineando anche il ruolo cinematografico. Ma anche direttamente, con i riferimenti in una delle prime udienze ad Alfred Hitchcock, molto amato da Jacques Viguier; vengono citati in particolare i film La signora scompare e Il ladro. Proprio la sua passione per il regista britannico viene considerata decisiva per l’accusa di quello che viene ritenuto un delitto perfetto. E il film sembra giocare su questo accostamento, sia suggerendo uno sviluppo totalmente diverso del racconto, sia con il riferimento all’immaginazione nel monologo finale. Distinguendo nettamente l’ambito giuridico da quello cinematografico.

La regia di Antoine Raimbault gioca molto sulle geometrie degli spazi, soprattutto nella prima parte. Mano a mano che il processo entra nel vivo e di conseguenza anche il lavoro di Nora e il suo coinvolgimento emotivo, il montaggio si fa a tratti più frenetico e la macchina da presa instabile. Una intima convinzione si mostra come un film soprattutto di personaggi e trova due ottime interpretazioni con Marina Foïs (apparsa anche nel recente Gli infedeli) nei panni di Nora e soprattutto Olivier Gourmet (La ragazza senza nome, Il giovane Karl Marx, Due giorni, una notte), davvero bravo nel ruolo a più sfumature di Eric Dupond-Moretti.

Trailer di Una intima convinzione

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