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Questioni di doppiaggio dal cinema alla TV: riflessione a quattro mani con Angela Sileo, ricercatrice in Traduzione Audiovisiva e Linguistica del Contatto

Il lavoro di Angela Sileo prende avvio dallo studio dell’adattamento (assai arduo) di un grande musical, My Fair Lady, tratto da Il Pigmalione di George Bernard Shaw e accolto da Broadway con grande entusiasmo negli anni Cinquanta

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Il mondo del doppiaggio ci affascina da sempre: è una sorta di magia che permette a un’altra voce di sovrapporsi a quella dell’attore sullo schermo, e noi spettatori siamo sempre disposti a crederci. Il trucco c’è. Non si vede, ma c’è. Noi lo sappiamo, eppure continuiamo a crederci, continuiamo ad abbandonarci alla meravigliosa illusione che il cinema e la TV ci regalano quotidianamente. Incantati da queste meraviglie, non poniamo attenzione a tanti dettagli: i nostri sensi sono raramente concentrati, ad esempio, sugli aspetti linguistici dei dialoghi cine-televisivi. È proprio su questi aspetti che si incentra il lavoro di Angela Sileo, che prende avvio dallo studio dell’adattamento (assai arduo) di un grande musical, My Fair Lady, tratto da Il Pigmalione di George Bernard Shaw e accolto da Broadway con grande entusiasmo negli anni Cinquanta. Il successo fu nazionale: ben 2.717 repliche. Cavalcandone l’onda, nel 1962, venne tratta la versione cinematografica, diretta da George Cukor, in cui accanto a Rex Harrison (Mr. Higgins) – stesso protagonista della versione di Broadway – compare Audrey Hepburn.

La vicenda è concentrata sul particolare rapporto che si instaura tra la fioraia Eliza Doolittle (Hepburn) e il Professor Higgins (Harrison). A Londra, la giovane fioraia cerca di guadagnare qualche soldo vendendo i suoi preziosi fiori. Un giorno, viene ‘rimproverata’ da uno sconosciuto per la sua pronuncia inglese, fortemente rozza. L’uomo in questione è Higgins, uno scapolo innamorato di linguistica e dizione, tanto legato alla sua lingua madre da studiarne inflessioni e pronuncia in ogni angolo della Gran Bretagna. L’uomo colpisce Eliza con la sua proposta: se lei volesse un giorno aprire un negozio di fiori e dimenticare la vita di strada, potrebbe rivolgersi a lui che, attraverso una serie estenuante di lezioni altrettanto estenuanti, la renderebbe una rispettabile signora. La ragazza accetta la proposta e, sognando il suo negozio, si trasferisce a casa dell’uomo, dove viene sottoposta per giorni a esercizi fonetici per poter migliorare.

Il film del 1964 mette in luce non solo le differenze culturali e antropologiche tra le classi sociali della Londra dell’epoca, ma pone al centro della scena due personaggi, uomo e donna, con due caratteri molto forti, che da una partenza di scontro finiscono per unirsi. Non soltanto, quindi, si affronta la differenza linguistica, sociale ma anche quella caratteriale tra i due sessi. Entrambi ostinati, Higgins è uno scapolo convinto, considerato asociale dalla sua stessa madre, in quanto interessato unicamente ai suoi studi e alla sua biblioteca. Eliza, fieramente povera, è una giovane convinta e appassionata, che fin dal primo incontro con il professore non mostra mai di vergognarsi della propria condizione in quanto si accetta per quella che è. Due caratteri molto forti, due mondi distanti che con il trascorrere del tempo finiscono per comprendersi e amarsi, a dimostrazione anche di quanto l’età non conti.

Il film, grande successo al botteghino, vinse ben 8 Premi Oscar, tra cui Miglior Film, Regia e Miglior Attore Protagonista a Rex Harrison che, portando in scena il personaggio sia a teatro che sul grande schermo, aveva la parte ormai cucita addosso. Nonostante Eliza Doolittle fosse interpretata a teatro da Julie Andrews, l’attrice era ancora poco conosciuta a Hollywood e al suo posto venne scelta la Hepburn. Una Hepburn che buca lo schermo e regala una nuova interpretazione memorabile e un caso singolare: Audrey, infatti, venne doppiata da Marni Nixon nelle sequenze cantate. Sembra che la stessa Hepburn non ne sapesse nulla e, quando lo scoprì, abbandonò il set per poi tornarvi l’indomani e chiedere scusa. È interessante questo episodio di doppiaggio del cantato della Hepburn in quanto è avvenuto sul set di un film in cui si affronta la peculiarità della dizione e della lingua. Ancor più interessante se si tiene presente che, nella versione italiana, Eliza canta in perfetto italiano, creando una ‘stonatura’ piuttosto considerevole.

L’adattamento delle canzoni in un’altra lingua è compito ancor più arduo del semplice adattamento dei dialoghi, come ci spiega Angela Sileo nella sua prima monografia Il doppiaggio tra cinema e televisione (1950-2004), edita da Loffredo University Press nel 2010. Occorre, infatti, tenere conto di vari fattori e coordinare due principali componenti: la base musicale e il testo. Un altro elemento piuttosto fondamentale è lo scopo della traduzione: in genere, si richiede una sottotitolazione del testo musicale quando esso risulta cruciale per la comprensione della componente iconica sul video, come in quei programmi musicali che vogliono far capire al pubblico le parole di una determinata canzone, o come in quei musical in cui le cui canzoni non sono state adattate in italiano (vedi, ad esempio, Moulin Rouge, in cui le canzoni sono rimaste nella versione originale, ma sottotitolate in italiano). Le conseguenze della scelta tra versione ‘da scrivere’ o versione ‘da cantare’ non sono affatto trascurabili: l’adattamento o traduzione per l’esecuzione canora è un processo molto più complicato dell’altro, in quanto il traduttore è fortemente vincolato dalla base musicale. My Fair Lady è fitto di canzoni, scritte principalmente da Alan Jay Lerner e musicate da Frederick Loewe, e adattate in italiano in maniera egregia, sebbene con qualche sbavatura qua e là, ma soprattutto con parecchie perdite in termini di elementi linguistici e culturali specifici del Cockney, il socioletto parlato dalla protagonista.

Lo studio proposto da Angela Sileo ne mette in luce le tendenze principali ed è un punto di partenza per l’ultima monografia pubblicata dalla stessa autrice appena pochi mesi fa per la collana “Ricerca Continua” (UniversItalia Editrice) dal titolo «Doppiaggese»: verso la costruzione di un metodo. Qui è il linguaggio televisivo a essere analizzato in maniera prevalente, dato che esso ha un’influenza più forte rispetto a radio e cinema, in virtù della sua diffusione e continuità di azione. Il doppiaggio destinato al cinema, infatti, è meno attendibile come indice di un uso diffuso, mentre le soap opera o i serial hanno un’incidenza maggiore. È più facile, dunque, riscontrare nei dialoghi televisivi fenomeni di interferenza dall’inglese. Ebbene sì: non ce ne rendiamo conto la maggior parte delle volte, ma l’italiano che oggi parliamo, leggiamo o scriviamo è intriso di espressioni, modi di dire, strutture che non sono italiane, perché alcuni traduttori e dialoghisti (non tutti, questo va sottolineato) tendono a tradurre in italiano le battute originali portandosi dietro le regole e le formule tipiche dell’inglese. Noi spettatori (spesso passivi) le incameriamo, le ripetiamo nella conversazione, altri le ascoltano e le riutilizzano a loro volta e così tendiamo a dire:

“E poi ho realizzato che era tardi e sono scappata via senza salutare” invece di “E poi ho capito che era tardi …”.

Avviso ai lettori: “realizzare” è un verbo che il latino ha dato in prestito all’inglese e poi quest’ultimo ce lo ha restituito, arricchito di un significato nuovo, che a noi era estraneo, quello di “capire, rendersi conto (di qualcosa)”. Noi oggi usiamo questo verbo in un modo e con un significato innaturale per l’italiano, e ciò accade con una serie cospicua di parole, costrutti e intere frasi, analizzati nel dettaglio dall’autrice di «Doppiaggese»: verso la costruzione di un metodo. Se volete saperne di più e iniziare a essere davvero consapevoli di quello che sta accadendo alla lingua italiana oggi, vi segnaliamo la presentazione del volume, che si terrà presso l’Università di Tor Vergata in Roma, lunedì 8 ottobre 2018, alle ore 10 (edificio B, piano II, sala riunioni), con la partecipazione di Daniela Altomonte, dialoghista-adattatrice per la TV e per il cinema di grande fama ed esperienza. Per ulteriori informazioni, potete visitare la pagina Facebook.

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