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Taxidrivers Magazine

Paolo Fazzini racconta Mad in Italy

Viaggio alla scoperta del cinema indipendente di genere. Rubrica a cura di Luca Ruocco

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Continuiamo a parlare di Mad in Italy, il primo lungometraggio del regista Paolo Fazzini presentato in anteprima durante l’ultima edizione del Fantafestival di Roma, lo scorso giugno. Dopo la recensione della scorsa settimana, che trovate a questo link, chiudiamo il capitolo con una breve intervista fatta all’autore.

[Luca Ruocco]: Come nasce il progetto “Mad in Italy”?

[Paolo Fazzini]: Sentivo l’urgenza di girare qualcosa che riuscisse a raccontare, attraverso una storia, la realtà che ci troviamo a vivere. Per diversi anni ho lavorato come autore di prodotti televisivi incentrati su casi di omicidio, sia italiani che internazionali, e facendo delle ricerche mi sono imbattuto in alcune notizie di cronaca che mi hanno colpito: dalla scomparsa della ragazza, alla vicenda della polizia corrotta, fino ai moltissimi episodi verificatisi in tempi di crisi economica. Ho tentato di fonderli insieme in una sceneggiatura, e nulla di quello contenuto nel film è inventato.

La sceneggiatura del film è ispirata a fatti realmente accaduti e questa volta è vero… cioè non è una trovata pubblicitaria, come spesso accade…

[LR]: Hai scelto di esordire al lungometraggio utilizzando l’abito del film di genere thriller-horror, mettendo però l’accento più importante nella descrizione di uno momento sociale difficile e riconoscibile…

[PF]: Con Mad in Italy, il mio obiettivo principale non era quello di realizzare un film horror. Volevo fare un film diverso, che seguisse le storie che vengono raccontate senza porsi troppo il problema di rispettare certi stili e certi ritmi tipici del genere horror. E ci tenevo  al fatto che il film fosse dichiaratamente italiano, molto riconoscibile  [l’auto del protagonista, i testi delle canzoni, i vestiti… sono tutti made in Italy], allo stesso tempo mi interessava che le vicende vissute dal protagonista fossero fruibili anche da uno spettatore straniero. Non è difficile per qualsiasi persona occidentale riconoscersi nelle vicende che vive il protagonista: vicende di corruzione, di crisi economica, di disoccupazione… Da un punto di vista commerciale poteva essere rischioso imprimere questa forte impronta italiana, ma è un rischio che ci è piaciuto correre.

 

[LR]: Molto personale è l’uso che, all’interno del film, fai delle location. Questa continua alternanza tra l’incubotica dimora sperduta nelle campagne marchigiane, e i momenti paesaggistici, che sembrano voler distogliere l’attenzione dall’atmosfera thrilling; mostrare un macro-cosmo all’interno del quale il micro-cosmo di Davide e della sua preda sembra perdersi, riesce a diventare invisibile…

[PF]: La casa dove vive il protagonista è la location più importante del film… è stato molto difficile trovarla…ho fatto sopralluoghi in molte abitazioni della zona, ma non riuscivo a trovare l’abitazione giusta… la sua casa non è soltanto un luogo, ma diventava praticamente concretizzazione della mente di Davide, una metafora del suo stato mentale, è il suo luogo più sicuro in cui rifugiarsi ma è anche una delle cause della sua crescente paranoia che lo condurrà al delirio, al rapimento… Per quanto riguarda le location esterne, abbiamo dedicato una cura particolare alle riprese dei paesaggi, delle colline. Il paesaggio creava questo contrasto tra l’apparente tranquillità e bellezza delle campagne, e i deliri e la corruzione che si consumano negli interni delle abitazioni. Con il direttore della fotografia, Mirco Sgarzi abbiamo voluto associare agli stati d’animo dei personaggi delle tonalità di colore diverso.

[LR]: Hai avuto modo di prendere parte al film collettivo “P.O.E. – Poetry of Eerie”, che ha raccolto molti registi indipendenti italiani sotto lo stesso tetto filmico. Ma qual è, più in generale, magari dal punto di vista di spettatore, il tuo rapporto con il nostri cinem indie?

[PF]: Nel panorama indipendente mi piacerebbe vedere dei film imperfetti, difettosi, a basso budget, con mezzi ridottissimi, ma che sappiano offrire qualcosa di originale, bizzarro, personale. Trovo inutile affrontare l’enorme sforzo di realizzare un film indipendente se poi si ripropongono stili e formule già enormemente sfruttati da altri registi. Da un film indipendente io mi aspetto che mi sorprenda, non che mi presenti per l’ennesima volta cose che ho già visto decine di volte altrove.

[LR]: Hai già trovato qualche canale distributivo per “Mad in Italy”?

[PF]: Sì, la distribuzione americana Elite [etichetta di cult come La notte dei morti viventi, Re-Animator e Non violentate Jennifer] curerà l’uscita in home video, fra pochi mesi, e si occuperà di vendere Mad in Italy alle tv internazionali.

 

Luca Ruocco

 

 

 

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