Apocalisse ai tropici è il nuovo film di Petra Costa, candidato agli Oscar 2026 per la categoria miglior documentario. La regista fornisce uno spaccato sconvolgente e ben raccontato del panorama politico brasiliano.
Apocalisse ai tropici è disponibile per la visione su Netflix.
Apocalisse ai tropici: un racconto elegante e coinvolgente
Petra Costa racconta la storia del suo paese trasformandola in una narrazione incalzante e ricca di pathos, senza rinunciare a una sapiente eleganza visiva.
Nelle inquadrature, lo spazio viene raccontato con lunghi e brevi movimenti della macchina da presa, e le onde del mare vengono risemantizzate come un sipario naturale che svela il palco su cui si svolge la narrazione di Apocalisse ai tropici: il Brasile.
Petra Costa, inoltre, rende Apocalisse ai tropici un racconto multiforme, composto da materiale di repertorio, riprese sul campo, e numerosi rimandi simbolici.
Il simbolismo di Apocalisse ai tropici
in Apocalisse ai tropici Petra Costa descrive il Brasile come un paese isolato, e questo isolamento trova un suo posto nel racconto per immagini.
Un uovo dipinto in un affresco è ciò che apre il documentario e lo accompagna, diventando una metafora descrittiva della realtà dinamica di un intero paese.
In Apocalisse ai tropici, il colore bianco viene associato al divino e alla purezza del bene. Questo simbolo così semplice, però, viene messo in scena in modo da far andare altrove la sua possibile interpretazione.
Un bianco brillante ed intenso si trova alla fine di un tunnel che la macchina da presa ripercorre a ritroso. Questo basta per dire che la religione intesa come salvezza spirituale si sta irrimediabilmente trasformando in qualcos’altro, man a mano che gli eventi si susseguono.
Una giustizia distorta
Così come un uovo diventa una metafora che racchiude l’intero paese, in Apocalisse ai tropici anche dei frammenti messi a fuoco e ricercati con un lento incedere della macchina da presa sono connotati da un significato ben più profondo. In queste scene dalla potenza disarmante, lo spettatore osserva non soltanto i frammenti di un luogo nello spazio, ma di un modo di fare politica che cade sotto il peso del fanatismo religioso.
In Apocalisse ai tropici, Petra Costa racconta come l’irrazionalità e il fanatismo possano alterare la stessa idea di giustizia. La regista riesce a cogliere anche questa orribile verità con un sapiente stratagemma simbolico: un dettaglio sulla testa capovolta di una scultura raffigurante la dea bendata della giustizia. La regista condensa in una sola e potente inquadratura un dramma giuridico e sociale.
La musica in Apocalisse ai tropici
Lo sguardo di Petra Costa sulla realtà viene accompagnato anche da un ottimo commento musicale.
Un evangelico diventa giudice della corte suprema, e la regista aggiunge a quest’evento degli archi in sottofondo. Le frequenti tensioni ricercate dalla melodia, e la tonalità minore del brano contrastano con la gioia degli altri fedeli evangelici. La regista porta l’attenzione sull’evidente anomalia politica che tutti sembrano ignorare. Sotto gli occhi dei cittadini, infatti, la democrazia brasiliana sta degenerando in un “dominionismo”.
Ogni manifestazione di fede che trascende la normale devozione viene evidenziata dalla regista con uno stratagemma musicale che allinea lo spettatore al suo punto di vista.
Quando però la lotta torna di nuovo aperta fra due diverse idee di religione, una pura e semplice guida spirituale opposta a uno strumento che controlla e manipola le masse, la regia camaleontica di Petra Costa diventa quella di un film drammatico.
Le lunghe note degli archi amplificano la tensione assieme ai primi e primissimi piani sui volti della folla.

Testimonianze dal forte impatto
Petra Costa sa bene quando ricorrere alla massima potenza dei suoi mezzi espressivi, ma sa anche quando non farlo.
Ad un certo punto di Apocalisse ai tropici, la regista lascia parlare una sostenitrice di Jair Bolsonaro, l’ex presidente brasiliano di estrema destra condannato al carcere per aver tentato un colpo di stato a fine 2022. Attraverso le parole della testimone lo spettatore vede con i propri occhi le conseguenze e la pericolosità di una propaganda che usa la religione come strumento. Marco Venditti, nel suo documentario Stop Killing Our Women, aveva fatto una cosa simile.
Il paragone fra queste due opere è del tutto naturale, perché entrambe raccontano storie in cui credenze irrazionali distorcono la realtà. I rispettivi registi, a volte, mostrano le conseguenze di questa distorsione con una crudezza e un realismo disturbanti nella loro semplicità.
Un grande film da una grande regista
Apocalisse ai tropici è un documentario elegante, ben curato e dal forte impatto emotivo, in cui Petra Costa racconta il lato oscuro di un paese dando prova, al contempo, di essere una grande regista.