Sceglie la forma del biopic in costume Lucrecia Martel che, dopo aver diretto lavori drammatici come La Cienaga e La mujer sin cabeza, torna alla regia con il suo nuovo lavoro dal titolo Zama.
La pellicola è stata presentata nella sezione Fuori Concorso della 74esima edizione della Mostra Cinematografica di Venezia, proiettata alla fine di una lunga e ricca prima giornata che nelle diverse sezioni ha già visto la presenza di nomi altisonanti come Friedkin, Payne e Schrader.
Tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Di Benedetto, pubblicato nel 1956, il film è ambientato nel diciassettesimo secolo e narra le vicissitudini dell’ufficiale Don Diego De Zama, che nato in Argentina, per ordine della Corona Spagnola viene esiliato in Paraguay, dove lontano dalla moglie e dai figli con i quali non riesce a comunicare e dai quali non riceve né conforto, né particolare interesse, anela a una lettera che decreti finalmente il sospirato trasferimento a Buenos Aires. Un’attesa infinita e mai esitata in appagamento del suo desiderio, la cui frustrazione è il perno intorno al quale ruotano i due terzi abbondanti del film, durante i quali la cineasta argentina, a dire il vero, si dilunga eccessivamente, probabilmente per tener fede al romanzo, mettendo in scena una narrazione particolarmente dilatata, quantomeno nella prima parte, che in realtà avrebbe potuto esprimersi in un tempo decisamente inferiore, con un esito più efficace e mantenendo più alto l’interesse dello spettatore. Mancanza questa che risulta essere doppiamente inficiante un film peraltro ben rappresentato e evidentemente curato, in quanto oltre a renderlo nella prima ora e un quarto non esattamente avvincente e discretamente faticoso da seguire, lascia poco spazio alla seconda parte della narrazione che, al contrario, si risolve tutta in poco più di mezz’ora, nella quale si concentrano le vicende più sostanziose e rilevanti, quelle che danno un tono e una personalità più decisa al lavoro della Martel. Ci si riferisce in modo particolare alla partecipazione dell’ufficiale De Zama alla missione di ricerca di un bandito, alla quale prende parte con lo scopo di attirare ancora una volta l’attenzione di chi può decidere del suo rientro a casa, e ancora al suo imbattersi insieme ai suoi compagni di viaggio in un gruppo di violenti indigeni che, nel poco tempo in cui si manifestano, conferiscono letteralmente colore alla vicenda, dandole vitalità e suscitando maggiore trasporto. Entrambi gli eventi sono rappresentati in modo forse un po’ troppo veloce e sbrigativo nell’ultima parte del film.
Per la realizzazione di Zama è stato utilizzato un budget di 3,2 milioni dollari, una cifra piuttosto alta rispetto alla media degli altri film connazionali, motivo per il quale, insieme all’essere basato sul lavoro di quello che viene considerato uno dei maggiori esponenti della letteratura latina moderna, il film era particolarmente atteso in Argentina.
Realizzato con la partecipazione di diverse nazioni, quali Francia, Spagna, Stati Uniti, Zama non ha potuto concorrere a Cannes perché annovera tra i maggiori produttori Pedro Almodovar, che quest’anno era presidente della Giuria del festival francese.