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Un poker Sinister tra mogli apparentemente perfette, inquietanti misteri e la balena bianca Moby Dick

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Nel 2004 il commediante Frank Oz ne ha curato un rifacimento in chiave decisamente più leggera tramite La donna perfetta interpretato da Nicole Kidman, ma, in realtà, tratto da un libro di Ira Levin, sfoggia un clima generale che – soprattutto durante la fase conclusiva immersa nella pioggia incessante – rasenta l’horror La fabbrica delle mogli, diretto ventinove anni prima da Bryan Forbes.

Infatti, con la Katharine Ross de Il laureato nei panni della Joanna che, affiancata dal marito Walter alias PeterL’esorcistaMasterson, decide di trasferirsi a Stepford, cittadina del Connecticut, ha inizio un’esperienza facilmente accomunabile ad una variazione maschilista e anticonsumistica di quella vissuta dai protagonisti del super classico della fantascienza L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel.

Perché, mentre tutto appare inizialmente idilliaco e perfetto, la rivelazione del fatto le donne locali – sempre disponibili ai doveri domestici – non siano altro che androidi con cui i propri compagni hanno sostituito le originali per essere sempre serviti e riveriti non lascia emergerne altro che il tessuto di critica sociale.

Critica sociale relativa agli allora nascenti fermenti di matrice femminista con disappunto da parte degli uomini; al servizio di un’originale operazione che, seguìta tra gli anni Ottanta e Novanta dalle continuazioni per il piccolo schermo Revenge of the Stepford wives, The Stepford children e The Stepford husbands, è Sinister Film a rendere finalmente disponibile su supporto digitale, corredato di trailer quale contenuto extra.

La stessa Sinister che, a proposito di vecchie vicende femminili intrise di orrore, recupera dal dimenticatoio anche I diabolici – restaurato in alta definizione da negativo trentacinque millimetri e accompagnato da trailer e galleria fotografica – e L’altro corpo di Anny, dei quali soltanto quest’ultimo girato a colori.

Realizzato nel 1955 dal francese Henri-Georges Clouzot cui si devono, tra gli altri, Vite vendute e La prigioniera, il primo favorisce una spietata analisi della ferocia che può nascondersi nello spirito umano partendo da un romanzo di Pierre Boileau e Thomas Narcejac per raccontare il diabolico piano attuato dall’insegnante Nicole e da Christina, rispettivamente con i volti di Simone Signoret e Véra Clouzot.

L’una amante del Michel Delassalle che, incarnato da Paul Meurisse, dirige in modo autoritario il collegio fondato con il denaro dell’altra, ovvero la moglie, inizialmente rivali finiscono per allearsi contro di lui attirandolo in un tranello, per poi ucciderlo simulando un incidente nella piscina della struttura.

Senza immaginare, però, che le cose comincino a complicarsi non poco dal momento in cui il corpo senza vita scompare misteriosamente facendo sprofondare la perfida consorte in un vortice di terrore dovuto al senso di colpa tipico dei migliori meccanismi narrativi hitchcockiani; fino allo spiazzante ed innovativo epilogo di un vero e proprio capolavoro della tensione su celluloide d’oltralpe che ha anche attirato nel 1996 l’attenzione di Jeremiah S. Chechik, il quale ne ha derivato il remake Diabolique con Sharon Stone, Chazz Palminteri e Isabelle Adjani.

Con al timone di regia il Peter Sykes successivamente occupatosi de La casa degli orrori nel parco e delle produzioni Hammer Rose rosse per il demonio e Una figlia per il diavolo, il secondo, datato 1971 e il cui titolo originale – da non confondere con l’omonimo lungometraggio con Klaus Kinski – è Venom, provvede invece a fondere la tradizione del sovrannaturale gotico con le tematiche delle mutazioni e degli esperimenti proibiti prendendo il via dalla figura dell’agente Paul Greville dalle fattezze del televisivo Simon Brent, impegnato a far luce su un traffico illegale di opere d’arte.

Indagini che, seguendo un labile indizio, lo conducono in un paese di montagna nei pressi di una segheria oggetto di sinistre dicerie; in particolar modo a causa della presenza della inquietante ragazza Anny cui concede anima e corpo Neda Arneric, attrice jugoslava dalla lunga carriera (Il colpo grosso del marsigliese di Pierre Grasset e Shaft e i mercanti di schiavi di John Guillermin nella filmografia) divenuta anche parlamentare in Serbia.

Del resto, con la bella fotografia per mano di Peter Jessop ad impreziosire ulteriormente i suggestivi paesaggi che fanno da scenografia, non solo si viene a scoprire che il proprietario della segheria Huber alias Gerard Heinz è un ex scienziato nazista, ma – mettendo a dura prova gli spettatori sofferenti di aracnofobia – anche che ha sperimentato farmaci ottenuti utilizzando il veleno dei ragni e che, in un impeto di gelosia, nel tentativo di eliminare la moglie ha finito solo per renderla eternamente giovane.

Ma, restaurandolo in HD e presentandolo per la prima volta nel suo originale aspect ratio 1.66:1, Sinister propone su dvd – con trailer e galleria fotografica nella sezione riservata ai contenuti speciali – anche l’intramontabile Moby Dick – La balena bianca, trasposizione cinematografica della popolarissima opera letteraria di Herman Melville messa in piedi dal maestro della Settima arte John Huston nel 1956, anno in cui il National Board of Review of Motion Pictures lo inserì nella lista dei dieci migliori film dell’anno.

Trasposizione vantante un cammeo del mostro sacro delle immagini in movimento Orson Welles e in cui il futuro vincitore del premio Oscar Gregory Peck – per il quale l’ambita statuetta arrivò grazie a Il buio oltre la siepe di Robert Mulligan, di sei anni più tardi – ci regala un indimenticabile capitano Achab preso ad ingaggiare l’equipaggio della baleniera Pequod nella forsennata caccia all’inafferrabile, gigantesco cetaceo che gli fece perdere una gamba in uno scontro avvenuto in passato.

La forsennata caccia ad un vero e proprio mostro dei mari che, in fin dei conti, altro non vuole essere che una allegorica rappresentazione del Dio cui l’essere umano va continuamente alla ricerca con l’intenzione di confrontarvisi (e le inevitabili conseguenze)… nel corso di circa un’ora e cinquanta di coinvolgente e curatissima visione trasudante abbondantemente teatralità e che, ovviamente, mira a costruire la lunga attesa per far approdare l’insieme allo spettacolare scontro finale tra le onde impazzite.

All’insegna del grande cinema che, a quanto pare, solo un tempo i cineasti erano realmente in grado di concepire.

Francesco Lomuscio

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