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‘La nascita di una nazione’: il controverso film di Griffith senza il quale non esisterebbe il cinema moderno

La guerra civile americana raccontata in un film che ha fatto la storia cambiando per sempre il cinema.

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Verso la metà degli anni Dieci, l’industria cinematografica americana, passata ufficialmente dal cortometraggio al lungometraggio, è in forte espansione e alla ricerca di nuovi registi. Anche lo stile ha bisogno di rinnovarsi: le lunghe inquadrature fisse e i paesaggi esotici cominciavano ad annoiare il pubblico, che all’epoca, per seguire un film, aveva addirittura bisogno di un narratore in sala che spiegasse la storia. Quello che mancava al cinema era una narrazione, una storia con un protagonista, buoni contro cattivi.

A rivoluzionare la grammatica del cinema, in termini di stile, contenuti e lunghezza, è proprio David Wark Griffith. Il regista statunitense è passato alla storia come il padre del cinema narrativo, per aver introdotto diverse tecniche fondamentali tipiche del linguaggio cinematografico moderno. Queste innovazioni, tra cui il montaggio alternato o l’uso di primi piani espressivi per coinvolgere lo spettatore, sono racchiuse nel suo capolavoro del 1915, La nascita di una nazione.

L’epopea americana di Nascita di una nazione

The Birth of a Nation racconta l’epica storia della guerra civile americana incentrata su due famiglie amiche che si trovano divise tra gli opposti schieramenti del conflitto. Un pezzo di Storia si intreccia con le drammatiche vicende degli Stoneman e dei Cameron, appartenenti alle due diverse fazioni del Nord e del Sud. In seguito all’omicidio del presidente Lincoln, ha inizio una fase di disordini e soprusi perpetuati dai neri verso i bianchi, ai quale pone termine niente di meno che il Ku Klux Klan, alla cui fondazione partecipa attivamente Ben Cameron. Nel frattempo, Austin Stoneman, leader della Camera dei Rappresentanti, porta avanti una campagna anti-abolizionista.

Ben deve vendicare la morte di sua sorella Flora per mano del soldato nero Gus e porre fine alle minacce del mulatto Lynch, intenzionato a sposare con la forza Elisie Stoneman, di cui Ben è perdutamente innamorato. Dopo un’epica cavalcata, l’esercito del KKK riesce (ironicamente) a riportare l’ordine e la serenità e la nascita della nazione americana è suggellata dal matrimonio tra Ben ed Elise, che simboleggia la ritrovata amicizie tra le due famiglie.

La nascita di una nazione racconta una vicenda paradossale e ideologicamente sbagliata, che affonda le sue radici nella cultura sudista americana dell’epoca, caratterizzata da un prepotente razzismo. Dal punto di vista cinematografico, Griffith riesce comunque a creare un intenso melodramma, intrecciando sapientemente storia collettiva e vicende individuali con soluzioni narrative geniali ed efficaci.

La narrazione moderna

A conferire un carattere leggendario al film di Griffith sono molteplici fattori. Gli alti costi di produzione, l’eccezionale durata superiore a tre ore e le rivolte sociali che hanno portato al sequestro del film per ben 120 volte sono solo alcuni dei motivi che rendono unico La nascita di una nazione.

Dopo decenni di storie brevi incentrate sulla spettacolarità delle immagini, per la prima volta nella storia del cinema siamo di fronte a una narrazione lunga, complessa e su vasta scala. Il racconto è dinamico e lo spettatore è totalmente immerso nella storia, dai commoventi ed espressivi primi piani dei volti alle grandiose scene di battaglia. Basti pensare che nella scena del salvataggio finale, Griffith ha l’idea di montare la macchina da presa su un’automobile per riprendere frontalmente la poderosa cavalcata del KKK, di un impatto davvero significativo.

La narrazione è un continuo intreccio. Il regista ricorre a diversi particolari simbolici ed emblematici come significati di vicende più grandi. È il caso dei pacifici cani e gatti del vecchio Cameron che diventano aggressivi quando si inaspriscono i divari tra le due famiglie.

Il montaggio hollywoodiano

Quello che rende davvero speciale il film è però il montaggio. Alternando situazioni che si svolgono contemporaneamente in spazi diversi, Griffith riesce a mobilitare il punto di vista dello spettatore, invitandolo a partecipare direttamente alle vicende e condividendo l’angoscia e il pericolo dei personaggi. L’ultima parte del film mostra la padronanza tecnica del regista, in un montaggio che alterna il casolare dove sono nascosti i Cameron, l’esterno occupato dai soldati della milizia nera e l’avvicinamento a cavallo del KKK.

La nascita di una nazione decreta così il passaggio a un montaggio cinematografico narrativo o “classico” che lega le inquadrature in maniera invisibile, secondo criteri logici e di continuità. Attraverso la tecnica narrativa, il montaggio e l’approfondimento psicologico dei personaggi, The Birth of a Nation apre le porte al racconto hollywoodiano classico. Il film, seppur nella sua importanza storica all’interno del cinema, rimane però un’opera controversa per i temi trattati, consegnando ai posteri l’irrisolto problema dell’ideologia razzista impossibile da ignorare.

 

 

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