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‘Emily in Paris 5’ un viaggio solo estetico

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Dopo 4 stagioni ambientate per le strade di Parigi, Emily Cooper trasferisce completamente storie sentimentali  ed ambizioni. Nel quinto capitolo di Emily in Paris ritroviamo la protagonista nel Belpaese, in viaggio tra Roma e Venezia.

In esclusiva su Netflix  questo nuovo capitolo è composto da 10 episodi.

Emily in Paris 5 trama ufficiale e cast

Ormai alla guida dell’Agence Grateau a Roma, Emily, Lily Collins, si trova ad affrontare difficoltà sia professionali che sentimentali, mentre cerca di adattarsi alla vita nella capitale. Ma proprio quando tutto sembra andare per il meglio, un’idea imprenditoriale non ha l’esito sperato e la sua vita e la sua carriera subiscono pesanti conseguenze. In cerca di stabilità, Emily si lascia andare allo stile di vita francese, ma un grande segreto minaccia una persona a lei cara. Dopo aver affrontato il conflitto con decisione, Emily scopre legami più profondi, una rinnovata chiarezza e la consapevolezza nell’accogliere nuove opportunità.

Tornano Philippine Leroy-Beaulieu (Sylvie), Ashley Park (Mindy), Lucas Bravo (Gabriel) e Lucien Laviscount (Alfie). E i colleghi Bruno Gouery (Luc) e Samuel Arnold (Julien).

Dalla quarta stagione tornano Marcello Muratori, il fidanzato italiano di Emily interpretato da Eugenio Franceschini , e Raoul Bova, nei panni di Giancarlo, un affascinante regista pubblicitario che intreccia una relazione con Sylvie. Tornano  anche Anna Galiena nei panni della mamma di Marcello, e Violante Placido, a capo del gruppo Fendi.

Tra le new entry internazionali  convince Minnie Driver nei panni della Principessa Jane, un’amica stravagante di Sylvie a Roma e sua ex complice di avventure. Michèle Laroque interpreta Yvette, ex nemica di Sylvie a Parigi che riappare su Instagram. Le due donne ricompongono la loro vecchia faida e Yvette incoraggia la relazione extraconiugale di Sylvie con un uomo più giovane. Jonathan Cake è Thomas Heatherton, un miliardario britannico che collabora con l’Agence Grateau per l’inaugurazione stampa del suo primo hotel parigino. E poi c’è Bryan Greenberg alias Jake, un affascinante funzionario del Midwest che Emily incontra in un bar parigino .

 

Emily in Paris 5: l’evoluzione di Emily

Sono passati 5 anni dal debutto della creatura di Darren Star.  Emily in Paris ci aveva colpito piacevolmente con i suoi dialoghi brillanti, le sue scenografie colorate  e i costumi chic. La serie ci aveva divertiti e rassicurati, regalandoci  ore di fittizia libertà in mezzo al dramma del covid.

Oggi cosa è rimasto di quella fresca ed intelligente serie tv? Emily la ritroviamo sicuramente più evoluta, sicura di sé, sempre circondata da drammi amorosi e forse meno infantile nelle relazioni , anche professionali.  Il sodalizio lavorativo con  Silvie si è evoluto  diventando un rapporto d’amicizia vero e proprio con una sorta di passaggio di consegne dalla maestra all’alunna.

Per quattro stagioni Sylvie ha tenuto le distanze, con Emily. Nella quinta  si mette al centro l’evoluzione di questo rapporto. Sylvie, costretta per la prima volta a confrontarsi con il fallimento, perde la sua abituale posizione di superiorità: resta tagliente e caustica, ma sceglie di fidarsi del team, soprattutto di Emily. Questo cambiamento la porta a delegare, a prendersi spazio fuori dal lavoro e a riflettere sul proprio futuro.

Il percorso di crescita di Emily – da Parigi a Roma, fino a Venezia nel finale di stagione – nasce proprio da questo legame fatto di contrasti e specchi: Sylvie rivede in Emily la donna che era, mentre Emily vede in Sylvie ciò che vorrebbe diventare. Da qui nasce quella che resta la storia sentimentale più riuscita della serie  e forse l’unico frammezzo contenutistico interessante di questa stagione.

Cartoline da Roma

Roma diventa il nuovo baricentro narrativo e visivo della stagione. Emily assume la guida dell’ufficio italiano e trova una nuova stabilità emotiva accanto a Marcello Muratori, erede di un impero della moda. La Capitale viene però raccontata attraverso una fotografia troppo patinata e un montaggio che la trasforma in uno scenario sospeso, coerente con lo sguardo troppo ingenuo e meravigliato della protagonista. Proprio questa scelta estetica finisce per amplificare uno dei limiti più evidenti della stagione: il ricorso insistito a stereotipi italiani, tra romanticismo esasperato, lusso artigianale, famiglia tradizionale e un’idea di italianità da cartolina, più vicina all’immaginario turistico che alla realtà contemporanea.

La sensazione costante è quella di un fastidioso e ripetitivo deja vu non certo alleviato da dialoghi a volte imbarazzanti in quanto a luoghi comuni , e situazioni, anche personali,  spesso liquidate in poche scene e in modo troppo frettoloso e inconsistente.

Cosa non funziona

Sul piano narrativo, la quinta stagione conferma la tendenza alla ripetizione che caratterizza da sempre Emily in Paris. Gli snodi dei dieci episodi seguono schemi ormai troppo collaudati: Emily si mette nei guai con un cliente, viene ironizzata dai colleghi Luc e Julien, trova una soluzione in extremis; Sylvie si infuria salvo poi riconoscere i suoi errori.

Mindy resta una presenza costante, chiamata ancora una volta a sostenere Emily nei momenti di crisi. Proprio la sottotrama di Mindy, tra ambizioni artistiche e nuove  complicazioni sentimentali , continua a oscillare tra potenziale emotivo e funzione solo decorativa, spesso utilizzata come intermezzo musicale più che come arco narrativo realmente sviluppato. Dal primo vero scontro tra le due amiche (non ne anticipiamo il motivo) sarebbe potuto nascere un qualcosa di diverso che si evolve però solo a metà.

Anche il fronte sentimentale di Emily si muove su coordinate prevedibili. Dopo il lungo tira e molla con Gabriel, qui relegato purtroppo a un ruolo marginale ( nonostante il carisma del personaggio), la protagonista approda ad una relazione costruita su fastidiosi clichè, un legame  simbolico che rafforza l’idea dell’Italia come rifugio romantico e salvifico, tutta buon cibo e  feste di lusso.

Il risultato è una stagione elegante e visivamente curata, ma narrativamente vuota. Emily in Paris continua a funzionare come intrattenimento leggero e riconoscibile, consapevole dei propri stereotipi e poco incline a mettersi davvero in discussione. Una comfort series troppo confort che preferisce reiterare formule facili e prevedibili piuttosto che rischiare un  rinnovamento, lasciando aperta la domanda se una eventuale sesta stagione – al momento non annunciata – saprà finalmente uscire dalla zona : “Non l’avevamo già visto?”.

Guarda Emily in Paris | Sito ufficiale Netflix

Emily in Paris  un nuovo triangolo amoroso tra Roma e Venezia

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