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‘The Seeding’: un’esordio horror imperfetto ma con carisma

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Vedendo The Seeding, sembra di tornare indietro e di rivedere il periodo del cinema horror segnato da opere come Le colline hanno gli occhi e Non aprite quella porta: film caratterizzati da ambientazioni desertiche, aride e spietate, dove a dominare la scena erano famiglie deformi, gruppi inquietanti e comunità che nascondevano qualcosa di losco e macabro. Opere crude, viscerali, capaci di mettere lo spettatore in uno stato di costante disagio.

The Seeding: un’eredità da portare avanti

The Seeding, esordio nel lungometraggio di Barnaby Clay dopo una carriera nei videoclip, sembra voler raccogliere proprio quell’eredità lasciata da Wes Craven e Tobe Hooper, attualizzandola con una visione personale.

La storia è ambientata in un deserto statunitense filmato come un territorio ostile e aridissimo. Il protagonista, durante un’escursione fotografica, si perde dopo aver assistito a un’eclissi e finisce intrappolato in un cratere naturale. Qui trova una donna che vive da tempo in quello spazio angusto. Inizialmente sembra un rifugio costruito per sfuggire alla società, per poi rivelarsi l’unica barriera che la separa da un gruppo di persone, completamente senza controllo.

The Seeding

Mix di generi, stesso terrore

The Seeding funziona come un vero e proprio “prison movie” a cielo aperto: le sbarre sono sostituite dalle pareti impenetrabili del canyon e, al posto delle guardie, c’è un gruppo di giovani affamati di violenza e divertimento. È una prigione naturale in cui l’uomo, pur immerso nella natura, si sente soffocato, incapace di rielaborare ciò che lo circonda.

Con l’avanzare del racconto, Clay abbandona il realismo iniziale per sconfinare nel folk horror, evocando atmosfere che rimandano a The Wicked Man. Gli spazi si restringono, il corpo del protagonista si deteriora, le allucinazioni aumentano a dismisura: tutto diventa una discesa nella follia.

The Seeding: siamo esseri “liberi”?

A un certo punto The Seeding pone la domanda centrale: cosa significa essere liberi? Siamo davvero padroni del nostro libero arbitrio o la nostra libertà è stata barattata per un semplice conforto quotidiano, un “cheeseburger” (chi vedrà il film capirà)? Il confronto con i “selvaggi” del canyon rende il quesito ancora più inquietante: loro sono primitivi, privi di razionalità e, in un certo senso, più liberi di noi.

Sono tornati allo stato brado, uomini quasi neandertaliani spinti dai propri istinti, ma risultano più coerenti con l’ambiente in cui vivono rispetto al protagonista, che invece non riesce a comprendere, né ad accettare, la situazione in cui è precipitato.

Il buio dell’umanità

L’elemento dell’eclissi, che compare all’inizio e alla fine dell’opera, simbolo del buio, sembra riportare alla luce l’orrore nascosto del nostro mondo. Il corpo si lacera, la mente si spezza e il protagonista si avvicina sempre più alla perdita dell’identità. Il deserto, nella tradizione cinematografica, è spesso luogo di smarrimento e dissipazione, e qui diventa un personaggio a sé: uno spazio arido che consuma ogni traccia di umanità.

The Seeding: un’ottimo biglietto da visita

L’esordio di Barnaby Clay non è privo di ingenuità da opera prima: qualche eccesso di sceneggiatura si avverte, alcuni passaggi non vengono approfonditi quanto potrebbero e il finale potrebbe far storcere il naso a più di uno spettatore. Tuttavia, il risultato è convincente, perché The Seeding è un horror vecchia scuola, disturbante e atmosferico, che funziona come un ottimo biglietto da visita per un regista da tenere d’occhio.

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