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‘Animalia’: intervista al regista Rocco Anelli
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5 giorni agoon
Nel panorama del cinema indipendente italiano continuano a emergere progetti che interrogano il presente attraverso forme libere, ibride e profondamente autoriali.
ANIMALIA si inserisce in questo contesto come un progetto che dialoga liberamente con il mito e con l’immaginario contemporaneo, costruendo un racconto simbolico e aperto, capace di riflettere sulle tensioni del presente attraverso un linguaggio evocativo e originale.
Il progetto è prodotto da Intermezzo Srl, giovane casa di produzione nata con l’idea di creare uno spazio “dagli artisti per gli artisti”, capace di accompagnare opere indipendenti lungo tutte le fasi del loro percorso, dalla creazione alla diffusione, mantenendo al centro la visione degli autori.
Per approfondire la genesi di ANIMALIA e il lavoro che Intermezzo sta portando avanti nel panorama audiovisivo italiano, Rocco Anelli , regista e produttore, si è raccontato in questa intervista.
Rocco Anelli
Come nasce l’idea di questo corto?
L’idea di ANIMALIA è un miscuglio di tante idee, di tante sensazioni molto “antiche” per me. Il film si rifà alla tradizione del dramma satiresco dell’antica Grecia e, essendo io pugliese, pensavo che sarebbe stato bello realizzare un’opera che omaggiasse questo genere. C’era poi l’idea degli animali, del misticismo, e quindi il pensiero è andato anche alla nostra terra: questi grandi campi, a volte brulli, a volte pieni di macchia mediterranea. Almeno in Puglia, i miei ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza sono legati a paesaggi meravigliosi, però sempre macchiati, intaccati dalla presenza delle fabbriche.
Questo è diventato lo scenario immaginifico del corto e, da lì, è nata poco a poco l’idea di questi uomini che si trasformano. Un’altra leggenda che mi ha influenzato è quella barese delle streghe pugliesi, che si cospargevano di olio per trasformarsi in animali. ANIMALIA è stato mettere insieme tutti questi elementi: il dramma satiresco, il paesaggio intaccato dalle fabbriche, le streghe che si trasformano in animali. Unendo tutti questi punti è nato il corto.
Le tematiche affrontate
Nel corto si parla di streghe del Sud, di industrializzazione che avvelena la natura, di fabbriche. Sul piano personale e culturale, perché hai deciso di affrontare queste tematiche?
Io ho un rapporto molto stretto con la natura. Le mie estati sono sempre state una sorta di ritiro spirituale nel Salento. Succede spesso, sia sui social che accendendo la televisione, che l’ansia per il cambiamento climatico e per l’inarrestabile industrializzazione del mondo sia sempre presente, e questa cosa ha iniziato a inquietarmi parecchio.
Pur essendomi trasferito da tanti anni a Roma, dove ho sperimentato la vita della città, ho percepito forti differenze rispetto alla vita di provincia. Questa inquietudine è cresciuta dentro di me e per questo ho deciso di concentrarmi su una tematica del genere. Non volevo fare un corto che puntasse il dito: ho voluto affrontare il tema secondo il mio stile, ma è diventato qualcosa di molto importante per me.
E la sfumatura queer che hai aggiunto?
ANIMALIA è un esperimento un po’ strano. Quando l’ho scritto non avevo molta intenzione di raccontare due personaggi queer. Poi, facendo le prove con i due attori e raccogliendo le loro opinioni, entrambi mi dicevano che i personaggi erano attratti l’uno dall’altro. Sono rimasto un po’ sconvolto, perché questa cosa non era scritta in sceneggiatura.
Ci ho riflettuto molto e, in fase di riprese e di montaggio, più che un’idea di queer intesa come semplice attrazione tra due uomini, siamo andati ad astrarre il concetto. È vero che questi uomini sono attratti l’uno dall’altro, anche grazie all’interpretazione dei protagonisti Luca e Giacomo, ma è un’attrazione più profonda, non solo corporea: è una scoperta del corpo e quindi una scoperta reciproca di sé.
La scelta del bianco e nero
La scelta del bianco e nero, interrotto da inserti a colori, è molto forte. Come hai concepito questa grammatica visiva?
Fin dall’inizio ne ho parlato con Marco Ranieri, il direttore della fotografia. Io lo volevo fortemente in bianco e nero, perché ne sono un grande fan, sia in fotografia che nel cinema. Quando immaginavo ANIMALIA, me lo sono sempre visto così. Allo stesso tempo, però, dicevo a Marco che c’erano alcune immagini che non riuscivo a immaginare in bianco e nero.
Lui mi ha detto, con grande semplicità, che il film non doveva per forza essere tutto in bianco e nero. Abbiamo iniziato a indagare il motivo e la risposta è stata che quei momenti erano epifanici, momenti di magia. È lì che il colore entra in gioco, come se la vista del protagonista e del mondo si arricchisse: il colore diventa simbolo di scoperta.
Hai girato anche con animali veri. Perché questa scelta?
C’è stata molta cura per gli animali. Io li amo profondamente e la scelta di girare con animali veri è stata particolare e anche azzardata. Ogni giorno era bellissimo, perché gli addestratori ci portavano i loro animali sul set.
Per me e per gli attori è stato un privilegio incredibile poter girare inquadrature con animali reali, senza dover pensare alla post-produzione. Questa intuizione è nata grazie alla nostra organizzatrice generale Roberta Ugenti e a tutta la squadra di produzione e regia.
Gli effetti speciali
Nel corto sono presenti anche molti effetti speciali. È una scelta nata in fase di scrittura o successivamente?
È stata una scelta presa già in pre-produzione. Durante i sopralluoghi abbiamo scelto luoghi che non avevano fabbriche, ma fin da subito io volevo delle fabbriche gigantesche, quasi come torri o castelli. Ovviamente fabbriche del genere non esistono. Per sottolineare questa metafora visiva eravamo preparati: abbiamo lavorato sugli storyboard delle scene chiave e, quando abbiamo iniziato a girare, avevamo già una squadra di VFX che ci assisteva. La loro presenza è stata fondamentale.
Ci sono artisti o film che ti hanno influenzato nella costruzione dell’estetica di Animalia?
Sicuramente Robert Eggers con The Lighthouse: è impossibile non citarlo, soprattutto per il bianco e nero e per il formato. Restando sul bianco e nero, Rocco e i suoi fratelli è per me uno dei film più belli del cinema italiano. E poi Deserto Rosso di Antonioni, con quelle straordinarie immagini delle fabbriche: anche quello è stato un riferimento importante.
Dopo ANIMALIA, stai già lavorando a un nuovo progetto?
Sì. Dopo ANIMALIA, con Intermezzo — la mia casa di produzione — abbiamo girato un nuovo corto che si intitola Dittico Estivo. È girato in Super 8: un vero salto sulla pellicola, una scelta mia, fortemente voluta. Ho lavorato di nuovo con Marco Ranieri e abbiamo scelto il Super 8 perché il film racconta due storie estive, una di un ragazzo polacco e una di un ragazzo italo-senegalese che si incontrano. È una storia di integrazione, ma non solo. Secondo me il Super 8 restituisce perfettamente quell’atmosfera estiva italiana.
Intermezzo
Intermezzo è la tua casa di produzione. Come nasce?
Intermezzo nasce proprio con ANIMALIA. Ho portato il progetto in giro per cercare una produzione, ma devo essere sincero: non ho ricevuto molte risposte positive. Così, parlando con Enrico Acciani e Roberta Ugenti — miei collaboratori e presto anche soci — abbiamo deciso di creare una nostra casa di produzione.
È stata una sorta di effetto a cascata: oltre al mio corto abbiamo prodotto Sette settimane di Enrico Acciani e poi non ci siamo più fermati. Il nostro motto è “dagli artisti per gli artisti”, perché siamo registi e lavoriamo nel mondo del cinema. La casa di produzione è nata proprio dalle difficoltà che incontrano tutti i registi e sceneggiatori emergenti.
Intermezzo alla festa del cinema di Roma
Qual è la visione di Intermezzo nel panorama delle produzioni indipendenti italiane?
Vogliamo essere la voce di quei corti che spesso non si ha il coraggio — o la volontà — di produrre. Idee originali che faticano a trovare spazio. Credo fortemente che il cinema debba rappresentare la società in cui viviamo oggi, che è meravigliosamente diversa. Vedere sempre gli stessi prodotti a volte mi lascia sconsolato. Intermezzo vuole offrire questa rappresentazione davanti e dietro la camera: storie di donne, di persone queer, non come lotta sociale, ma perché crediamo negli artisti veri. È così che vogliamo posizionarci nel panorama italiano.
Animalia a Villa degli autori a Venezia
In che modo Intermezzo supporta i giovani talenti, dalla scrittura alla distribuzione?
Siamo attrezzati per seguire un progetto dalla fase di sviluppo fino alla distribuzione. I nostri corti sono stati distribuiti da alcune delle principali realtà italiane, come Premiere e Pathos Distribution. Io ed Enrico siamo sceneggiatori, abbiamo vinto diversi bandi e possiamo aiutare anche in fase di scrittura, pur senza imporre modifiche. In fase di realizzazione ci appoggiamo ai bandi, ma se non vengono vinti cerchiamo fondi privati. Quando prendo un corto, anche se non ho ancora i soldi, non importa: li troveremo. Se prendo un progetto è perché ci credo profondamente.