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‘Nonostante le cicatrici’: sopravvivere a un trauma

Cercare di riscoprire la propria integrità e riappropriarsi del proprio corpo

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Il film Nonostante le cicatrici (Despite the scars) di Felix Rier, regista altoatesino, è uscito nel 2025. È un documentario che propone un racconto delicato sul tema della violenza legando il footage del regista e i pezzi del video-diario di Thea Malfertheiner, protagonista del film. Senza mostrare mai delle immagini troppo feroci, Rier presenta una storia intima e disturbante, mescolando lo sguardo obiettivo da regista con quello empatico da amico. Nonostante le cicatrici risulta una testimonianza consapevole e rispettosa verso la protagonista ma anche verso tutte le vittime di violenza sessuale.

Nel buio del trauma

Iniziato con i rumori della città, il film passa ai messaggi vocali che Thea manda a un amico subito dopo lo stupro. Disperata, corre a casa a fare la doccia per togliersi di dosso il terrore di ciò che le è accaduto. È il suo amico a rispondere subito: “È importante preservare le prove”. Per quanto dolorose e umilianti possano essere, è importante avviare il procedimento giudiziario. Questa prima parte del film è completamente diegetica: ascoltiamo i vocali guardando lo schermo nero. Perché ciò che è successo rappresenta il buio, da cui non sembra esserci uscita e salvezza. Rier tornerà a questa mossa ancora una volta, sempre per nascondere Thea dal suo racconto sullo stupro in conversazione con lo psicologo.

La profondità delle ferite in seguito alla violenza sessuale ha generato in Thea delle nevrosi a lungo termine. Dopo quattro anni dallo stupro lei sta ancora rimettendo insieme i pezzi di sé. Durante la sessione di terapia conferma che ciò che le viene in mente, quando ci pensa, è una reazione fisica più che un’immagine. Non ricorda più i volti, né l’atto proprio, ma la sensazione terribile di aver perso se stessa. La stanno seguendo gli incubi più oscuri: “A volte arrivo a sognare persone che conosco, persone importanti per me, […] che mi violentano nei sogni”. Quando le capita di entrare in ospedale ricorda l’esperienza dolorosa dell’esame medico di quella volta. 

“Ho provato di tutto finché non ho sentito più nulla perché mi sono vista morire. Ma ne parlo apertamente perché non dobbiamo tacere su ciò che conta”.

La danza come cura

Ciò che Thea aveva cercato per tanto tempo – scappare in qualche modo dal suo corpo, dalla sua vita – non l’ha aiutata a ritrovare la sua corporeità. Il lungo percorso di guarigione lo affronta attraverso la danza: Thea è ballerina professionista che dà lezioni di gruppo e individuali. Tramite le coreografie impara e insegna alle donne a percepire la propria tattilità e indirizzare la paura.

“Sperimenta con l’idea di cadere. E cerca di capire quali opzioni riesci a trovare per riprenderti da questa caduta”, sono le parole che dice a un’alunna. È ciò che fa lei stessa da tanti anni: trasforma il trauma in passi di danza per non sprofondare in quest’abisso che rischia di espandersi se lei non lo controlla.

La fisicità sembra un aspetto molto astratto, però facile da perdere e difficile da riscoprire. Tramite la danza, ma anche con l’aiuto delle persone che le stanno accanto, Thea ricostruisce la sua integrità. Il supporto inestimabile del compagno Thiago, la presenza del cane Mandinga, le conversazioni con Felix Rier, caro amico di infanzia, permettono a Thea di ritrovare un equilibrio. Con la nascita del figlio Monan, Thea conferma di essere diventata più sicura di sé, anche se alcune zone del suo corpo, come il collo, sono ancora particolarmente sensibili. Il sostegno morale che sta ricevendo non solo la aiuta a vivere in tranquillità, ma le dà la forza anche per partecipare alle manifestazioni per i diritti delle donne e condividere la sua storia davanti alla camera da presa.

Nella conclusione in cui Thea si rivolge alla sé del passato, a questa Thea che ha appena vissuto la tragedia, pronuncia distintamente:

“Sono ancora viva, sono libera”.

Lo fa per sé e per tutte le donne vittime di violenza. Il messaggio che con tanta delicatezza trasmettono Rier come regista e Thea come protagonista: è impossibile eliminare le cicatrici, ma con il dovuto supporto, pazienza e accettazione è possibile guarire le ferite, trasformare il dolore e ottenere la pace interiore.

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