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‘Paul a Mayerling – Un ritratto’: e un omaggio a Paul Vecchiali

“Per me andare al cinema è conoscere”: Paul Vecchiali

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Paul a Mayerling: un ritratto (titolo internazionale Paul in Mayerling, a portraitè) è presentato nell’edizione 2025 del MedFilm Festival di Roma nella sezione Proiezioni speciali, dopo la sua apparizione alla sessantunesima Mostra Internazionale del Festival di Pesaro. Il regista, Antonio Pettinelli, che è anche sceneggiatore e produttore, ha curato fotografia e montaggio, in un lavoro durato a lungo negli anni.

Paul a Mayerling – Un ritratto: trama e struttura del film

Vecchiali è ripreso sul set di uno dei suoi ultimi film e in un’intervista dello stesso Pettinelli.. E tredici anni dopo, mentre guarda se stesso in video e commenta cosa diceva allora. Piange quando Hèléne Surgére, la sua prima attrice, morta nel 2011, parla di lui, delle tante condivisioni negli anni, ma anche della consapevolezza di doverle interrompere per crescere. Si commuove di fronte all’immagine di sé, del passato che lo vede in salute. Anziano, sì, ma ancora affascinante. Ora (nel 2023) è stanco e ammalato, con tutti i segni dell’età che non perdona. Sembra fragile e più a contatto con le emozioni profonde.

 

Foto ufficiale di Paul Vecchiali tratta da Filmitalia

Sono i momenti migliori, e più autentici del documentario. Che mantiene sempre comunque il tono della spontaneità e il ritmo della vita.

Paul a Mayerling – Un ritratto. Dialoghi tra Paul e Antonio

Paul: ho pianto tutta la sera. Non su di me, ma sulla morte del cinema.

Antonio: Paul, il cinema, come tutto e tutti, cambia. Non muore

Le due battute di dialogo appaiono su schermo nero all’inizio del film e catturano subito la nostra attenzione. Ce ne saranno altre, come questa:

Paul: il cinema che desidero è MORTO.

Antonio: Credo che tu abbia fatto, e che tu faccia, il cinema che desideri. O ti riferisci di nuovo a quello commerciale?

Paul: Non sto parlando del cinema “commerciale”. Quello lo rispetto perché non mente. Sto parlando del falso cinema d’autore.

Paul Vecchiali: il rapporto con il cinema e con se stesso

E ancora….

Paul: fare un film è come buttare una bottiglia in mare. In ogni bottiglia c’è un universo, che è la traccia di una serie di istanti condivisi con la troupe, gli attori, il regista, lo sceneggiatore o gli sceneggiatori. Perché è l’istante che funziona sulla scena…..

Vorremmo che fossero e durassero di più i momenti in cui Paul Vecchiali parla in video ad Antonio Pettinelli, a noi, e a lui stesso tredici anni dopo. Ci piacerebbe stare di più con le sue riflessioni sul cinema, perché ciascuna apre un mondo intero. Come quella iniziale in cui afferma di non avere mai creato nulla, ma di aver trasformato tutto ciò che gli si presentava, per rielaborarlo sempre al servizio delle storie e dei personaggi. Una mescolanza avvincente di umiltà e sapienza.

La Mayerling del titolo

I momenti più sinceri del documentario sono quelli in cui si parla di Mayerling: rievocazione  dell’infanzia e luogo rassicurante del presente. Il film si apre proprio con un ricordo, bellissimo. Paul Vecchiali ha sei anni quando su una rivista vede il viso di Danielle Darrieux, l’attrice di Mayerling di Anatole Litvak. Ne rimane talmente incantato da decidere di voler fare cinema per incontrarla. Profezia che si avvererà, grazie alla sua determinazione, tanto da riuscire davvero a girare un film con lei.

Mayerling è poi il nome della casa acquistata nel 1989, che accoglie l’intera troupe durante la lavorazione di un film e diventa addirittura unico, possibile, set. Un ritiro assoluto, che protegge, approfondisce e amplifica l’impegno di tutti, nel coinvolgimento totale di sé e nelle relazioni. Vecchiali è conosciuto per la rapidità delle riprese (pochi giorni per un film, un’unica giornata per l’ultimo, Bonjour, la langue, poco prima di morire). Realizzabili solo con la partecipazione di un gruppo che si fa famiglia.

La casa di Mayerling ha una pianta circolare come il movimento della macchina da presa, e come volevano essere la vita e il cinema di Vecchiali, fatti di tantissimi stimoli che richiedevano prepotentemente di essere ascoltati. “Quasi in maniera bulimica”, afferma un suo collaboratore. Ma a cui dare forma, coerenza, perché diventino narrazioni.

Paul Vecchiali: foto tratta dalla pagina web dalla Mostra Internazionale del Festival di Pesaro

Impianto del documentario

Anche il documentario di Pettinelli si muove in una direzione che garantisce l’armonia. Intanto, con il confronto tra Vecchiali sul video e un Vecchiali ancora più anziano, di cui dicevamo. Che torna molto spesso, quasi a scandirne il ritmo. Poi, con la citazione di Mayerling all’inizio, ripresa nelle ultime scene: destino, ma anche ricordo della sua prima seduzione per il cinema. “Un ritorno all’infanzia, all’innocenza”, dice lo stesso Paul commentando la scelta della casa.

Nel lavoro di Pettinelli, ci lasciamo condurre dall’equilibrio tra le testimonianze individuali e il racconto complessivo e dalla fluidità, che per noi è il pregio migliore di un documentario. Infatti, i frequenti titoli dei paragrafi aggiungono, anziché fare da stacco tra gli aspetti del film, e si fermano quando il ritratto di Paul Vecchiali è dipinto fino all’ultima pennellata.

“Per me andare al cinema è conoscere”: Paul Vecchiali

In una delle sue ultime battute, Vecchiali dice che lavoriamo per gli altri, per chi verrà dopo di noi. Un po’ come ha affermato Riccardo Bertolucci: “Ricorderemo il mondo attraverso il cinema”. Poi, da buon francese, Vecchiali aggiunge che se non sarà così: N’est pas grave.

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