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‘1001 Frames’: ‘Le mille e una notte’ ai giorni nostri

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In uno scarno teatro di posa, un famoso regista cinematografico che non compare mai in volto (interpretato da Mohammad Aghebati, a sua volta noto regista teatrale iraniano) fa sfilare davanti alla macchina da presa alcune giovani attrici per porre loro delle domande. Si tratta di un provino per l’assegnazione della parte di Sherazade in un film adattamento de ‘Le mille e una notte’. Ma forse quel che cerca l’uomo è tutt’altro.

1001 Frames. Una storia tra potere e relazioni di genere

È un racconto all’insegna della cruda essenzialità, 1001 Frames (2025), lungometraggio dell’iraniana Mehrnoush Alia – presentato in anteprima italiana alla XV edizione del FrontDoc di Aosta -, che con uno sguardo dal taglio documentaristico prende le mosse dal contesto del mondo dello spettacolo per analizzare le dinamiche del potere e degli abusi a esso collegati.

Ne scaturisce un intenso spaccato dai tratti inquietanti, in cui manipolazione e violenza segnano drammaticamente le relazioni di genere. Un argomento non nuovo per Mehrnoush Alia, autrice sensibile alle tematiche legate al potere e all’identità culturale, che già nel 2015 aveva affrontato l’argomento con Scheherazade, corto del quale 1001 Frames può definirsi come una sorta di espansione. Un approfondimento reso ancor più urgente dalla nascita del movimento #MeToo e dalle problematiche da questo denunciate.

Una narrazione in crescendo

Quel che colpisce in 1001 Frames non è soltanto la sua forza immersiva, ma anche l’abilità nel porsi come racconto al confine tra realtà e finzione. Una storia d’impostazione minimalista in cui Alia, ricorrendo all’uso della camera fissa puntata sulle espressioni delle protagoniste, lascia che la narrazione proceda attraverso un lento ma inesorabile crescendo.

La regista gioca sullo straniamento delle aspiranti Sherazade e dello stesso spettatore organizzando una sorta di thriller psicologico che avanza in un clima di tensione sempre più palpabile. Non pone immediatamente la platea dinanzi alla verità, ma fa in modo che quest’ultima emerga a poco a poco, disseminando qua e là tracce destinate a trasformarsi in elementi rivelatori.

È così che le richieste del tirannico protagonista si trasformano in avances, le avances in minacce, e le minacce in coercizione.

Passo dopo passo, il dubbio si trasforma in certezza. Eppure nulla viene concesso al franamento nell’accondiscendenza o nella sottomissione. Perché al clima di oppressione e prevaricazione, le giovani attrici reagiscono da donne consapevoli di sé e della propria dignità, opponendo ai voleri del maschio despota e sessista una ferma ma decisa ribellione. La stessa che riguarda un’ex moglie del regista, la quale gli rinfaccia di averle impedito per molti anni di fare carriera come attrice.

Si tratta del segno di una awareness che investe anche le generazioni precedenti e che pone un inevitabile parallelo tra 1001 Frames e l’opera a cui questo è ispirato.

Il parallelo tra 1001 Frames e ‘Le mille e una notte’

Perché se la Sherazade de ‘Le mille e una notte’ scampava alla morte per mano del feroce re Sahrigar grazie alla sua capacità di raccontare storie ispirate dalla propria fantasia, le moderne Sherazade di 1001 Frames si salvano dall’odierno Sahrigar ricorrendo al piano di realtà, affermando la loro identità, contrastando quei retaggi che le vorrebbero obbedienti e silenziose.

Resistenza per resistenza, tornano alla mente le innumerevoli donne oppresse, coloro che – come le spose assassinate dallo stesso Sahrigar ne ‘Le mille e una notte’ – hanno subito e ancora subiscono la violenza e la prepotenza maschile.

Un omaggio dal respiro universale

È a costoro che Mehrnoush Alia sembra rendere omaggio attraverso l’azione resistente delle sue protagoniste. Un’azione che forse non può cancellare i torti subiti, ma che in ogni caso vuol rendere loro giustizia e dignità.

Il tutto, all’interno di un quadro in cui la sostanziale assenza di caratterizzazione della scenografia e l’ineffabile presenza di un protagonista maschile che solo di rado appare di spalle, contribuiscono a proiettare la storia in una dimensione simbolica e universale. Come a dire che, senza volto né luogo, quel che accade qui può avvenire ovunque e per mano di chiunque.

Insomma, Mehrnoush Alia sembra palare chiaro: in 1001 Frames è la subcultura patriarcale tutta ad andare tristemente in scena.

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