Medfilm Festival

‘Collar’: il conflitto tra libertà e tradizione nel cuore di Teheran

Delicato e potente. In concorso al MedFilm Festival 2025

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Ambientato nella Teheran contemporanea, Collar racconta una giornata cruciale nella vita di Raha, una giovane studentessa universitaria appartenente alla Generazione Z iraniana. Vive da sola, indipendente e pienamente immersa in una quotidianità che riflette i suoi valori moderni. Accanto a lei c’è Melody, il suo adorato cane, considerato da Raha una vera e propria figlia, simbolo d’amore e libertà.

Una mattina, la sua routine viene improvvisamente interrotta da un messaggio vocale della madre: le comunica che sta per arrivare a Teheran. Per una famiglia legata a valori tradizionali e religiosi che considera i cani “impuri”, la presenza di un animale in casa è un gesto inconcepibile. Così, in un crescendo di ansia e tensione, Raha tenta disperatamente di nascondere la sua “bambina” prima che la madre varchi la soglia di casa.

Tuttavia, ciò che nasce come una situazione pratica si trasforma rapidamente in un dramma emotivo e simbolico. Raha è costretta a confrontarsi con le proprie radici, con il peso del giudizio e con il dilemma di dover scegliere tra l’amore e la libertà personale. In questo senso, il “collare” del titolo assume una duplice valenza: rappresenta tanto il vincolo affettivo quanto la costrizione sociale, il limite invisibile tra ciò che siamo e ciò che la società ci impone di essere.

Collar, un respiro sospeso: l’ingresso nel mondo di Raha

Il cortometraggio Collar, in concorso al MedFilm Festival per il Concorso Cortometraggi, si presenta come un’opera breve ma potente. Pouyan Ramezanpour, operando su tempi ridotti, riesce a costruire un’atmosfera densa e meditativa. Fin dall’avvio, siamo invitati in un contesto che suggerisce più che mostrare, dove l’apparenza quotidiana lascia spazio a tensioni latenti. Questo approccio risulta particolarmente efficace quando lo spettatore viene lasciato a interrogarsi sulle pieghe nascoste della scena, piuttosto che a trovare risposte immediate.

Una scrittura di gesti e silenzi

La sceneggiatura di Collar opta per una struttura essenziale, in cui gli eventi non si susseguono con ritmo frenetico, ma si accumulano attraverso gesti, silenzi e attese. In questo modo, la narrazione diventa più che la somma delle singole sequenze, diviene un’esperienza.
Ramezanpour evita la sovraesposizione dei temi e predilige una logica di allusione, per cui lo spettatore è chiamato a partecipare attivamente al senso del racconto. Se ciò comporta un rischio – ovvero quello di risultare criptico per chi predilige una trama più lineare – è anche vero che la scelta appare coerente con la volontà del regista di mettere in primo piano l’interiorità e la tensione silenziosa dei personaggi.

Aspetto visivo e regia

Dal punto di vista estetico, Collar brilla per l’uso attento dello spazio, della luce e del suono. La regia di Pouyan Ramezanpour è sobria ma precisa. Predilige campi stretti, ambienti domestici che si dilatano nel silenzio, chiaroscuri che rendono tangibile l’inquietudine interiore di Raha.

Il montaggio, mai invadente, permette alle inquadrature di respirare, lasciando allo spettatore il tempo di percepire ogni sfumatura. Così, anche la casa – apparentemente un rifugio – si trasforma progressivamente in una prigione simbolica, dove il rumore di un passo o di un respiro può scatenare la paura.

Ramezanpour mostra di saper orchestrare un linguaggio visivo raffinato, in cui ogni movimento di macchina, ogni dettaglio, è funzionale a un discorso più ampio sul controllo, la libertà e l’identità femminile in una società che le limita.

Simboli di un’identità contesa

Il cuore pulsante di Collar risiede nella sua dimensione metaforica. Il cane Melody non è solo un animale da nascondere, ma diventa il simbolo stesso della libertà individuale di Raha – un’affermazione silenziosa del diritto di amare, scegliere e vivere senza paura del giudizio.

La madre, al contrario, incarna la voce del dovere, della tradizione e della paura del cambiamento. Il loro incontro, o meglio la sua attesa, genera una tensione che si muove tutta sul piano emotivo e culturale.

Il titolo Collar (collare) assume così una potenza simbolica notevole: rappresenta il legame affettivo ma anche il vincolo sociale, ciò che trattiene e protegge al tempo stesso. Ramezanpour lascia volutamente aperta la riflessione, suggerendo che a volte l’amore può diventare una forma di prigionia, e che la libertà, per essere reale, deve necessariamente passare attraverso la paura di perderla.

L’arte dell’interpretazione

Le interpretazioni sostengono con forza la delicatezza del racconto. L’attrice protagonista, in particolare, riesce a trasmettere un’intera gamma di emozioni senza ricorrere a un linguaggio verbale esplicito. I suoi sguardi, gesti e pause bastano a comunicare la tensione interiore e il conflitto invisibile che attraversa il film.

La relazione tra Raha e Melody è costruita con una naturalezza toccante, mai retorica. Il legame che emerge sullo schermo è intimo e autentico, e il pubblico non può che immedesimarsi nel dilemma della protagonista.

Ramezanpour dimostra un’attenzione particolare alla direzione degli attori, evitando l’enfasi e puntando sulla verità dei momenti. In questo equilibrio silenzioso tra ciò che si vede e ciò che si sente, il film trova la sua forza emotiva più grande.

Criticità

Pur riconoscendo i numerosi punti di forza, è giusto evidenziare alcune criticità. Il ritmo, volutamente dilatato, potrebbe risultare difficile per chi preferisce un andamento più tradizionale o dinamico. Inoltre, la scelta di mantenere una narrazione simbolica lascia inevitabilmente alcune domande sospese.

Tuttavia, questi aspetti fanno parte della poetica di Ramezanpour. Il suo intento non è spiegare, ma suggerire, lasciando allo spettatore la libertà di completare il significato del film. In fondo, Collar è un’opera che vive di silenzi, di gesti e di vuoti, più che di parole.

Oltre il collare: un sussurro che resta

In definitiva, Collar di Pouyan Ramezanpour è un cortometraggio di grande sensibilità, che affronta con eleganza e misura temi complessi come la libertà femminile, il peso delle tradizioni e il conflitto tra generazioni.

Attraverso la storia di Raha e Melody, il film riesce a parlare di un’intera società in trasformazione, in cui il desiderio di emancipazione si scontra quotidianamente con le regole del passato.

La delicatezza della regia, l’intensità delle interpretazioni e la forza simbolica della storia rendono Collar un’opera che resta impressa per la sua onestà e umanità. È un film che non alza la voce, ma lascia un’eco profonda, come un sussurro che continua a risuonare dopo i titoli di coda

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