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‘Il Maestro’: Favino “Questo personaggio mi assomiglia più di quanto si immagini”

Campi da tennis e sogni infranti, in sala dal 13 novembre

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Dopo L’ultima notte d’amore, Pierfrancesco Favino torna a collaborare con Andrea Di Stefano. Questa volta il regista cambia registro e firma un lungometraggio che si discosta dal ritmo serrato e dall’atmosfera thriller del suo precedente lavoro, per abbracciare una commedia sul tennis ambientata negli anni ’80.

Un film intenso e toccante che trasforma la sconfitta in una lezione di vita, raccontando la storia di un ex tennista che ha perso tutto e di un giovane soffocato dalle aspettative del padre: due anime fragili che scoprono, sulla propria pelle, che il talento da solo non basta per raggiungere la felicità. 

L’attore interpreta Raul Gatti, ex tennista professionista la cui carriera è stata compromessa dall’amore per la vita sregolata, che ha prevalso sul genio sportivo. Gatti è diventato allenatore di Felice, giovane promessa del tennis interpretata da Tiziano Menichelli.

Il film uscirà nelle sale italiane dal 13 novembre distribuito da Vision Distribution

La genesi del film: un’idea nata nel 2006

Durante la conferenza stampa tenutasi il 5 novembre, il regista e l’attore hanno rilasciato alcune dichiarazioni.

Andrea Di Stefano ha raccontato la lunga genesi del progetto: “Era la prima sceneggiatura che ho scritto, negli anni è sempre stata lì. Sono andato a fare film di genere, ma questo è stato il mio primo istinto”.

Il regista aggiunge: “Quando eravamo in viaggio durante la promozione de L’ultima notte d’amore, pensavamo entrambi cosa avremmo fatto in futuro  e avevamo voglia di metterci in difficoltà. Pierfrancesco aveva un desiderio di perdersi dentro un ruolo e avevamo tutti e due voglia di esplorare delle atmosfere un po’ più malinconiche delle nostre vite. Ho colto in un momento un suo sguardo e ho pensato che forse Raul Gatti avesse trovato vita”.

Un Favino più istintivo e vulnerabile

Di Stefano sottolinea inoltre l’approccio dell’attore sul set: “Pierfrancesco non si preparava nel senso che non voleva prevedere. Arrivava con un bagaglio di fragilità che lasciava vivere davanti alla macchina da presa, e quella è stata la cosa estremamente sorprendente”.

Riflettendo su Raul Gatti, Pierfrancesco Favino ha spiegato: “Io sono molto felice del fatto che questo personaggio non sia un vincente e che Andrea mi abbia dato la possibilità, attraverso questo personaggio, di dimostrare dei colori diversi rispetto a quelli che ho potuto usare fino adesso”.

L’attore aggiunge: “Questo è un personaggio che mi appartiene molto perché io non penso di essere un vincente. Mi interessa invece guardare il mio mestiere con la sfida di poter cercare e trovare anche nuove soluzioni. Io credo che questo personaggio, dal punto di vista del mio mestiere, mi abbia dato l’opportunità di dimostrare degli aspetti che in realtà mi assomigliano molto di più di quanto ci si possa immaginare”.

Pierfrancesco Favino

Il legame personale di Di Stefano con il tennis

Favino ha poi condiviso un aneddoto divertente: “Ho fatto vedere il film a un amico, che si chiama Adriano Panatta, che mi ha fatto tanti complimenti sul film. Mi ha detto che racconta il mondo del tennis meravigliosamente, «se non fosse per quella tua volée di rovescio con la padella» ”.

L’attore ha inoltre spiegato che il tennis è un elemento centrale nella pellicola perché riflette la vita del regista:

“Questa è la vita di Andrea, del suo rapporto con il tennis che ha veramente avuto, del suo maestro e le vicende che sono raccontate sono ispirate alla sua vicenda personale”.

Andrea Di Stefano e Tiziano Menichelli

Una commedia che trasforma la sconfitta in forza

Con Il Maestro Di Stefano e Favino consegnano al pubblico un’opera che va oltre il racconto sportivo, trasformando il tennis in una metafora potente della vita. Una storia che parla di sconfitte, cadute e seconde possibilità, dove la leggerezza della commedia si fonde con la profondità dei sentimenti umani.

Raul Gatti, con la sua umanità fragile e autentica, diventa il simbolo di chi ha conosciuto il fallimento ma trova nel contatto con l’altro la forza di rialzarsi. È un film che invita a guardarsi dentro, a riconoscere le proprie imperfezioni e ad accettare che non sempre vincere significa essere migliori degli altri.

Perché, come sul campo da tennis, anche nella vita la partita più importante si gioca contro se stessi. E a volte, perdere può essere l’unico modo per riscoprire chi siamo davvero.

 

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