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‘All’s Fair’ – In causa e in amore, tutto è glamour
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1 settimana agoon
Il nuovo legal drama di Ryan Murphy, intitolato All’s Fair, debutta oggi, 4 novembre, su Disney+, distribuito per il pubblico italiano all’interno del brand Hulu. Ancora una volta, il creatore dimostra un’incredibile capacità di firmare prodotti con un’impronta estetica e narrativa personalissima, pur spaziando con disinvoltura tra i generi. Lo aveva fatto solo poco tempo fa con l’intensità cruda e oscura di Monster, e ora si lancia nel mondo scintillante, ma feroce, delle avvocatesse divorziste di Los Angeles. Inoltre, la regia, curata in parte dall’autore e da Anthony Hemingway, garantisce fin dalla prima scena un ritmo serrato. Dunque, questa nuova produzione si preannuncia come un’altra tessera fondamentale nel mosaico del genio creativo Murphy, capace di trasformare ogni tema in puro evento televisivo.
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Diritto di famiglia, affari di stato
La narrazione in All’s Fair si sviluppa con intelligenza su due fronti distinti, tipici delle produzioni di Ryan Murphy. Da un lato, le imprescindibili trame di puntata, vere e proprie vetrine per casi di divorzio esplosivi e separazioni milionarie, ricche di scandali hollywoodiani che catturano l’attenzione immediata dello spettatore. Dall’altro, emerge una complessa trama a lungo termine e orizzontale, che non solo lega indissolubilmente le socie dello studio legale, ma ne esplora anche i passati turbolenti, i segreti e le ambizioni personali. Infatti i primi tre episodi, rilasciati in un blocco introduttivo, servono a delineare rapidamente le sfumature dei personaggi principali, stabilendo fin da subito il tono cinico e l’atmosfera iper-glamour della serie. Di conseguenza, l’attesa per l’episodio successivo cresce in modo esponenziale e calcolato. La scelta di distribuire la serie un episodio alla volta dopo il lancio iniziale crea un eccellente meccanismo di fidelizzazione nel pubblico moderno. Questo approccio alimenta il dibattito sui social e intensifica la voglia di scoprire come evolveranno le alleanze instabili e i profondi segreti personali. Inoltre, il terzo capitolo si conclude con un cliffhanger che lascia lo spettatore in uno stato di sospensione, attendendo con ansia il capitolo seguente.
L’armata delle legali: le dive che fanno la legge
Il cast schierato per questo legal drama è di altissimo livello, configurandosi come un autentico ensemble stellare in grado di sostenere il melodramma richiesto dal genere. L’icona Naomi Watts nei panni di Liberty Ronson, interpreta un pilastro dello studio caratterizzato da un umorismo affilato e una tenacia implacabile. La presenza autorevole di Glenn Close aggiunge un peso specifico inestimabile e un prestigio immediato all’intero gruppo di interpreti, elevando la qualità di ogni singola scena. A completare il triumvirato dello studio legale vi è l’intensa Dominique Jackson, che porta in scena un’ulteriore dimensione di potere femminile e resilienza. Il nome che più di tutti attira l’attenzione è quello di Kim Kardashian, nel ruolo dell’ambiziosa avvocatessa Allura Grant. Pur non essendo un’attrice di professione, regge il confronto con i grandi nomi, mostrando una sorprendente ambizione e una presenza scenica perfettamente adatte al suo personaggio. Tuttavia, è Sarah Paulson, qui in un ruolo chiaramente antagonista, a brillare in modo eccezionale, dimostrando una versatilità impareggiabile. Senza dubbio, la sua interpretazione è magnetica, la sua presenza è unica e la sua abilità nel rendere affascinante un personaggio spietato è, come sempre, sublime.
Estetica patinata e crudo cinismo
All’s Fair è prima di tutto un legal drama serrato. La sua narrazione, tuttavia, esonda, incorporando satira sociale affilata e un’esasperazione drammatica volutamente eccessiva. Lo stile è immediatamente, e inequivocabilmente, Ryan Murphy. È lussuoso fino all’eccesso. È audacemente melodrammatico e sempre impeccabilmente glam. La regia è dinamica, il ritmo serrato. Inoltre, una colonna sonora di prim’ordine esalta ogni scena. Le canzoni sono scelte con cura chirurgica, come l’uso magistrale di Lana Del Rey che chiude il terzo episodio con la sua malinconica Young and Beautiful, perfetta conclusione tematica. Tuttavia, la patina brillante e l’elemento grottesco non sminuiscono i temi serissimi. Parliamo ad esempio di violenza domestica, parliamo di classismo californiano. Al contrario, queste tematiche vengono affrontate con cinismo crudo, senza filtri. Questa è la cifra autoriale di Murphy. La serie sfrutta l’estetica esagerata per veicolare una critica pungente al sistema legale e alla cultura delle celebrità. L’equilibrio tra eccesso visivo e serietà dei contenuti è un punto di forza.
Il diritto come campo di battaglia femminista
Il cuore pulsante della serie risiede nella sua forte prospettiva femminista applicata al mondo del diritto. Lo studio legale, gestito interamente dalle protagoniste, non è solo un ufficio. Diventa piuttosto il simbolo di una contro-narrazione audace in un sistema professionale ancora troppo spesso dominato da figure maschili ingombranti. Dunque, All’s Fair esplora con spietata lucidità come le donne, per esercitare un potere reale e inattaccabile, debbano spesso adottare tattiche che replicano, o addirittura superano, la ferocia e l’implacabilità maschile. Le protagoniste non sono semplici vittime o ingenue paladine della giustizia. Sono donne complesse. Lottano quotidianamente per la loro autonomia economica e morale in un campo di battaglia dove i soldi e le passioni si scontrano in continuazione. Di fatto, questo fornisce un risvolto sociale acuto e pertinente sulla necessità di creare spazi propri. Pertanto, mette in luce le sfide uniche che la leadership femminile deve affrontare nel panorama professionale contemporaneo, armandosi di cinismo e glamour.
“All’s fair in love and war.”
In attesa del prossimo round
I primi tre episodi di All’s Fair offrono un inizio travolgente e intensissimo, stabilendo immediatamente le poste in gioco altissime, sia in tribunale che nelle dinamiche personali delle socie. Dopotutto, Ryan Murphy dimostra ancora una volta di saper costruire un prodotto seriale che avvince e stimola la riflessione, senza mai rinunciare al puro intrattenimento. La narrazione è veloce, i dialoghi sono scintillanti e i colpi di scena sono distribuiti con maestria, culminando con un terzo episodio che lascia tutto in sospeso. Pertanto, il cliffhanger finale ha l’effetto desiderato di incollare lo spettatore allo schermo e generare un’attesa quasi febbrile. Adesso, non resta che segnare la data del prossimo episodio sul calendario, ossia quella di martedì 11 novembre, pronti per il seguente round in aula.