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Film festival Diritti Umani Lugano

‘Letters From Wolf Street’: il respiro dell’Europa tra le strade di Varsavia

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Letters From Wolf Street

Letters From Wolf Street (Listy z Wilczej), documentario del regista indiano Arjun Talwar, è in concorso alla 12ª edizione del Film Festival Diritti Umani Lugano che si terrà dal 12 al 19 ottobre.  Arjun Talwar racconta in prima persona la vita della strada nella quale vive e che si trova al centro di Varsavia. Il documentario dipinge con una delicatezza a tratti commovente, i dettagli di ’Ulica Wilcza’ (Wolf Street). Una strada che si fa racconto di un popolo, quello polacco, e di culture, quelle dei foreigners.

Dalla Berlinale ai festival internazionali

Dopo la sua anteprima mondiale alla 75ª Berlinale (13-23 febbraio 2025), dove è stato presentato nella sezione Panorama Dokumente, Letters From Wolf Street di Arjun Talwar ha iniziato un percorso festivaliero di grande rilievo. Selezionato anche al prestigioso IDFA – International Documentary Film Festival Amsterdam, all’interno della sezione Best of Fests.

Il documentario è stato accolto con entusiasmo dalla critica per la sua delicatezza e per lo sguardo intimo con cui osserva la quotidianità urbana di Varsavia.

Letters From Wolf Street

Wilcza: una strada, una città, una nazione

Arjun Talwar è arrivato in Polonia da dieci anni. Wilcza è una strada in cui non succede molto, dove vivono principalmente anziani chiusi in loro stessi. La sua vicina di finestra, ogni mattina, scuote le lenzuola sul balcone, si guardano ma quando si incontrano, si comportano come sconosciuti. Il documentario parte da questo incipit e Talwar si chiede cosa pensino gli abitanti di quella via, se credano sia cambiata e come. Ma il cambiamento più radicale – e forse l’unico al quale danno davvero importanza – è l’arrivo di persone con un colore della pelle diverso, con una cultura diversa. Wilcza, in questo racconto, è Varsavia, la Polonia… è una persona con dei traumi, con una storia lunga e difficile.

I personaggi di ‘Letters From Wolf Street’: voci, incontri e appartenenze

Il regista attraversa il quartiere in compagnia di figure che incarnano la solitudine, la nostalgia e la speranza. C’è il postino, presenza rassicurante e custode dei legami di comunità; un esule siriano, che tenta di ricostruire la sua città natale creando una Damasco digitale; e un musicista rom che per la prima volta pronuncia con Talwar la parola rodzina (“famiglia”), suggellando un legame umano inatteso.
Tra gli incontri più significativi c’è anche Mo, una vecchia compagna di scuola di cinema, che riemerge dal passato del regista per aiutarlo a comprendere il senso più profondo di questo viaggio emotivo. Un  incontro del tutto casuale ma assolutamente necessario. Infatti, Mo lo aiuta a riconoscersi in qualcuno che gli assomiglia di più e con cui ha condiviso le esperienze precedenti all’arrivo in Polonia.

Letters From Wolf Street

Appartenenza, integrazione e senso di comunità

Il documentario si interroga quindi sul senso di appartenenza, sul paradosso che ogni popolo porta dentro di sé. Qual è il concetto di straniero? Cosa dovrebbe fare uno straniero per integrarsi? E soprattutto, perché Arjun Talwar continua a restare lì, su quella strada, a osservare e raccontare?
Le risposte emergono anche attraverso la figura di Adi, simbolo del prezzo pagato da chi non si sente mai pienamente parte di un luogo e al quale probabilmente è dedicato Letters From Wolf Street.

‘Letters From Wolf Street’: un ritratto dell’Europa di oggi

Letters From Wolf Street non si limita a raccontare un quartiere: è un viaggio dentro le pieghe dell’Europa di oggi, tra paure che tornano a galla, confini che si ridefiniscono e identità che faticano a riconoscersi. Arjun Talwar osserva tutto questo con lo sguardo di chi viene da fuori, ma sceglie di restare abbastanza vicino da coglierne le sfumature. Il suo è un cinema che ascolta prima di parlare, che si lascia attraversare dalle storie di chi non ha voce, dagli sguardi sfuggenti, dai silenzi che dicono più di mille parole. Con curiosità, ironia e una sincera vulnerabilità, Talwar mette a nudo le contraddizioni di una società che spesso dimentica la propria umanità, e ci pone una domanda che risuona a lungo dopo la visione: chi siamo, davvero, quando impariamo a contare gli uni sugli altri?