Soundscreen Film Festival

‘42nd Street’: la musica come anestetico per le strade di Capotillo

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José María Cabral, regista dominicano tra i più influenti della sua generazione, porta con 42nd Street uno sguardo diretto e senza filtri su Capotillo, quartiere della città di Santo Domingo. Cabral, primo regista dominicano selezionato dal Sundance Film Festival con Woodpeckers (2017), e autore di Jaque Mate (2011), arrivato quasi agli Oscar come miglior film straniero, costruisce un racconto che oscilla tra estetica curata e realtà brutale.

Il documentario è stato presentato al South by Southwest 2025 e al New York Latino Film Festival 2025, e si inserisce perfettamente nella tradizione di opere che osservano le comunità urbane attraverso la musica e la festa, in maniera abbastanza frammentata. Oggi, con l’anteprima europea, è in concorso al Soundscreen Film Festival, la competizione cinematografica che mette al centro la musica.

42 Street tra rave clandestini e microcosmo di violenza

Il cuore pulsante de La 42 prende forma nei teteo, rave clandestini nati durante la pandemia quando i giovani hanno cercato spazi alternativi di aggregazione. La festa diventa necessità, ribellione e rituale: musica dembow (un sottogenere più rapido del reaggaeton) a tutto volume, bassi che vibrano tra vicoli stretti e lamiere, corpi in un movimento continuo. Tuttavia i teteo convivono con la criminalità diffusa, abuso di droga e spaccio, piccole bande che lottano per il controllo dei vicoli, e persino le lotte clandestine tra polli, che qui assumono un significato più profondo: microcosmi di rivalità, violenza e gioco d’azzardo che riflettono tensioni sociali più ampie.

Il muro dei comandamenti

Al centro di tutto c’è Demetal, narratore, capo, produttore musicale e protettore della comunità. Distribuisce cibo ai bambini, ospita artisti come Ricardo Suazo e Tolo, organizza i teteo e media con Alberto Madero, politico, cercando di trovare equilibrio tra creatività, autonomia e pressione della legge. È a lui che si riferisce la polizia per gestire i disordini del quartiere.
Demetal incarna la leadership necessaria per tenere insieme un luogo dove il rispetto – al vertice del “muro dei comandamenti” – diventa regola suprema in un contesto che la società esterna percepisce solo come caos.

La vita quotidiana ne La 42 è un mosaico di contraddizioni. Natasha racconta di ballare anche con una lama in bocca, di esser andata virale sui social per questa sua capacità, ma la sua testimonianza non cancella la violenza, gli spari, lo spaccio di droga che permeano ogni vicolo. La polizia interviene come un’interruzione improvvisa, più simbolo di controllo esterno che forza ordinatrice, interrompendo i teteo, contrastando la musica e imponendo regole che la comunità stessa fatica a rispettare o a far rispettare dai conviventi.

La 42 vive, infatti, secondo leggi proprie, fondate su una catena umana di affidabilità più che sull’appartenenza territoriale o la legge esterna.

“Se vuoi appartenere a La 42 non devi esserci nato. Se produci musica e apprezzi la cultura, sei parte della comunità.”

L’inclusione non è automatica né simbolica: chi entra deve dimostrare adesione concreta all’arte e alla cultura che è nata lì, autoctona come erba spontanea, portatrice di un’identità collettiva che definisce la comunità. In questa logica, l’appartenenza diventa un atto di riconoscimento della storia culturale del quartiere, un impegno a preservare e continuare la sua eredità artistica.

Zurza: un’oasi di innocenza senza tempo

A metà dei 91′ Cabral trova qualche respiro nello specchio d’acqua naturale dove Ricardo si tuffa insieme ai bambini.

Questa è la famosa Hinita, ma noi la chiamiamo Zurza. Se vieni qui non puoi non visitare questo posto. Questa è la parte più profonda de La 42. Puoi chiedere, lo vedi come è felice la gente qui! Questo posto è La 42, questa è la vera tana del coniglio. Il miglior posto del quartiere, qui è dove sarai battezzato, questa è l’acqua santa de La 42.

dice un cicerone del barrio al giovane pittore, invitandolo a far parte della comunità, tuffandosi nelle pulite acque de La 42.

Segue una sequenza di fotografie in bianco e nero che restituisce un raro momento di innocenza e tregua. Al centro ci sono i bambini e giovani ragazzi che, spensierati, sembrano quasi voler prendere le distanze dal caos che abita il quartiere. Zurza è un luogo puro, per gli abitanti de La 42, un momento illibato e isolato rispetto al contesto generale, dove le feste clandestine, lo spaccio, le rapine e la prostituzione convivono senza soluzione di continuità.

Anche Prestige, artista e designer di moda, appare a Zurza, mentre gira un videoclip, contribuendo a mostrare la creatività come forma di resistenza. Il film però non approfondisce quanto questa libertà sia fragile, pagata con continui compromessi, conflitti e rinunce all’integrità personale, come sacrifici su ambizioni ormai mutilate.

Una comunità in stallo

Il documentario funziona soprattutto come esperienza visiva: la fotografia è potente, di certo non essenziale, ma resta lucida e pulita. Il ritmo alterna frenesia collettiva a momenti contemplativi, la musica e i teteo dominano la percezione dello spettatore, che quasi canticchia il fondo sonoro per tutta la durata del film. Ma sotto la superficie estetica, Cabral tende a semplificare la complessità sociale: le dinamiche dello spaccio, la povertà, la salute precaria, gli scontri, la pressione della polizia restano fenomeni osservati dall’esterno, senza analisi critica dei meccanismi reali che regolano la sopravvivenza della comunità.

42nd Street lascia l’impressione di un quartiere vivo e contraddittorio, di una comunità che cerca autonomia attraverso l’arte e la musica, protetta da figure come Demetal, ma costantemente minacciata da violenza interna, illegalità e repressione esterna. È un film che colpisce visivamente e restituisce la vitalità dei teteo, ma manca di profondità analitica, trasformando la resilienza della comunità in una testimonianza sì energica, ma che fondamentalmente si attorciglia su se stessa. Una finestra sul presente di quelle realtà marginali che rischiano di sopravvivere senza soluzioni di un futuro migliore.

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