PERSO Perugia social film festival

‘The last day’ di Mahmoud Ibrahim al Perso Perugia Social FF

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Ti strappa le carni il doc The last day di Mahmoud Ibrahim, che sarà proiettato al Perso Perugia Sociale Film Festival

Nel corto, della durata di circa cinque minuti, il regista egiziano mostra due fratelli, Ziad e Moody, che ripongono, in silenzio e con cura, dei quadri, spostano alcuni oggetti e smontano le ante di un armadio.

S’intuisce che sono sul punto di abbandonare l’appartamento, ma non se ne conosce il motivo. Una voce femminile, proveniente dalla televisione, svela che, per ordine del governatore de Il Cairo, saranno abbattuti degli edifici lungo il viale Hussei, a est della città, per ampliare le vie di collegamento verso la capitale.

The last day: quando il silenzio dà più forza al dolore

Il progetto, che prevede la demolizione di circa centoventicinque edifici, coinvolge non solo quello dei due fratelli, ma di circa tremila famiglie. La voce femminile annuncia poi che un corrispondente da Gerusalemme conferma l’ordine di demolizione di case nel quartiere Al-Bustan, dove vivono mille e cento palestinesi. Il governo israeliano ha inoltre dichiarato che i palestinesi devono lasciare le loro case entro ventuno giorni.

Uno dei due fratelli si affaccia alla finestra e assiste alla demolizione di un edificio. Ibrahim, qui in veste anche di attore, impagina un corto nel quale i due protagonisti, piegati dal dolore per quello che stanno vivendo, non hanno nemmeno la forza di emettere un suono.

E se nel loro caso siamo di fronte a una scelta governativa, in nome del cosiddetto progresso, completamente diversa è la condizione dei mille e cento palestinesi che saranno cacciati via e costretti a un esodo forzato, dal dittatoriale regime israeliano. Ma perché il corto del regista israeliano colpisce dritto il cuore?

La casa come estensione del Sé

Come è noto, per ogni individuo la propria casa non è solo la proiezione della propria mente, ma emotivamente è il prolungamento di chi vi abita. Non a caso, nei disegni, il bambino tende a darle l’aspetto di un volto, con gli occhi, naso e bocca, sostituiti da porte e finestre.

La casa simboleggia, per tutti, il rifugio, il calore familiare, il nucleo originario. La stessa separazione tra zona giorno (sociale) e zona notte (intima) conferma l’antropromorfismo della casa stessa.

Per non parlare degli odori che la caratterizzano, fino a renderla unica e una vera e propria estensione del Sé. Privare, quindi, degli individui della propria casa significa, in qualche modo, non solo cancellare i ricordi a essa collegati, ma privarli, come una lumaca, anche del proprio guscio protettivo.

Un’azione vile e violenta, esercitata essenzialmente su chi non ha la forza di difendersi e che è costretto a ingoiare in silenzio, dolore e disperazione.

Un corto necessario, che lascia off le immagini di chi è costretto ad abbandonare le proprie radici, filmato in maniera asciutta e essenziale, con taglio documentaristico. Dedicato all’artista Ahmed Ghazy, morto a 27 anni, nel giugno 2025.

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