Documentari

‘Tales of the Wounded Land’ di Abbas Fahdel, sorvolare il Libano bombardato

Dal Festival di Locarno

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Tales of the Wounded Land di Abbas Fahdel è il film che ha vinto il Premio alla Regia del Festival di Locarno: il documentario racconta la criticità della situazione nel sud del Libano dopo gli attacchi più recenti da parte delle truppe israeliane e indirizzati ad Hezbollah.

Il film si compone di numerose immagini aeree che aiutano a quantificare la devastazione creata e la sterminata fila di vittime e il cordoglio della popolazione locale.

Prendere coscienza

Tales of the Wounded Land si avvale di moltissimo materiale aereo, ironicamente girato con quegli stessi droni che hanno causato la distruzione documentata. Per comprendere appieno la situazione che racconta, è necessaria una preparazione storico politica non comune a tutti. Visionare il documentario attenendosi alle poche conoscenze che abbiamo, spesso distorte, ci farà saltare sulla poltrona alle numerosissime bandiere di Hezbollah che sventolano. Senza capire effettivamente perché sono là a centinaia. E cosa, questo ennesimo attacco israeliano, rappresenta per il paese.

La parte sud del Libano è un posto che è stato straziato di continuo, conteso tra fazioni non solo politiche, ma anche religiose, dove l’estremismo si è irrigidito in risposta ad un intensificarsi delle tensioni e dell’odio. Un circolo vizioso e chi ne paga le conseguenze è più spesso la gente comune, che si appella al martirio come consolazione fittizia.

Tales of the Wounded Land di Abbas Fahdel – immagini stampa da Locarno Film Festival

Documentare il vuoto

Il prolifico regista Abbas Fadhel (Homeland (Iraq Year Zero), 2015) e la moglie Nour Ballouk, scappano con la figlia di appena due anni, lontano dai bombardamenti, per poi rientrare tra le macerie e registrare le testimonianze, le storie, di che si lecca le ferite e scava tra i calcinacci.

Per tutta la durata del film non c’è che polvere, fumo, polvere, macerie, polvere. Al punto che anche a fronte dell’ottimismo che si ripetono gli stessi personaggi di mantenere, la domanda che ci si ripete è: come si fa a rimettere in piedi un paese quando non c’è rimasto più niente.

Il film serve a guardare la medaglia da entrambe le facce, e ancora, a guardare in faccia chi ha perso una galleria, un negozio di vestiti, il fornaio del villaggio, la tranquillità di passeggiare in collina al tramonto. E coloro che adesso, voltandosi non riconosceranno più nulla di quello che era la città.

Si passa sopra alla forzatura di alcune riprese, agli eccessi aerei, ai dialoghi che sbirciano in camera. Si impara l’ottimismo della disperazione, e che non c’è fazione politica o credo religioso quando tra le mani non ci è rimasto più niente.

Il mio film nasce dal bisogno di raccontare una guerra che ha distrutto le nostre case e le nostre vite e di mostrare che, nonostante tutto, anche tra le rovine continuano a fiorire umanità e resilienza. [Abbas Fadhel – Locarno Film Festival]

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