C’è qualcosa di peggio che conoscere per la prima volta i genitori del tuo compagno? Sì: farlo in una casa isolata infestata da un’entità demoniaca millenaria, mentre le rispettive madri si sfidano a colpi di sarcasmo e i padri misurano a chi è venuto peggio il figlio. Questo e molto altro succede in The Parenting, il film diretto da Craig Johnson, dove le battute taglienti si alternano a riti occulti, e dove la tensione emotiva tra consuoceri riesce a far più paura di qualsiasi possessione infernale. Non c’è bisogno di un’esorcista, qui: basta una madre fuori controllo e un padre troppo silenzioso, ed è subito apocalisse.
La trama di The Parenting
C’è un momento, in ogni horror che si rispetti, in cui il male si manifesta con chiarezza. In The Parenting, invece, il regista Craig Johnson fa una scelta più sottile: lascia che sia il pubblico a decidere dove finisce la normalità e dove inizia l’abisso. E lo fa con un’ironia che, più che alleggerire la tensione, la rende ancora più perturbante.
Due giovani fidanzati, Rohan (Nik Dodani) e Josh (Brandon Flynn), invitano le rispettive famiglie per un fine settimana di armonia e coming out condiviso. Ignorano, però, che tra di loro si cela Andras, un demone antico, che manderà a rotoli l’intera vacanza. Ma il vero orrore ha il volto dei genitori: Lisa Kudrow e Dean Norris da una parte, Edie Falco e Brian Cox dall’altra, quest’ultimo più spaventoso del demone stesso.
Horror? Commedia?
Il regista Craig Johnson non dirige, gioca. E come in ogni gioco, The Parenting ha le sue regole e le sue logiche. Il ritmo è irregolare, l’ironia emerge nei momenti più sinistri, e l’orrore si insinua lentamente. Il tono oscilla, talvolta vibra: i momenti più riusciti, rari ma davvero geniali, si consumano nella collisione generazionale, in quel teatro dell’assurdo in cui i genitori, più che confrontarsi con il soprannaturale, devono decifrare l’identità dei propri figli. Più che L’esorcista, siamo dalle parti di Parenti serpenti, ma senza il cinismo e senza Monicelli.
Il film non è una parodia, non è satira pura, e nemmeno un vero horror. È una fusione di generi, un ibrido volutamente instabile, che potrebbe facilmente crollare sotto il peso delle sue ambizioni. Eppure, grazie a una sceneggiatura calibrata e a un cast affiatato, resta in equilibrio per quasi tutta la durata. Girato come una sitcom, The Parenting sembra quasi preconfezionato. La fotografia si appiattisce e la messa in scena si accontenta dell’ovvio. Eppure, qualcosa si salva: la verve involontaria di certi dialoghi e il cinismo con cui si affronta la famiglia moderna come campo minato emotivo e morale.
Un picnic di talenti
Parker Posey compare come proprietaria eccentrica, e la tensione — tra battute fulminanti e spaventi improvvisi — tiene viva la scena. Lisa Kudrow è perfetta nei panni della madre di Josh: è affettuosa ma manipolatrice, apprensiva ma velenosa. Edie Falco, madre di Rohan, è invece più contenuta, e trasmette il peso culturale e affettivo delle aspettative non dette. Brian Cox, monumentale anche nei silenzi, gioca con il suo carisma burbero, suggerendo che la vera possessione è quella del patriarcato sulle vite dei figli. I due giovani innamorati appaiono invece disarmati e fragili, ma non idealizzati.
Nonostante l’inserto demoniaco, il film migliora nel punto esatto in cui rinuncia al sovrannaturale. C’è più inquietudine in una cena tra suoceri che si odiano in silenzio che in mille apparizioni. La tensione cresce non per gli effetti speciali ma perché riconosciamo quei dialoghi, quelle dinamiche, quei silenzi. The Parentingci dice che l’inferno non è una dimensione alternativa: è la domenica a pranzo con i genitori del tuo fidanzato. Nel finale la tensione narrativa si scioglie in maniera prevedibile, e il film sembra cercare una chiusura rassicurante che stona con la complessità costruita fino a quel punto.
In definitiva The Parenting, ci regala un bizzarro intermezzo diabolico-familiare, che non fa paura, strappa sorrisi ma, in un mondo ipersaturo di contenuti, riesce quantomeno a farsi notare. E forse, tra un esorcismo e una battuta, ci riconosciamo. Purtroppo.
Che film ricorda?
The Parenting ricorda molto Ti presento i miei. Il cuore del film sta tutto lì: nell’imbarazzo, nelle tensioni, nei fraintendimenti esplosivi tipici delle cene familiari “allargate”. Il disagio sociale si amplifica fino a diventare letteralmente demoniaco, come se i sensi di colpa e le aspettative dei genitori prendessero vita sotto forma di spiriti infernali. Ma fa anche riferimento a The Visit di M. Night Shyamalan, dove l’ambiente domestico diventa subito ambiguo, e il tono oscilla abilmente tra l’assurdo e l’inquietudine. Infine, c’è una spruzzata evidente di Poltergeist, non tanto per l’horror classico, quanto per la dinamica casa infestata, famiglia disfunzionale, ed entità che si nutre delle loro crepe emotive. In Poltergeist, era la TV il portale dell’orrore. In The Parenting, è la riunione di famiglia. E in entrambi i casi, il vero nemico non è il mostro, ma l’illusione che basti essere una “bella famiglia” per salvarsi.