Dopo Sleepless Night, Frédéric Jardin firma Survive, un’opera sorprendentemente umana, un thriller esistenziale che parla soprattutto dell’anima. Un titolo che nasconde una verità più profonda: non si sopravvive solo a un inseguimento o a un nemico; si sopravvive a un lutto, a una colpa, a una vita che scivola addosso come pioggia battente.
Il film è disponibile su Prime Video.
Ben (Lucas Ebel) è in barca con la madre Julia (Émilie Dequenne) medico, il padre oceanografo Tom (Andreas Pietschmann) e la sorella maggiore Cassie (Lisa Delamar), per festeggiare il suo tredicesimo compleanno nelle acque caraibiche vicino a Porto Rico. Verso sera un branco di balene stranamente aggressive urta la barca e danneggia un’elica dello yacht. Poco dopo si scatena una tempesta di pioggia e satelliti che scuote la nave e fa perdere i sensi all’intera famiglia. Al loro risveglio, la nave si trova in cima a una scogliera che domina un immenso deserto. La terra ha subìto una tragica inversione. L’oceano è scomparso, sostituito da un vasto deserto. Si renderanno conto molto presto che la polarità terrestre è stata capovolta: il nord è diventato sud, il sud ora è nord. A questa catastrofe naturale si aggiunge l’inseguimento di uno psicopatico solitario che preferisce aggredirli selvaggiamente piuttosto che aiutarli. Come faranno a sopravvivere?
Una sceneggiatura che penalizza
La prima mezz’ora procede in modo irregolare, appesantita dalla sceneggiatura di Alexandre Coquelle e Mathieu Oullion, troppo legata alle convenzioni del genere. Nulla a che vedere con la splendida narrazione visiva. Si alternano momenti di quiete angosciosa a esplosioni di caos totale: dalle creature dell’abisso ai lupi solitari, ogni minaccia contribuisce solo ad alimentare la tensione. È come se il film non riuscisse mai davvero a trovare una sua identità. Anche quando cerca di restare ancorato a un tono realistico, Survive finisce spesso per inciampare in situazioni assurde e forzate, che ne smorzano l’efficacia e tolgono forza al racconto.
Ricerca dei dettagli e sound che funziona
Il film si distingue per una regia attenta ai dettagli premonitori, disseminati con precisione per anticipare l’inesorabile escalation narrativa. Il sound, che intreccia suoni naturali a onde e silenzi, contribuisce a costruire una tensione atmosferica crescente. Quella che inizialmente si presenta come una storia familiare evolve in un vero e proprio dramma di sopravvivenza dal taglio apocalittico. La narrazione si fossilizza sulla prospettiva della famiglia, trasformando la barca in microcosmo: una piattaforma sospesa in un mondo che si sgretola, dove ogni personaggio è costretto a ridefinire i confini del proprio istinto di sopravvivenza.
Non a caso, una delle inquadratura più belle è l’immagine della barca arenata su un altopiano desertico, che diventa una potente metafora visiva del blocco esistenziale dei protagonisti. Quel relitto familiare in un mondo totalmente irriconoscibile diventa la scenografia perfetta per un racconto di isolamento, trasformazione e sopravvivenza, e rafforza il ruolo centrale che l’ambiente gioca nel film. Con il procedere della narrazione, il deserto cessa di essere un semplice sfondo e si impone come forza narrativa, spingendo i personaggi a reazioni istintive e scelte estreme.
Personaggi poco essenziali
L’assenza quasi totale di figure esterne contribuisce a creare una dimensione alienante, accentuando l’atmosfera sci-fi e sottolineando il confronto diretto tra l’uomo e una natura ormai irriconoscibile. Questa solitudine forzata consente al film di scavare nelle dinamiche interne alla famiglia: emergono tensioni, fragilità emotive e un’intimità dolorosa che si amplifica man mano che la speranza si dissolve. Un po’ meno interessanti appaiono invece i personaggi. L’unica interprete a brillare è Émilie Dequenne, che spicca nettamente rispetto al resto del cast, mantenendo la stessa intensità sia nei momenti divertenti che in quelli più drammatici. Esattamente l’opposto di Arben Bajraktaraj che offre nel ruolo di psicopatico una performance assolutamente dimenticabile. Appare quasi come una macchietta, una sorta di personaggio di Mad Max arrabbiato, gettato lì a casaccio.
Tutto sommato Survive mantiene un ritmo sobrio ma implacabile, accompagnando i suoi protagonisti verso un epilogo inevitabile, dove la lotta per la sopravvivenza si intreccia con la necessità di preservare ciò che resta dei legami affettivi. Un racconto dal respiro apocalittico, mosso da un cuore profondamente intimo.