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64. Festival di Berlino: “Jack” di Edward Berger (Concorso)/”Stereo” di Maximilian Erlenwein (Panorama)

Se in “Jack” Berlino è il luogo della ricerca e dell’inafferrabile, in “Stereo” è il luogo dell’identità e della verità, per quanto scomoda e ingombrante

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Jack

Anno: 2014

Durata: n. d.

Nazionalità: Germania

Genere: Drammatico

Regia: Edward Berger

Jack di Edward Berger, in concorso alla Berlinale, parla di due fratellini trascurati dalla madre, Stereo di Maximilian Erlenwein un thriller dove il passato bussa impietoso alle porte del presente. Jack e Stereo condividono qualcosa, Berlino, una città sullo sfondo o del passato che influenza profondamente due storie molto diverse.

Berger segue senza sosta le fatiche di Jack (Ivo Pietzcker), deciso a tutti i costi a tenere unita la famiglia composta da una madre immatura, Sanna (Luise Heyer), e Manuel (Georg Arms), il fratello più piccolo a cui fa da genitore accudente. Per via di un incidente domestico Jack è costretto a trascorrere un’estate sotto la tutela dei servizi sociali e, quando arriva il momento di fare ritorno a casa, Sanna scompare per qualche giorno. Dopo essere stato aggredito da un compagno più grande, Jack si difende e lo colpisce brutalmente, per poi scappare insieme al fratello in cerca della madre. Con Manuel sulle spalle, Jack percorre a piedi l’intera città dirigendosi nei luoghi dove Sanna potrebbe essere. Berlino, con i suoi parchi, la vasta periferia, i club così dark, i centri commerciali tutti uguali, gli after party in casa, i chioschi multietnici, è il terreno battuto da Jack, un man child abbandonato a se stesso. Berger affida alle espressioni di Jack/Pietzcker, ai suoi gesti, alle sue abitudini, al suo essere sempre di corsa e affaticato dal tentativo di raggiungere una meta, la forza narrativa del film. Jack è un essere in continuo movimento verso ciò che gli sfugge e non riesce ad afferrare, sua madre. Sanna viene raccontata in assenza, sono i luoghi frequentati a Berlino, quelli dove Jack la cerca disperatamente, a ritrarla. Berlino è il luogo dove tutti annaspano per aggrapparsi a un punto solido, a un appiglio che si rivela puntualmente scivoloso e che nega la possibilità di rimanere saldi. Nella città in continuo divenire, un figlio cerca disperatamente di essere tale e una madre di trovare l’uomo della sua vita.

Stereo

Anno: 2014

Durata: n. d. 

Genere: Thriller 

Nazionalità: Germania

Regia: Maximilian Erlenwein

In Stereo Berlino è invece la metropoli adrenalinica dove si nascondono i fantasmi di Eric (Jürgen Vogel), che non tardano a ripresentarsi. Eric ripara motociclette in un piccolo paese di periferia, ha l’aria del duro ma con la fidanzata e la figlia di lei è premuroso e affettuoso. Quando incontra il futuro suocero incassa senza battere ciglio il suo comportamento tendenzioso e indispettito. La tranquilla vita di campagna è presto alterata dall’arrivo di Henry (Moritz Bleibtreu), un’allucinazione che attanaglia il sempre più confuso Eric, un oscuro passeggero di cui non è facile sbarazzarsi. Nel thriller di Erlenwein Berlino è un’assenza fisica, è lontana nel tempo e nello spazio, è il ricordo rimosso che custodisce la verità e torna a galla per smascherare la menzogna costruita in cui tutti sguazziamo inconsapevoli. Frenetica, eccitante, pericolosa, Berlino è la città dell’eccesso dove Eric era libero di vivere secondo la propria etica violenta e senza scrupoli.

Se in Jack Berlino è il luogo della ricerca e dell’inafferrabile, in Stereo è il luogo dell’identità e della verità, per quanto scomoda e ingombrante. Due film imperfetti in modo diverso, affetti dalla manipolazione del luogo comune o del genere, e un’unica città, Berlino, adibita a contenitore modellante e simbolico, di un presente sfuggente e di un passato da cui sfuggire.

Francesca Vantaggiato

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