ShorTS International Film Festival Maremetraggio

‘Pinne’: incontrarsi e riconoscersi

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All’interno della selezione ufficiale di ShorTS International Film Festival 2025 spicca Pinne, l’opera breve di Carmelo Sudano. Con una durata di appena due minuti, il corto sorprende per la sua delicatezza narrativa e per un uso essenziale ma denso del linguaggio visivo.

Pinne: incontrarsi e riconoscersi

In un mondo ordinario, un uomo fuori dall’ordinario cammina con lentezza: ha ai piedi un paio di pinne da nuoto, fuori posto su marciapiedi e parchi urbani. La sua presenza bizzarra attira sguardi, ma lui procede, isolato e assorto. È un’anomalia silenziosa, finché un incontro imprevisto rompe l’equilibrio: una donna lo osserva, lo riconosce. Anche lei porta un segno d’appartenenza a un altrove. In quell’istante, due solitudini divergenti si connettono.

Nell’Altro, il Sé

Nel fondo di ogni individuo risiede una solitudine originaria, una condizione irriducibile che ci accompagna con una domanda aperta: è davvero possibile incontrare l’altro? Non semplicemente conoscerlo, ma entrare in una relazione capace di toccare il nucleo della nostra identità.

È solo quando l’alterità si manifesta nella sua piena singolarità, non come difformità da tollerare ma come cifra essenziale di un’esistenza, che qualcosa in noi si disloca. Ci sentiamo disorientati, forse, ma anche improvvisamente compresi.

Non si tratta di accettazione né di una ricerca rassicurante di affinità. È un’esperienza che ci espone, che smonta le nostre certezze e ci costringe a un confronto profondo. Nell’incontro con lo sguardo dell’altro, nel suo modo non familiare di abitare il mondo, ci scopriamo riflessi in una forma che non avevamo previsto. E proprio lì, dove la differenza smette di spaventarci e si fa specchio, la distanza si trasforma in ponte. Un ponte necessario, fragile e potente, che apre la possibilità di uscire dall’isolamento e abitare, finalmente, una relazione autentica.

Pinne: l’anima disallineata

Immaginiamo quelle pinne: nate per la fluidità dell’acqua, per un movimento in un elemento diverso, sono l’estensione naturale di un’esistenza che trova piena espressione solo altrove. Sulla terraferma, invece, appaiono goffe, impacciate, persino ridicole agli occhi di chi avanza con passo “normale”. Ma non sono un difetto da celare: sono il segno evidente di una natura che non si adatta, che resiste alle cadenze, alle aspettative, alle regole implicite di un mondo progettato diversamente. Quelle pinne raccontano di chi cammina a un ritmo altro, di chi respira con un tempo proprio, di chi non si riconosce nelle geometrie sociali preconfezionate.

Ed è proprio in questa irriducibile alterità, in questa evidente dissonanza rispetto al passo comune, che può accadere il miracolo: l’incontro. Quando uno sguardo, privo di giudizio, riconosce in quelle pinne non un limite ma la bellezza di un’esistenza che porta dentro di sé il respiro di un altrove, allora la solitudine si incrina. In quell’accoglienza, in quel vedersi finalmente visti nella propria singolarità “acquatica” in un mondo “terrestre”, si apre lo spazio per essere pienamente se stessi. Amati non nonostante, ma proprio per quella differenza fino a quel momento scomoda, e ora, finalmente, autentica.

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