Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro

‘Pedras instáveis’ e la risonanza delle immagini

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Alcuni uccelli attraversano il cielo in volo, fluttuando, in quel movimento che più di qualsiasi altro è il sogno della leggerezza. Nessuna meta, apparentemente, nessuno sforzo. Nel seguirli con lo sguardo ci si accorge di quanto possa essere ipnotica e catartica quella semplice immagine, puro pensiero in movimento, mentre “alla zampa di ogni uccello che vola è legato il filo dell’infinito”, come scriveva Victor Hugo. Sono le prime immagini di Pedras instáveis, cortometraggio diretto da Ewelina Rosinska e in programma alla 61ª Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Ma rappresentano perfettamente anche l’anima del film, un volo erratico che non segue un tracciato ma inventa, di volta in volta, le proprie traiettorie.

Girato nell’arco di cinque anni, il film nasce da escursioni compiute con una camera Bolex in diversi luoghi del Portogallo. Il tempo stesso della realizzazione – dilatato, intermittente – si riflette nella materia dell’opera: immagini analogiche, contemplative, montate senza uno schema narrativo, ma secondo libere associazioni. Non c’è trama, né personaggi, né parola. Solo suoni ambientali, musica, e una sequenza di inquadrature che alternano natura, città, dettagli animali, gesti umani, architetture, fenomeni atmosferici, immagini del passato. Il film si offre come un flusso in cui l’osservazione diventa immersione, e lo sguardo si disancora da ogni aspettativa funzionale.

Immagini in equilibrio e relazioni sensibili

L’insegna trovata casualmente in un parco in costruzione, “Pedras instáveis”, diventa il titolo e la chiave dell’opera. Quelle “pietre instabili” non sono solo l’oggetto del parco, ma la condizione delle immagini stesse: pesi visivi che si reggono in equilibrio precario, che attendono un contatto, una risonanza, un accostamento che ne attivi il senso. Il montaggio, qui, non connette per cercare una narrazione, ma per evocare, lavorando sulla percezione. Ogni frammento è allo stesso tempo opaco e risonante, chiuso su se stesso e poroso al contesto.

Pedras instáveis si offre come una costellazione di segni, un cinema che interroga il tempo e lo spazio non come coordinate lineari, ma come materia viva, sensibile, in continuo slittamento. Ne emerge una forma di ecologia visiva: un mondo fatto di relazioni e non di gerarchie, in cui lo spettatore non è chiamato a decifrare, ma a respirare con le immagini. È un film che invita a rallentare, a sottrarsi dalla frenesia per abitare i margini, quegli spazi sospesi dove il tempo si dilata e lo sguardo può finalmente perdersi e ritrovarsi.

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