Nella sezione cortometraggi della 28esiama Edizione di CinemaAmbiente c’è Close, di Marta Esposito. È una produzione di Marechiaro, la factory diretta da Antonietta De Lillo. Film realizzato con il sostegno della Film Commission Regione Campania.
Un viaggio all’interno di un microcosmo sospeso tra spazio urbano e finzione naturalistica e metafora del rapporto uomo e animale.
Close: una cronaca allo zoo di Napoli
Una giornata allo zoo di Fuorigrotta a Napoli, dalle prime luci dell’alba al tramonto. Attraverso una prospettiva nascosta e mimetica, l’obiettivo ritrae le vite del personale e dei visitatori, degli animali e delle loro routine, esplorando il confine tra naturale e artificiale, tra esposto e riflesso, in uno spazio che racchiude in sé il concetto di chiusura e al contempo quello di vicinanza, la prossimità che si crea tra umani e creature selvatiche.[sinossi ufficiale]
Il progetto L’uomo e la bestia
Close di Marta Esposito è tra le opere vincitrici di L’uomo e la bestia, il progetto ideato dalla regista e produttrice Antonietta De Lillo. Attraverso il bando Fare Un Film, sostenuto dal MIC, da diversi anni, la De Lillo con la sua Marechiaro, dà la possibilità ai cineasti di realizzare un film incentrato sul rapporto uomo – bestia, ponendo l’accento sull’evoluzione del significato di bestialità.
Un tema complesso e sfaccettato, posto al centro di un’iniziativa cinematografica meritevole, con lo scopo di creare un cinema circolare e sostenibile, come il cortometraggio Close, una cronaca visiva, senza dialoghi, di una giornata trascorsa allo zoo di Napoli.
Lo zoo di Napoli in Close
Siamo nel cuore della città, a pochi passi dallo stadio Diego Armando Maradona, tra i palazzoni, e in uno spazio adiacente al celebre parco di divertimento dell’Edenlandia c’è un’oasi naturale, che ospita numerosi animali e vanta una pregevole collezione botanica. Marta Esposito con Close mostra questo luogo, utilizzando un taglio sognante, senza mai staccarsi dalla realtà 9per realizzare una cronaca visiva della vita all’interno dello zoo.
Una cronaca che non si limita a descrivere, riportando oggettivamente lo svolgersi delle normali attività, ma che va ben oltre, riuscendo a realizzare un discorso sul rapporto uomo – animale ed estendendo il tutto alla mercificazione del tempo libero.
Varie riflessioni si intrecciano all’interno dello stesso microcosmo, utilizzando la macchina da presa non solo per fissare le immagini della realtà quotidiana, ma come strumento di metamorfosi. Questo avviene ponendo l’obiettivo nel posto giusto e giocando con le superficie, a volte trasparente, che separano l’animale dall’uomo.
Un processo di metaforizzazione della realtà
Una barriera di sicurezza per i visitatori dello zoo e probabilmente per gli stessi animali, questo almeno per quanto riguarda i fatti della realtà. Nel processo di metaforizzazione messo in atto in Close, invece, queste barriere diventano altro, un vettore spaziale e visivo che spinge il discorso della giovane regista oltre il visibile o, meglio, frammenta la visione unica, riuscendo a realizzare un originale split screem.
È questa una modalità di rappresentazione visiva che negli ultimi anni sta tornado di voga in molte opere cinematografiche. Consiste nel dividere lo schermo in varie sezioni. Una procedura che si realizza di solito in post produzione, in sede di montaggio, e di cui Marta Esposito, invece, fa un uso del tutto originale, mettendola in atto già durante le riprese. Giocando, appunto, con queste barriere trasparenti.
È così che il leone si ritrova a condividere lo spazio visivo dello spettatore insieme a un visitatore dello zoo, spesso un bambino riflesso su quella superficie lucida che lo mette al sicuro dallo spazio naturalistico ricostruito ad arte. Una creazione filmica che si carica di significato che in pochi minuti riesce a far luce su diverse questioni.
La mercificazione del tempo e dello spazio
Se inizialmente, infatti, il discorso si rivolge al rapporto uomo – animale, barricando l’uno e l’altro in due spazi distinti, per poi accostarli e sovrapporli, prosegue con una sintetica, ma precisa, disamina sulla mercificazione della vita e del tempo libero. La distribuzione del fieno alle capre o il bagno degli elefanti si delineano come momenti di attrazione turistica, da consumarsi con il sottofondo del vociare metropolitano, tipico della città partenopea, dove il rumore diventa suono
Il persistere di atti e azioni semplici, per esempio l’acquisto del biglietto d’entrata allo zoo, sono una sottolineatura per il concetto di mercificazione fondato su esistenze reali, in cui l’animale è costretto a vivere. Questa costruzione, però, ovviamente in modo diverso, sembra imprigionare anche il visitatore umano. Così i due spazi distinti, delimitati dalle barriere, si mutano i due vasi comunicanti, con diversa fisionomia, ma la medesima condizione. In questo modo emerge, nonostante l’apparente gioia della cronaca di una giornata trascorsa allo zoo, un parallelismo tra uomo e animale, per nulla consolatorio.
Una rassegnazione velata traspira in Close. Un viaggio nella natura che rivela una spazio artificiale usato come metafora della condizione esistenziale dell’uomo, probabilmente l’unica bestia della contemporaneità.