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28 Anni di CinemAmbiente: Tutti i Vincitori

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Dal 1998, il Festival CinemAmbiente di Torino rappresenta uno dei principali palcoscenici internazionali per il cinema ambientale. Ogni anno, registi da tutto il mondo portano sullo schermo storie potenti, urgenti e spesso dimenticate, che raccontano il rapporto dell’uomo con la natura, le crisi ecologiche globali e le battaglie per la giustizia ambientale. In questo articolo ripercorriamo tutti i vincitori del premio principale, edizione dopo edizione, per tracciare un percorso attraverso le immagini che hanno fatto la storia di questo festival.

Festival CinemAmbiente: tutti i vincitori

2001 – ‘Children, Kosovo 2000′ di Ferenc Moldovànyi (Ungheria)

Kosovo, primavera 2000. L’inverno è finito, ma solo in senso strettamente meteorologico. Rovine e dolore. Sulla terra appena sfiorata dal sole, ovunque devastazione. Ferite che non guariranno mai, gesti incerti di un nuovo inizio, paradossi in bianco e nero, mentre immagini infrante irrompono colorate dalla memoria. Due parole: deca e fèmijèt, significano entrambe ‘bambino’, ma in serbo e in albanese e non trovano spazio nell’irrazionale dizionario della guerra. I bambini sono senza dubbio le vittime piè indifese di un scontro alimentato dall’odio. Besarta, Violeta e Edmond, Valdrim, Milijana e Jelena sono bambini serbi e albanesi. Il film racconta le loro storie in bianco e nero, con immagini a colori in Super 8 filmate dai bambini stessi.

2002 – ‘God’s Children’ di Hiroshi Shinomiya (Giappone)

Nel giugno del 2000, piogge torrenziali si abbattono su Manila e provocano gravissimi smottamenti nella discarica di Payatas, dove vivono più di 3.500 famiglie. Mille persone scompaiono sotto i detriti e la discarica viene chiusa fino a nuovo ordine. Kami no ko tachi mostra, prima, le immagini estremamente dure di questo dramma: corpi calcinati estratti da una melma nerastra; poi, le conseguenze della chiusura del sito su coloro che vivono in baraccamenti di fortuna ai piedi delle montagne di detriti. Per cinque mesi, gli uomini, le donne e i bambini, il cui lavoro quotidiano consisteva nel raccogliere rifiuti riciclabili per ricavarne qualche soldo, si vedono piombare in una miseria ancora più nera Hiroshi Shinomiya mostra questa disgrazia in tutta la sua crudezza costruendo una storia attorno a quattro famiglie che, di volta in volta, devono superare le medesime prove: malnutrizione, debiti, mortalità.

2003 – ‘Dans, Grozny dans. The damned and the sacred di Jos de Putter (Paesi Bassi)

Un gruppo di giovanissimi ballerini ceceni danza per sopravvivere e per dimenticare la paura e la tragedia del proprio paese. Il film li segue nella loro trionfale tournèe, ma ritorna continuamente in Cecenia dove gli aerei militari anneriscono il cielo di Grozny, le mine aprono le strade, le bombe terrorizzano le persone. E allora è chiaro che questi bambini non hanno sol- tanto voglia di ballare, ne hanno bisogno. Preparati e spinti da un uomo eccezionale, Ramzan Akhmadov, i piccoli danzatori partono per il loro viaggio attraverso l’Europa…dov’è il paradiso, come dice uno di loro-, esibendosi al Concertgebouw di Amsterdam e al Teatro Lirico di Londra. Alla fine di Dans, Grozny dans i bambini ritornano a casa dai genitori sopravvissuti. Non c’è posto per una vita normale, tutti portano addosso il destino incerto di un popolo.

2004 – ‘Carpatia’ di Andrzej Klamt e Ulrich Rydzewsky (Germania/Austria)

Carpatia è un viaggio poetico nei paesaggi rurali di questa regione montuosa che attraversa l’Europa centrale sud-orientale. Paesaggi che possono a prima vista apparirci stranieri e distanti, ma che ci permettono di trovare radici storiche e culturali comuni. Il documentario è un ritratto…lontano dallo sguardo idillico, ma comunque sentito e vibrante di autentica partecipazione emotiva…della gente, dei luoghi e dei paesaggi dei Carpazi, tra contadini che vivono seguendo l’alternarsi delle stagioni e moderni cercatori d’oro.

2005 – ‘Shape of the Moon’ di Leonard Retel Helmrich (Paesi Bassi)

Rumidjah è cristiana e vive nella caotica capitale indonesiana con il figlio Bakti e la nipote Tari. Testimone delle forti tensioni che hanno scosso l’Indonesia dalla caduta del Suharto nel 1998, fino all’11 settembre 2004, data che ha peggiorato le relazioni tra cristiani e musulmani, quando il figlio decide di convertirsi all’Islam per sposare una ragazza, prende in considerazione l’idea di trasferirsi nella tranquillità e nella sicurezza della campagna.

2006 – ‘The Real Dirt on Farmer John’ di Taggart Siegel (USA)

Il racconto epico del John Paterson, anticonformista contadino del Midwest americano. Dopo la morte del padre, negli anni Sessanta John trasforma la tradizionale fattoria di famiglia in un esperimento d’arte e agricoltura, facendone un punto di incontro e riferimento per hippies, radicali ed artisti. Negli anni Ottanta la fattoria attraversa una forte crisi economica che la porta al collasso. Isolato dalle maligne voci dell’America rurale che lo dipingono come uno spacciatore di droga adoratore di Satana, Paterson abbandona la fattoria e vaga per i Paesi dell’America Centrale, finché la sua ricerca lo riconduce nuovamente alla sua terra d’origine: qui, John crea l’Angelic Organics, un ampio villaggio agricolo dove arte ed agricoltura tornano ad incontrarsi.

2007 – ‘The Planet’ di Michael Stenberg, Linus Torell e Johan Söderberg (Svezia/Norvegia)

The Planet è un tentativo urgente di comprendere le verità e le menzogne riguardo ai cambiamenti globali allarmanti che molti affermano essere già in atto. Con uno stile visivo innovativo, il film esplora il sistema terrestre, le risorse naturali, l’interazione tra l’umanità e la natura, e le scelte e le conseguenze delle nostre azioni. Utilizzando un mix di materiali d’archivio, animazioni, fotografie e interviste con esperti, il documentario offre una panoramica critica e coinvolgente dello stato del nostro pianeta.

2008 – ‘The Nuclear Comeback’ di Justin Pemberton (Nuova Zelanda)

Da qualche anno si sta assistendo a una rinascita dell’interesse per l’energia nucleare. Le cifre parlano chiaro: 27 nuove centrali in costruzione e altre 136 in progetto per i prossimi 10 anni. In un pianeta afflitto dal surriscaldamento globale, la scissione dell’atomo rappresenta per molti l’unica soluzione alle tradizionali fonti energetiche con il loro pesante bagaglio di emissioni. Ma i rischi e le contraddizioni di una simile via sono ben noti… The Nuclear Comeback affronta in modo preciso e dettagliato un argomento di scottante attualità, portando lo spettatore in luoghi fino a ora inaccessibili, come la sala di controllo della centrale di Chernobyl, in cerca di ogni risposta possibile.

2009 – ‘Old Partner’ di Lee Chung-ryoul (Corea del Sud)

Il crepuscolo di un mondo in cui uomini e animali vivono e lavorano fianco a fianco, in una simbiosi basata sul rispetto reciproco. Choi è un contadino coreano ottantenne. Ad aiutarlo da più di trent’anni, oltre alla moglie, è sempre lo stesso bue. Questa storia di semplice vita rurale, ha attirato a sorpresa gli spettatori della Corea industrializzata, tra i quali, malgrado la brillante crescita economica, si avverte la nostalgia per il passato rurale.

Il regista Lee ha impiegato ben cinque anni alla ricerca della coppia uomo-bue giusta, traendo ispirazione dalla propria infanzia trascorsa in campagna. Il film ha vinto un premio al prestigioso Festival internazionale di Pusan (Busan), ed è stato presentato al Festival del film indipendente di Sundance (USA), diventando in Corea, con i suoi 3 milioni di spettatori, campione di incassi.

2010 – ‘Life for Sale’ di Yorgos Avgeropoulos (Grecia)

Cosa accadrebbe se le intere riserve idriche del pianeta appartenessero ad aziende private? Nascerebbe un vero e proprio mercato dell’acqua in cui, come nel caso del petrolio, poche persone avrebbero la possibilità di dettare un prezzo, oltre che di accumulare enormi profitti? In Cile questo già accade. Un bene primario, libero e fondamentale diventa così un lusso che non tutti si possono permettere. E anche nel deserto di Atacama, uno dei luoghi più aridi della Terra, il fiume più importante dell’intera zona appartiene alle industrie minerarie che ne utilizzano l’acqua per estrarre il rame, compromettendo così l’esistenza di tanti indios e nativi.

2011 – ‘There Once Was an Island’ di Briar March (Nuova Zelanda/USA)

Takuu è un piccolo atollo della Polinesia, situato a circa duecentocinquanta chilometri di distanza dall’isola di Bougainville, popolato da una piccola comunità di indigeni che, a causa dell’improvviso innalzamento del livello del mare dovuto al riscaldamento globale, è costretta ad abbandonare la propria terra. Alcuni però decidono di rimanere, come Teloo, Endar e Satty che ci permettono di entrare nelle loro vite e di scoprire la loro cultura. Insieme all’oceanografo John Hunter e al geomorfologo Scott Smithers studiamo l’evento e le sue conseguenze da un punto di vista scientifico, affrontando così il reale impatto del cambiamento climatico su un territorio e una popolazione.

2012 – ‘The Big Fix’ di Josh Tickell e Rebecca Tickell (USA/Francia)

Il 22 aprile 2010, in seguito a un incidente alla piattaforma Deepwater Horizon della compagnia britannica Bp, centinaia di migliaia di litri di petrolio hanno cominciato a riversarsi nelle acque del Golfo del Messico, causando uno dei più gravi disastri ambientali di tutti i tempi. Ripercorrendo la storia della società, e grazie alle interviste con scienziati, esperti e gli abitanti delle zone colpite dalla marea nera (una vasta area tra Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida), emergono quindi la fitta rete di corruzione e interessi che regola il sistema d’estrazione del petrolio e le gravi inadempienze nella gestione dell’emergenza.

2013 – ‘Der Letzte Fang – L’ultima caccia’ di Markus C.M. Schmidt (Germania)

Un esemplare adulto di tonno rosso arriva a misurare oltre cinque metri di lunghezza e a pesare circa sei quintali. E’ una specie a rischio estinzione a causa della sovrapesca a cui è stata sottoposta nel Mediterraneo, suo luogo di riproduzione, che ha ridotto drasticamente gli stock. Sono quindi molte le nazioni che hanno quindi deciso di regolamentarne se non impedirne la cattura, così che il prezzo cui è venduto ha raggiunto la cifra record di cinquemila euro al chilo, come accaduto a Tokyo nel gennaio del 2013. Ma anche gli stessi pescatori sono oggi una categoria a rischio di scomparsa, per la mancanza ormai cronica di materia prima e per i costi di gestione sempre meno sostenibili.

2014 – ‘Virunga’ di Orlando von Einsiedel (Regno Unito)

Nelle foreste della parte orientale della Repubblica Democratica del Congo si estendono gli ottomila chilometri quadrati del Parco nazionale di Virunga. Primo parco nazionale africano a essere fondato nel 1925 e patrimonio dell’umanità.

2015 – ‘Bikes vs Cars’ di Fredrik Gertten (Svezia)

Bikes vs Cars descrive una crisi globale di cui tutti abbiamo il dover di parlare. Il clima, le risorse del pianeta, le città la cui l’intera superficie è consumata dalle automobili, un traffico caotico, in crescita continua, sporco e rumoroso. La bicicletta sarebbe un ottimo strumento per cambiare la situazione, ma i poteri che lucrano sul traffico privato investono ogni anno miliardi in azioni di lobbying e pubblicità per proteggere i loro affari. Nel film incontriamo attivisti e pensatori che lottano per città migliori e che rifiutano di smettere di pedalare nonostante il crescente numero di ciclisti uccisi nel traffico.

2016 – ‘When Two Worlds Collide’ di Heidi Brandenburg e Mathew Orzel (Perù)

In questo documentario teso e immersivo, gli spettatori vengono portati direttamente nel fuoco incrociato tra potenti leader peruviani opposti che faranno di tutto per mantenere intatti i propri obiettivi. Da un lato c’è il presidente Alan García, che, desideroso di entrare sulla scena mondiale, inizia a estrarre aggressivamente petrolio, minerali e gas da terre amazzoniche indigene incontaminate. Viene rapidamente affrontato con una feroce opposizione dal leader indigeno Alberto Pizango, i cui discorsi appassionati contro le azioni distruttive di García si rivelano un potente grido di battaglia per le folle dei suoi sostenitori. Quando García continua a ignorare le loro suppliche, una tesa guerra di parole esplode in violenza mortale.

2017 – ‘Plastic China’ di Jiu-liang Wang (Cina)

Yi-Jie è una ragazza di undici anni che lavora a fianco del padre in un impianto di riciclaggio, mentre sogna di frequentare la scuola. Kun, ambizioso capo della struttura, aspira a un futuro migliore. Attraverso lo sguardo e i gesti ripetitivi di coloro che maneggiano quotidianamente i rifiuti plastici provenienti da tutto il mondo, si delinea un’analisi sui consumi e la cultura nati dalla globalizzazione. Al tempo stesso viene data voce a una comunità di lavoratori pressoché invisibile, immersa nella spazzatura e lontana dai riflettori televisivi. Al suo interno si condividono fatica e povertà ma anche sogni di istruzione, di difesa della salute e di diritto a un avanzamento sociale come per chiunque altro.

2018 – ‘Genesis 2.0 di Christian Frei e Maxim Arbugaev (Svizzera)

Sulle remote isole della Nuova Siberia nell’Oceano Artico, in un’atmosfera quasi primordiale, i cacciatori, spinti dal vantaggioso prezzo dell’oro bianco, cercano le zanne dei mammut estinti. Ma lo scongelamento del permafrost può consegnare loro ben più del prezioso avorio, restituendo una carcassa di mammut sorprendentemente.

2019 – ‘The Burning Field’ di Justin Weinrich (USA)

Oltre trecento tonnellate di dispositivi tecnologici fuori uso vengono inviate, ogni anno, dall’Europa e dagli Stati Uniti verso il Ghana, precisamente ad Agbogbloshie, sobborgo di Accra, dove è situata la più grande discarica abusiva di rifiuti elettronici sulla Terra. Lì, si raccolgono persone e intere famiglie provenienti da diverse parti del Paese, spesso spinte dalla siccità. Attraverso lo sguardo di quattro giovani ghanesi impegnati a rimediare un lavoro e alla ricerca di rapporti umani, siamo condotti in uno scenario di desolazione e miseria, ritratto di una quotidianità sconcertante. Sequenze che catturano un lavoro ripetitivo e infinito tra cavi, ferri vecchi, materiali tossici, oggetti smontati e bruciati; un tributo enorme pagato da vite sospese, che si raccontano svelando le proprie difficoltà e i propri sogni.

2021 – ‘Marcher sur l’eau’ di Aïssa Maïga (Francia/Belgio)

Si calcola che 2,2 miliardi della popolazione mondiale non ha accesso all’acqua potabile. Nel Nord del Niger ogni giorno la quattordicenne Houlaye si allontana dal villaggio per procurare acqua alla sua famiglia. Insieme ai suoi coetanei cammina per chilometri, costretto a sacrificare la scuola. Eppure nel sottosuolo di questa regione, tra le più colpite dal riscaldamento globale e dal conseguente abbandono della popolazione adulta alla ricerca di sussistenza oltre frontiera, è presente una falda acquifera di diverse migliaia di km². Grazie al sostegno della ONG “Amman Imman: Water is Life” il miraggio della costruzione di un pozzo diventa realtà. Sarà la stessa comunità, unita in questa battaglia vittoriosa, a gestire la nascente rete idrica destinata a collegare tutti i villaggi della zona.

2022 – ‘Carbon – The Unauthorised Biography’ di Daniela Ortega e Niobe Thompson 

 

La storia paradossale del carbonio, elemento che sta alla base della vita, capace, però, di porle fine. Sulla voce narrante dell’attrice Sarah Snook, si dipana un percorso lungo il quale scopriamo la turbolenta presenza del carbonio nell’evoluzione della Terra. Grazie alle testimonianze di celebri scienziati, siamo trasportati dalle origini della vita alle rivoluzioni dei combustibili fossili della civiltà moderna, fino ai terribili conflitti politici che tale rivoluzione sta causando. Intanto, si fa strada una nuova generazione di ricercatori e di imprenditori delle energie rinnovabili, i quali stanno mettendo a punto strategie tecnologiche finalizzate alla cattura del carbonio per evitarne la massiccia dispersione nell’atmosfera. Ma come finirà la grande relazione dell’umanità con questo elemento: si tratterà di riconciliazione o di rovina?

2023 – ‘Lynx Man di Juha Suonpää 

Barba folta e sguardo indagatore, il pensionato finlandese Hannu si è esiliato dalla società civile e vive nei boschi a stretto contatto con la natura e gli animali. In particolare, attraverso l’installazione di videocamere a circuito chiuso, Hannu è riuscito a creare un sistema di monitoraggio della vita delle sue amate linci, il cui habitat rischia di essere compromesso dall’attività antropica. Attraverso l’alternanza di riprese dal vivo a colori e immagini di sorveglianza in bianco e nero, il racconto si trasforma quasi in un viaggio ipnotico dai forti connotati onirici mentre i pensieri di Hannu, esposti davanti alla macchina da presa, testimoniano la necessità di ritrovare quell’armonia tra uomo e natura che sembra ormai irrimediabilmente perduta.

2024 – ‘The Battle for Laikipia di Daphne Matziaraki e Peter Murimi (Kenya/USA)

Da secoli, la vasta contea di Laikipia in Kenya costituisce una delle maggiori aree di pascolo per le popolazioni indigene. Oggi, in questo territorio tra i più ricchi di biodiversità, è presente anche una massiccia comunità di allevatori bianchi, eredi di quei coloni britannici rimasti dopo l’indipendenza del Paese avvenuta nel 1963. Nell’esplorare l’identità del luogo, il film, girato durante la prolungata siccità che ha colpito di recente tutto il Corno d’Africa, racconta di un presente complesso, fra le tracce di una storia coloniale ancora irrisolta, la conservazione dell’ambiente naturale e gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici. In un conflitto a spirale, reso cruento dalla progressiva scarsità di risorse, il paradiso di Laikipia si trasforma in un campo di battaglia per la sopravvivenza, drammatica premonizione delle grandi sfide che l’umanità intera deve affrontare.

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