Nel 2014, in occasione dei novant’anni dell’Archivio Luce, un gruppo di registi rilascia una serie di cortometraggi composti da varie immagini di repertorio che ripercorrono parte della storia italiana. 9×10 novanta, disponibile su MUBI, è un lungometraggio che vede la collaborazione di vari registi – tra cui Alice Rohrwacher e Pietro Marcello – intenti a riesumare vari spaccati di storia italiana, a raccontarli con un filtro contemporaneo per dare a questi frammenti visivi nuova vita.
Dialogare con il passato…
I nove corti di 9×10 novanta, vogliono creare nel loro un paesaggio nuovo fondato su schegge di vita, brandelli dimenticati e care testimonianze di uomini e donne del passato. Gli argomenti sono fra i più disparati, ma hanno tutti in comune l’intenzione di riattivare un contatto con un’immagine temporalmente lontana.
Il corto che apre il film è quello di Giovanni Piperno dal titolo Miracolo Italiano, che pone in relazione il popolo italiano con l’iconografia della Madonna quale elemento materno e salvifico. Segue Confini di Alina Marazzi, nel cui lavoro è possibile identificare una prorompente matrice documentaristica interloquire con suggestioni poetiche recitate da una voce fuoricampo.
Ma ci sono anche le opere di alcuni nomi che oggi risultano sicuramente più mainstream di ieri, come quello di Alice Rohrwacher che, con il suo Una canzone, tratta il tema legato alla musica e al suono tramite diverse interviste che parlano sulle immagini del passato. C’è inoltre Pietro Marcello che, insieme a Sara Fgaier, è autore de L‘umile Italia, un corto, per struttura, abbastanza simile al precedente Confini, anche se meno evocativo.
…con risultati alterni

Se l’idea alla base del film può definirsi interessante, mancano purtroppo risultati soddisfacenti che possano rendere 9×10 novanta un film capace di lasciare il segno. La maggior parte dei cortometraggi sembra voler raccontare le immagini che utilizza senza però riuscirci davvero. Gli elementi di repertorio sono presenti ma non riescono effettivamente a “parlare” se non per un artificio del regista di turno.
E non bastano nemmeno le prove più degne di nota, come Confini, Tubiolo e la luna di Marco Bonfanti o Diario della mia vita di Claudio Giovannesi a tenere alta la valutazione complessiva. Se infatti per un corto come quello di Alina Marazzi c’è un’abbondanza di spunti su cui attuare una riflessione visiva e ontologica, ce ne sono altri meno efficaci.
Ci si riferisce al cortometraggio della Rohrwacher, di Pietro Marcello e Sara Fgaier; a quello di Roland Sejko, L’entrata in guerra di Costanza Quatriglio, Girotondo; a quello di Paola Randi, Progetto Panico. Quest’ultimo, per esempio, ripercorre come nella storia italiana si sia manifestata – e si manifesti – un’evidente disparità di genere, immaginando tutto attraverso degli alieni che scoprono tutto ciò attraverso un ritrovamento delle immagini dell’Archivio Luce. Una fantasiosa trovata che, nel risultato, lascia abbastanza a desiderare.
Un’archeologia delle immagini con pochi ritrovamenti
In definitiva 9×10 novanta è un’opera collettiva abbastanza eterogenea con risultati, a seconda del caso, più o meno riusciti. L’asticella, nel corso del film, non è sicuramente tenuta altissima e questo va anche a penalizzare prove che magari meriterebbero più attenzione.
Se per i novant’anni dell’archivio Luce lo scopo era quello in qualche modo di risemantizzare nella contemporaneità le varie immagini di repertorio proposte dall’istituto, lo scopo è andato in porto solamente a metà, nonostante la pluralità degli spunti.