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‘Veleno – Poison’: Wes Anderson e il pericolo dormiente

La short story di Dahl un tono ironico e leggero

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Veleno, la trama

Siamo nella camera da letto di Harry Pope (interpretato da Benedict Cumberbatch). L’uomo è steso immobile da diverse ore a causa di un pericolosissimo serpente krait addormentato sul suo petto sotto il lenzuolo. L’amico Timber Woods (Dev Patel) capita casualmente a casa di Pope e tenta di aiutarlo, facendosi soccorrere dal medico Dr. Ganderbai (Ben Kingsley). La trama viene alternata da alcuni interventi dell’autore stesso Roald Dahl (Ralph Fiennes), che scrive la vicenda nel suo studio.

L’occhio del regista

Wes Anderson conferisce alla short story di Dahl un tono ironico e leggero. Il corto è narrato dal personaggio di Patel, che sfonda la quarta parete mentre prende parte attiva nella storia, descrivendo le proprie sensazioni e quelle altrui, agendo da vero e proprio narratore. Cumberbatch riesce a portare un ruolo convincente e divertente pur restando supino sul letto per quasi tutta la durata del corto. La sua espressività viene esaltata da numerosi primi piani del viso, lucido di sudore per la paura o contratto in una smorfia per le risposte insensate dell’amico.

“You saved his life.” “No, I don’t think so.”

“Gli ha salvato la vita.” “No, non credo.”

Un finale su cui riflettere

“Il razzismo è un veleno che non può essere curato” vuole forse suggerire il cortometraggio? Nel finale, l’invettiva di Pope nei confronti del dottore tocca infatti un tema inizialmente non introdotto nel film. Il dottore se ne va tra le mille scuse di Woods. Il corto, se all’inizio apparentemente essenziale e puramente ludico, aggiunge proprio nell’ultimo minuto un’inaspettata tematica, che lascia lo spettatore con un amaro sapore in bocca. Il messaggio viene lasciato un po’ scemare, lasciando al pubblico la libertà di interpretazione.

Poison. (L to R) Sir Ben Kingsley as Dr. Ganderbai and Dev Patel as Woods in Poison. Cr. Netflix ©2023

Cenni tecnici

La storia del corto, Veleno, è essenziale: due personaggi principali, i due amici, due personaggi secondari, il dottore e Dahl, e un misterioso antagonista, il serpente. La scenografia si avvale di una stanza principale, la camera da letto, e poche altre, l’esterno della casa, la cucina e lo studio dello scrittore. Il set è nel classico stile di Wes Anderson: artefatto, rigido e simmetrico. La palette colori qui è ben lontana dalle tinte rassicuranti e accese di Grand Budapest Hotel; si preferiscono l’arancione e il teal, che conferiscono alla vicenda una sensazione di incertezza ed imminente pericolo. Si prosegue l’ultima tendenza dei film di Anderson nell’utilizzo di diversi formati cinematografici per suddividere linee temporali diverse: la trama principale è nel classico formato 16:9, mentre la vicenda nello studio di Dahl è in 4:3.

In conclusione….

Veleno di Wes Anderson è parte della serie di cortometraggi preannunciata al Festival di Venezia e si pone come un film divertente, semplice, dal finale imprevisto.

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