Il Cinema Ritrovato

Il Cinema Ritrovato si inchina a Bertolucci: la lezione di Luca Guadagnino e il restauro di ‘The Dreamers’

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Presentato da Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, Luca Guadagnino è protagonista di un incontro con il trepidante ed emozionato pubblico di una sala del Festival (tra cui siede anche il produttore Jeremy Thomas, premio Oscar per L’ultimo imperatore), dove, intervistato da Scott Foundas, tiene una lezione sull’identità indistinguibile del cinema di Bertolucci, della sua dimensione umana, del proprio rapporto da allievo con l’autore e della traccia che ha lasciato nel suo percorso registico.

Nel tempio cinefilo degli immortali

L’iniziazione alla filmografia bertolucciana avviene per Guadagnino nella prima giovinezza, quando da precoce cinefilo consultava volumi sulla materia nella biblioteca paterna e dove incontrò per la prima volta il nome del regista emiliano, di cui vide Novecento tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta.

Sconfinata e affettuosa è l’ammirazione di Guadagnino per Bertolucci, su cui ha girato anche un documentario (Bertolucci on Bertolucci, che viene definito come una seduta psicologica per vivisezionare la sua personalità artistica ), tanto da dichiarare che

il suo nome per me può essere assurto a simbolo del cinema stesso, come quello di Alfred Hitchcock e di Fritz Lang.

Guadagnino ci rievoca un remoto passato dell’era televisiva, quando negli anni Settanta e Ottanta nelle articolate interviste condotte da Alberto Arbasino e Gianni Minà i registi potevano esprimere la loro poetica, la loro visione sul mondo: è lì, guardando in tv uno di questi incontri, che il giovane cinefilo provò una fascinazione quasi seducente per Bertolucci, non solo nella veste di regista, ma come essere umano con il suo pensiero critico.

Si racconta ovviamente anche il primo incontro con lui, quando Luca era uno studente di vent’anni; una conoscenza nata in circostanze fortuite e fortunate, a seguito di una lezione universitaria, nel periodo della post-produzione di Piccolo Buddha. Guadagnino espresse l’esigenza impetuosa di dialogare con lui; Bertolucci rispose di cercare il suo numero sull’elenco telefonico e così fu. Dopo diversi messaggi in segreteria, su invito della moglie Clare Peploe (che probabilmente intravide in quell’adolescente un precoce talento), Bertolucci lo richiamò.

L’arte, il coraggio, l’etica

Il regista di Io sono l’amore e di Suspiria (2018) chiarisce che la forza del cinema di Bertolucci risiede nel linguaggio e nella forma, in cui lo spettatore può e deve perdersi per cercare da solo una soluzione. Alla domanda, inoltre, su quale sia il suo film preferito, il pubblico della sala viene spiazzato: La luna (1979), uno delle sue pellicole misconosciute.

Selvaggiamente criticato (salvo che da una penna esclusiva come la scrittrice Angela Carter), per Guadagnino è un film potente, che osa esprimere le angosce con immagini insostenibili e trattare temi tabù (come l’incesto), che rappresenta la costante ricerca dell’identità, un tema caro alla sua filmografia. Del resto, ci spiega l’ospite,

Bertolucci conosceva il dovere del cinema di porre il pubblico nella vita reale e la responsabilità morale del linguaggio propria della Nouvelle Vague, in cui si era formato.

Luca Guadagnino dichiara di scansare la tentazione di omaggiare un altro regista nei propri film, come se fosse il soggetto di un tatuaggio, ma sostiene di aver imparato e messo in pratica la sua lezione sulla direzione degli attori: condivide l’ideale bertolucciano che ogni film sia un documentario sull’interprete e sulla sua recitazione e abbraccia il suo canone attoriale che deve rispondere a un’espressione di iconicità (si cita l’esempio di Marlon Brando e Maria Schneider in Ultimo tango a Parigi). Conclude sancendo la devozione e l’affetto per l’amico e maestro:

Bertolucci è sempre con me, mi sono iniettato la sua arte nelle vene.

La notte dei sognatori

Con un cambio di scena, a tarda sera in Piazza Maggiore, che accoglie ogni sera un grande film sotto le stelle, migliaia di spettatori attendono la proiezione di The Dreamers (2003) in versione restaurata, per l’anniversario dei vent’anni dalla sua uscita.

A introdurre l’evento, oltre a Gian Luca Farinelli, vi sono ancora Luca Guadagnino, Jeremy Thomas e l’attrice Marisa Paredes, amica di Bertolucci, che commossa e toccante gli dedica alcuni versi di Federico García Lorca particolarmente amati da lui.

Mai come oggi in The Dreamers i corpi nudi e apollinei di Michel Pitt, Eva Green e Louis Garrel sono stati più scultorei e pieni di grazia, i loro primi piani più febbricitanti di vita e contraddizioni, la fotografia di Fabio Cianchetti così impreziosita da cromatismi raffinati che gettano una luce di intellettuale e fascinoso decadentismo alle scenografie in interni di Jean Rabasse ed Eric Viellerobe.

L’incanto di questa proiezione del film che sacralizza la bellezza della cinefila nella location a lei più idonea si deve al restauro in 4K ad opera della Cineteca di Bologna in collaborazione con Recorded Picture Company presso il laboratorio L’immagine Ritrovata, sotto l’egida della Fondazione Bernardo Bertolucci.

 

 

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