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‘Between Two Dawns’ di Selman Nacar, intervista al vincitore del Torino Film Festival: “24 ore per un conflitto morale”
Il regista turco racconta il film col quale ha vinto al Festival di Torino
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3 anni agoon
Between Two Dawns, tra due albe, è il titolo del film col quale il regista turco Selman Nacar ha vinto il Torino Film Festival 2021, rivelando il proprio promettente talento.
Il tempo tra due albe è quello che attraversa tra dubbi e grane il protagonista Kadir (Mücahit Koçak) dopo l’incidente sofferto da un operaio della fabbrica di famiglia sul posto di lavoro. In 24 ore, vengono i nodi al pettine: legali, familiari e soprattutto di coscienza. Ma c’è poco da far metafore. Il film, girato per larghi tratti in long take, si muove tra il realismo della presenza fisica e quello della profondità psicologica. Con più domande che risposte.
È per certi versi proprio tra due albe che abbiamo intervistato l’autore – vale a dire, tra l’acclamazione del suo primo film e la genesi, ancora work in progress, del secondo lungometraggio Hesitation Wound. “Sono super occupato con la pre-produzione del mio prossimo film”, rivela il regista a microfoni spenti. Ma i tempi della conversazione sono generosi: si parla di cinema, sicurezza sul lavoro, scelte difficili (di vita e di regia), montaggio senza stacchi, legge e conflitti culturali. Attraverso la lente di Selman Nacar, naturalmente, e partendo da un’analisi accurata di Between Two Dawns. Approfondita, per chi l’abbia visto; invitante, per chi volesse vederlo. Non senza qualche anticipazione sul secondo film.
Il trailer di Between Two Dawns
Il film è una produzione Kuyu Film, Fol Film, Karma Film, coproduzione Arizona Productions, Libra Film Productions, Nephilim Producciones. Vendite: Luxbox.
La trama di Between Two Dawns
Dopo un grave incidente capitato a un operaio dell’azienda di famiglia, Kadir è costretto a prendere una decisione morale che avrà un forte impatto sui suoi progetti, sulla vita dei suoi cari e su quella della moglie dell’operaio rimasto ferito (sinossi ufficiale).
L’intervista a Selman Nacar
UOMINI, MACCHINE E MACCHINAZIONI
Il titolo Between Two Dawns indica il lasso di tempo in cui si svolgono gli eventi della tua storia. Se provo a pensare all’inizio e alla fine del film, mi vien da dire che il lavoro nella fabbrica tessile ritorna in modo circolare. Lo spettatore si muove sì entro eventi drammatici e scelte difficili, ma scandite dai ritmi immutabili della fabbrica, della routine dei macchinari, degli ordini dei clienti. Cosa cambia, invece, a livello umano nel viaggio del protagonista Kadir?
Sì, alla fine del film torniamo dove avevamo iniziato. La fabbrica continua a lavorare, questa volta senza alcuna presenza umana nelle immagini, solo con quei grandi macchinari a nastro che attraversano tutte le storie raccontate. La sensazione è che non sia successo nulla, o quantomeno, nulla di così importante su cui soffermarsi. Come a dire, la vita va avanti.
In questo senso, Between Two Dawns diventa quasi la storia, lunga un giorno, di una stagnazione, di una frustrazione.
Tutti i tentativi che Kadir compie per risolvere la sua situazione non funzionano alla fine del film. È come paralizzato. Non sappiamo quale sia la sua scelta finale. D’altro canto, penso che per lo spettatore non sia nemmeno più importante saperlo, dal momento che ci focalizziamo, piuttosto, sul processo di scelta. A sensazione, direi comunque che Kadir decide propendendo per quello che gli è stato offerto inizialmente, volare all’estero, perché penso che non sia davvero in grado di cambiare il suo fato, anche se “Kadir”, in realtà, significa “forte e potente”.
Between Two Dawns: la fabbrica è il luogo scatenante degli eventi
DURA LEX
Veniamo all’evento scatenante dei fatti – e del processo di scelta – di Between Two Dawns: l’incidente in fabbrica di un operaio, Murat. Le condizioni di salute dell’uomo diventano presto un “problema burocratico” ed entra in scena la figura dell’avvocato. È sorprendente come per diversi minuti i contorni umani dell’incidente siano completamente trascurati. Chi guarda il film è stordito da dichiarazioni, accordi, leggi, clausole. Lo definiresti il lato disumano della legge? E crea qualche disagio in Kadir?
Voglio rispondere alla domanda dicendo semplicemente di sì. Assolutamente. In questo film volevo proprio mostrare i diversi aspetti della legge e in che modo essa influenzi ognuno di noi.
Faccio un balzo in avanti nel film per arrivare a un dialogo chiave tra Kadir e suo padre, proprietario della fabbrica. Kadir è molto arrabbiato perché le condizioni dell’operaio ferito gli sono state nascoste e perché, in generale, si sente manipolato. Insieme a diritto, ci sono due parole chiave in questo dialogo: “morale” e “coscienza”. Lo spettatore è portato a chiedersi: le tre cose – diritto, morale, coscienza – vanno nella stessa direzione? Come li hai esplorati nel film?
Sono concetti che mi hanno fortemente interessato sin dagli anni dei miei studi alla facoltà di Legge. Ho sempre trovato molto cinematografica la nostra incapacità di raggiungere una conclusione riguardo problemi di questo tipo, così come l’opportunità di poterli osservare da diversi punti di vista. In più, volevo ritrarre il momento in cui un personaggio attraversa un conflitto morale, intrappolato tra la coscienza, la famiglia e i propri sogni.
Ci sono state molte volte in cui io stesso mi sono sentito bloccato alle prese con le decisioni difficili che dovevo prendere. In circostanze di questo tipo, si è obbligati a considerare diverse prospettive in un tempo molto breve e si diventa così frustrati che sembra come se non ci fosse niente di più liberatorio che urlare in un pozzo.
Between Two Dawns: Kadir in un dialogo chiave col padre. Come comportarsi verso la famiglia dell’operaio ferito?
24 ORE DI GUAI
Quando Kadir comincerà a riflettere sul significato profondo dell’incidente e sul rapporto con la sua famiglia, nella seconda parte, ci sarà molto più spazio per il suo silenzio. Ma nella prima parte, soprattutto per le questioni legali, i dialoghi sono lunghi, continui, dettagliati. Hai pianificato attentamente questa prima parte della sceneggiatura per fornire linee precise ai tuoi personaggi? Ed è vero che l’ultima parte sembra essere più vuota di parole, fino al silenzio del finale?
Sono d’accordo. Questa differenza tra la prima e la seconda parte pertiene sia al concept del film, sia al modo in cui ho deciso di girarlo. Sin dall’inizio, ho pensato che avrei decisamente dovuto realizzare le riprese con campi lunghi. Dal momento che non potevo effettuare tagli al montaggio nelle scene di questo tipo, abbiamo lavorato col direttore della fotografia a una forma di messinscena come se stessimo contemporaneamente montando e girando.
Era molto importante, in questi frangenti, stabilire soprattutto quando Kadir dovesse restare da solo e quando apparire in mezzo alla gente. Dopo aver identificato questi momenti, abbiamo fatto in modo che la macchina da presa fosse collocata al posto giusto al momento giusto rispetto ai moventi del personaggio. In questo modo, abbiamo cercato di riflettere la distinzione tra moralità personale e moralità sociale.
Kadir in 24 ore, dunque. Il protagonista e il tempo in Between Two Dawns sono dunque aspetti decisivi per orientare gli sviluppi drammatici.
Il tempo, come suggerisce il titolo stesso, è uno degli elementi più importanti del film è. Sin da quando ho concepito l’opera, ho sempre voluto che il pubblico attraversasse le 24 ore insieme al protagonista. Ecco perché ho pensato che fosse significativo capire la psicologia del personaggio e sentire, insieme a Kadir, ciò che lui stesso sente. Trattandosi di un film che si sviluppa tanto seguendo i suoi personaggi quanto la propria linea narrativa, ho creduto che fosse importante, attraverso il montaggio, mostrare Kadir da solo prima o dopo scene in cui avesse intense relazioni con altre persone.
All’inizio, allora, ho raccolto in un montaggio preliminare tutti i momenti che avevo girato in prima battuta. Poi, ho escluso una per una le scene che ritenevo ridondanti. Così, ho cercato di fare un film in cui non ci allontanassimo dal corso della storia, ma allo stesso tempo riuscissimo a rimanere abbastanza con i personaggi.
MELODIE TURCHE
Una traccia secondaria, ma destinata ad assumere forte rilevanza, è quella del rapporto tra Kadir ed Esma e della prima cena a casa dei genitori di lei. In questa occasione, ho notato che la canzone che Kadir canta e suona col saz, strumento musicale della tradizione turco, assume una certa rilevanza. Sia per la durata del brano, sia per il modo in cui la scena si conclude (con la voice off sovrimpressa allo sguardo preoccupato di Kadir in macchina), ho supposto, come farebbero tanti spettatori, che il brano, o comunque la scena che lo contiene, potesse rivestire un valore particolare. Potresti spiegarlo?
Una delle ragioni principali per le quali ho voluto un momento del genere nel film è perché mentre una persona fa esperienza, dentro di sé, di emozioni così intense, all’esterno è tenuto invece a mostrare uno stato completamente diverso. Desideravo allora catturare il senso dell’assurdo di Kadir praticamente costretto a suonare il saz a dispetto di tutto. La vedo come una situazione che approfondisce da un’altra prospettiva lo stato di intrappolamento in cui Kadir si trova.
E ci sono molti dettagli culturali in questa scena. Sicuramente, sono difficili da cogliere per lo spettatore che non sia familiare con la Turchia. La famiglia di Kadir ha un punto di vista politico diverso da quello della famiglia della sua ragazza. Ciò costituisce motivo di conflitto per la loro relazione. Mentre la canzone che il padre di Esma richiede a Kadir è una canzone della tradizione Alewi, la canzone che Kadir di fatto interpreta è radicata nella tradizione Sunni. Volevo tenere questo aspetto del film come indicatore di diseguaglianze culturali.
Per una scena così delicata e densa di contenuto, era necessario che l’attore suonasse davvero lo strumento, o sei ricorso a qualche “trucco” di regia?
Di recente, ho pensato spesso a come potessi sfidare me stesso sia nella scrittura della sceneggiatura, sia durante le riprese. Per esempio, in questa scena, a seguito di un dialogo prolungato, Kadir comincia a suonare il saz e la camera lo riprende. Non c’è dubbio sulla sua autenticità, ma mi sono dovuto interrogare sin dall’inizio sulla possibilità di girare la stessa scena, con una forte interpretazione attoriale ripresa frontalmente, senza barare. Il problema, infatti, era che Mücahit non sapeva suonare il saz. Pur essendosi esercitato a lungo fino all’inizio delle riprese, non aveva raggiunto il livello che auspicavo.
Come hai risolto? Cosa hai chiesto all’attore?
Gli ho detto che volevo riprendere la scena senza barare, pertanto gli ho chiesto se potesse continuare ad esercitarsi e alfine provarci qualora ne avessi rinviato le riprese fino alla fine. Mücahit si è esercitato al saz letteralmente ogni minuto fuori dal set e quel giorno è dunque riuscito a eseguire una meravigliosa performance per noi.
IL SUONO DEL SILENZIO
Situazione frequente del cinema contemporaneo, ma a cui non sempre lo spettatore è pienamente abituato, è quella di non ricevere tutte le risposte da un film. In Between Two Dawns, alcune situazioni decisive restano di fatto irrisolte. Non sappiamo come finisca la cena di Kadir nella casa di famiglia di Esma; come si concluda durante la notte il suo dialogo con Esma; non sappiamo nemmeno come sia finita la visita a casa della moglie di Murat. Perché queste micro-ellissi narrative?
Penso sempre a cosa mostrare e cosa nascondere nel campo visivo. Allo stesso modo, a cosa dare una risposta e cosa trasformare in silenzio. Riguardo gli esempi che facevi, io credo che in quelle scene lo spettatore già percepisca cosa sto dicendo, perciò so di non dover mostrare esattamente cosa accade. Inoltre, ho cercato di progettare la storia in modo da lasciar cadere l’interesse verso alcune questioni in un determinato momento, per il fatto che contemporaneamente ne sopraggiungevano di altre più interessanti. E dovevo raccontarle, benché le ellissi, certo, ci sono, e fossero state persino previste in fase di scrittura, con qualcuna che è stata invece aggiunta durante il montaggio.
LONG TAKE E LE SUE CONSEGUENZE
A proposito di montaggio: in che modo la riduzione dei tagli, promuovendo la continuità visiva delle scene, ha conferito un effetto realistico al tuo film?
Ho sempre saputo di voler raccontare la storia nell’arco delle 24 ore in cui il personaggio sarebbe stato sballottato tra location e persone come una pallina da ping-pong. Ciò che m’interessava di più era come una persona potesse cambiare in base alle tante esperienze occorse in un arco di tempo così breve. Così, ancora una volta, il concetto di tempo diveniva un aspetto fondamentale del film. Il nome del film, in realtà, l’ho scelto proprio in modo da enfatizzare l’idea del tempo. Per far sì che il pubblico avvertisse lo scorrere del tempo, non ho apportato alcun taglio nel montaggio in alcuna scena. In altre parole, ho progettato ogni singola sequenza come long take.
Between Two Dawns: Kadir (sulla sedia) in una complicata conversazione con la famiglia di Murat in ospedale
Quando si decide di girare in questo modo, oscillando tra piano sequenza e long take, come viene influenzato tutto il processo creativo del film? Di quali accorgimenti bisogna farsi carico?
In tutta onestà, avevo preso questa decisione anche prima di redigere la sceneggiatura, quindi si tratta di una prospettiva che non è stata assunta in seguito, perché, piuttosto, il film è stato sempre concepito in base a tale proposito. Girare un film così è rischioso perché resti senza alternative in fase di montaggio. Di fatto, mentre stavamo profilando la sceneggiatura, e successivamente, mentre effettuavamo le riprese sul set, sapevamo anche di star realizzando man mano il montaggio stesso. Per esempio, ho prestato molta attenzione alla durata di ogni scena, così come al suo ritmo, con tanto di cronometro alla mano sul mio telefono in ogni ripresa.
RISCHI D’AUTORE
È una scelta tanto più audace per un regista agli esordi. Quanto conta, per un giovane regista che ambisca a esprimere un’autorialità forte, portare avanti una scelta fino in fondo a dispetto di tutte le difficoltà pratiche?
Anche se ero certo di voler utilizzare questo approccio, sapevo che c’erano risvolti preoccupanti. Mi ricordo di aver detto a Tudor, mio direttore della fotografia nonché mio amico stretto, di ricordarmi della nostra conversazione, se mai mi fossi spaventato sul set e gli avessi detto di utilizzare per sicurezza dei piani di ripresa alternativi; ossia, di ricordarmi di aver detto di volermi prendere il rischio.
In effetti, il terzo/quarto giorno di riprese ci sono state serie preoccupazioni riguardo al processo. Sono arrivato a pensare che nessuno più mi avrebbe lasciato girare un film di nuovo e che sarebbe stato il mio ultimo film! Ma dopo un po’, mi sono sentito sollevato al pensiero di fare ciò che mi piace come se fosse il mio ultimo film. Alla fine, sono lieto di averlo girato così. Diversamente, non avrei potuto perdonarmelo.
INSICUREZZA SUL LAVORO
Poco dopo la proiezione del tuo film al Festival di Torino 2021, tra la fine dell’anno e l’inizio di quello successivo, in Italia si sono verificati molti incidenti sul lavoro. Proprio a Torino, per esempio, c’è stata grande rammarico per il crollo di una gru che ha provocato tre morti. In una scena di Between Two Dawns, il caposquadra spiega che riparare i macchinari sarebbe stato economico e che, per avere evitato quella spesa, Murat è finito in ospedale. La questione della sicurezza sul lavoro è oggetto di denuncia nel tuo film, o si tratta solo di uno sfondo drammatico per evidenziare la mancanza di scrupoli di alcuni personaggi e i dubbi di altri?
Mi spiace molto apprendere di questi incidenti di cui mi parli. Sfortunatamente, vedo che ci sono problemi di sicurezza sul lavoro ovunque nel mondo. E naturalmente, è uno dei temi principali del film. Quando il pubblico ha visto Between Two Dawns proprio a Torino, mi hanno fatto molte domande durante il Q&A su cosa si possa fare a riguardo. Io sono un regista e non penso che il cinema possa rispondere pienamente ad ogni domanda. Mi sembra persino di osservare che i film che cercano di rispondere a qualcosa perdano parte del loro potenziale proprio a causa di questo sforzo.
Comunque, sono dell’opinione che il cinema sia uno strumento molto buono per rispondere alle domande e che si possano produrre cambiamenti facendo in modo che il pubblico si interroghi su tali questioni. In sintesi, credo che il cinema possa avere un effetto indiretto e profondo, piuttosto che uno diretto ma superficiale.
INFLUENZE DI STILE
Uno dei più importanti registi turchi contemporanei, Nuri Bilge Ceylan, tra le sue influenze annovera anche la grande letteratura, soprattutto quella russa. Nel tuo caso sembra emergere, di là di influenze stilistiche, un rapporto più immediato con la realtà. Ti senti in qualche modo influenzato da altri autori, turchi e più in generale internazionali? Oppure ricavi la tua ispirazione direttamente dalla visione del reale?
Credo che sia più appropriato per me menzionare i movimenti che mi hanno influenzato. Per esempio, posso dire che il linguaggio cinematografico della “new wave rumena” è molto importante per me. È alla luce di questo che ho scelto di lavorare con un direttore della fotografia rumeno. Inoltre, amo il cinema iraniano per quanto riguarda il modo in cui interpreta le sceneggiature. La profilatura approfondita e versatile dei personaggi e l’esplorazione di zone grigie della vita mi hanno sempre impressionato.
Infine, devo citare la Nouvelle Vague francese, i cui film mi hanno insegnato il mondo a un tempo realistico e magico del cinema. E ovviamente, anche la letteratura russa mi ha influenzato. Eppure, penso che niente di tutto ciò abbia davvero avut un effetto diretto. Mi sento molto indipendente in questo senso. Sono orgoglioso di aver sentito da tante parti che i miei film mi assomigliano molto e possiedono una prospettiva unica.
SUL FUTURO, SENZA ESITAZIONI
In chiusura, so che stai lavorando al tuo secondo lungometraggio, Hesitation Wound. Potresti darci qualche dettaglio?
Sicuro. È un film in cui l’avvocata Canan deve confrontarsi faccia a faccia con la propria coscienza nel giorno dell’udienza preliminare di un presunto omicida, che ritiene innocente e difende da molto tempo. Siamo in pre-produzione in questo momento. Spero che il film esca nel 2023.