Film da Vedere

Sbatti il mostro in prima pagina di Bellocchio, con Gian Maria Volonté

Alberto Moravia: “Questo film, che Bellocchio ha ereditato da un altro regista, fa pensare a un affresco soltanto in piccola parte dipinto e per il resto abbozzato. Gian Maria Volonté, nella parte del direttore del giornale, riesce tuttavia a creare un personaggio molto vivo, insieme corrotto e conscio della propria corruzione.”

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Ciascuno deve stare al suo posto: la polizia a reprimere, la magistratura a condannare, la stampa a persuadere la gente a pensarla come vogliamo noi, e tutti in fondo stanno facendo il loro dovere. Sono gli operai che non stanno al gioco. Non lavorano abbastanza, se ne fregano. Vogliono sempre soldi. Non riusciamo a rialzare la produzione, questo è il vero guaio. Che cosa vuole che conti di fronte a tutto questo l’innocenza o la colpevolezza di un qualsiasi Mario Boni? (Montelli) Sbatti il mostro in prima pagina 

Sbatti il mostro in prima pagina, un film del 1972 diretto da Marco Bellocchio ed interpretato da Gian Maria Volonté di cui trovate una filmografia su Taxidrivers.

Il film mette in evidenza gli stretti legami fra stampa, politica e forze dell’ordine. Racconta come un importante giornale possa manipolare l’informazione pubblica e lo svolgersi delle stesse vicende, per cercare di indurre una precisa reazione nell’elettorato. Il progetto originale vedeva alla regia Sergio Donati, autore della storia e di parte della sceneggiatura, che rinunciò per dissidi col protagonista. Sceneggiato da Sergio Donati e Goffredo Fofi, con la fotografia di Luigi Kuveiller e Erico Menczer, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Dante Ferretti e le musiche di Nicola Piovani, Sbatti il mostro in prima pagina è interpretato da Gian Maria Volonté, Fabio Garriba, Carla Tatò, Laura Betti.

 

Sinossi e Breve Trama di Sbatti il mostro in prima pagina

Anni Settanta. In un campo della periferia milanese viene ritrovato il cadavere straziato di Maria Grazia, quindicenne figlia di un noto professore. Il capo redattore di un noto quotidiano milanese dà incarico di seguire il caso a Roveda, un giornalista alle prime armi, affiancato dallo scafato Lauri. Poi inizia delle indagini per conto suo. Avvicina così la professoressa Zigai, amante di un esponente della sinistra extraparlamentare, in possesso del diario di Maria Grazia.

 

Recensione Sbatti il mostro in prima pagina

Il film si divide tra l’impianto giallo e la denuncia politica, dualità non sempre equilibrata che mostra a tratti delle ingenuità nella propria esplicitazione dei temi e delle teorie sottese dai suoi autori (tra cui figura Goffredo Fofi), ma che non lascia del tutto indifferenti, costringendo lo spettatore a fare i conti con la propria realtà e con il modo di fare giornalismo oggi. Forse meno ideologico ma comunque pericoloso. Se il personaggio di Gian Maria Volonté incarna un precisa strategia della tensione giornalistica che si insinua in un periodo drammatico della Storia italiana (la strage di Piazza Fontana, la morte di Feltrinelli), oggigiorno i sospetti di asservimento al potere della carta stampata sono più facilmente esplicitati e pubblicamente condannati. Ciò che non si può o non si vuole contrastare è la tecnica dello svuotamento di senso delle notizie volte a creare una confusione di pensiero e di idee in cui tutto appare sbiadito.

Una clip del film Sbatti il mostro in prima pagina 

una voce pacata e definitiva

Ma quello che rimane impresso di Sbatti il mostro in prima pagina è forse il debordante ruolo interpretato da Volontè, che ancora una volta ci restituisce una figura umana la cui ambiguità non avrà forse la caratura dell’ispettore di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, ma è comunque un’ulteriore manifestazione di quel potere nascosto tra le pieghe degli organi che dovrebbero rappresentare spazi di garanzia per gli individui, in cui tutto viene invece smentito e sovvertito a seconda delle esigenze del superiore di turno. Bizanti è un manipolatore che sfrutta le persone e le situazioni con abilità machiavellica, e lo dimostra seducendo intellettualmente la frustrata e innamorata delusa Rita Zigai (Laura Betti), tanto da riuscire a trasformarla nella carnefice stessa del potenziale mostro da dare in pasto all’opinione pubblica, per poi sincerarsi ed assicurarsi che quello vero rimanga dormiente nella sua follia per il tempo necessario a conservare quella facciata di apparente verità. Che forse non verrà mai disvelata, neppure dagli allegorici rifiuti della città, vista in alcuni momenti rievocativi del delitto nei suoi aspetti paesaggistici più vicini alla pittura di Sironi, quale sintesi geografica di una desolazione umana a cui nessuno sembra poter sfuggire.

Alberto Moravia disse a proposito del film: “Questo film, che Bellocchio ha ereditato da un altro regista, fa pensare ad un affresco soltanto in piccola parte dipinto e per il resto appena abbozzato (…). Gian Maria Volonté, nella parte improbabile del direttore del giornale riesce tuttavia a creare un personaggio molto vivo, insieme corrotto e conscio della propria corruzione.”

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